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Home » Tecnologia

Sovranità tecnologica: la strada italiana

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In campo digitale l’Europa e il nostro Paese sono in forte ritardo rispetto a Usa e Cina. Dipendere dall’estero è un rischio per la sicurezza. Ma qualcosa si sta muovendo. C’è un nuovo sistema AI tutto tricolore

Da qualche tempo in Italia e in Europa si parla di sovranità tecnologica e digitale. Due termini che non sono interscambiabili, ma complementari: la sovranità tecnologica si focalizza sulla capacità di sviluppare e produrre le tecnologie critiche come hardware, software, intelligenza artificiale; la sovranità digitale invece riguarda il controllo su dati, infrastrutture e servizi digitali, assicurando che siano soggetti alle leggi e alla governance del proprio territorio e non dipendano da attori stranieri. Temi di fondamentale importanza visto il continuo sviluppo tecnologico che stiamo vivendo e che impattano notevolmente diversi settori strategici (da quello economico alla difesa) di tutti i Paesi, Italia compresa. 

Il periodo in cui viviamo, caratterizzato da tensioni geopolitiche, rende inoltre lo sviluppo tecnologico ancora più importante dato che chi controlla la tecnologia esercita un ruolo determinante nell’orientare le dinamiche economiche, sociali e politiche su scala globale. 

Raggiungere l’indipendenza tecnologica e digitale è quindi cruciale sia per la sicurezza sia per l’autonomia democratica. Senza il controllo sulle proprie infrastrutture tecnologiche, il rischio di trovarsi vulnerabili a qualsiasi tipo di minaccia esterna è molto elevato. Anche per questo il nostro Paese, con il Ministero della Difesa in prima linea, guarda con particolare attenzione allo sviluppo tecnologico, dall’intelligenza artificiale alla protezione dello spazio digitale. 

A testimoniare quanto sia alto il rischio per la nostra sicurezza sono i numeri: nel 2024 l’Italia ha infatti subito il 10% degli attacchi cyber globali. In tal senso l’AI, ad esempio, oltre ad essere strumento per migliorare le cyberdifese, può essere allo stesso tempo un mezzo per aumentare esponenzialmente gli attacchi per quantità e velocità. 

In merito alla necessità di raggiungere la sovranità tecnologica e digitale si è espresso anche il Parlamento europeo che in una recente relazione ha evidenziato la necessità di raggiungere «la sovranità europea» che «consiste nell’essere in grado di sviluppare capacità, resilienza e sicurezza riducendo le dipendenze strategiche, evitando la dipendenza da attori stranieri e da singoli fornitori di servizi e salvaguardando le tecnologie e le infrastrutture critiche». È stato quindi richiesto «lo sviluppo di un quadro completo di valutazione dei rischi per monitorare e affrontare le dipendenze lungo tutta la catena del valore digitale». «Tale quadro – si legge nella relazione – dovrebbe fungere da base per garantire la preparazione e la resilienza dell’Ue, rafforzando la politica industriale europea e potenziando le capacità interne di ricerca e sviluppo e di produzione nelle tecnologie strategiche». Il Parlamento europeo ha quindi riconosciuto «la crescente concentrazione di potere nelle imprese non europee». Una situazione preoccupante dato che «limita la capacità dell’Europa di innovare, competere e mantenere il controllo sulla sua economia, società e democrazia digitali». Inoltre è stata evidenziata «l’eccessiva dipendenza da attori di Paesi terzi in settori critici quali le infrastrutture cloud, i semiconduttori, l’AI e la cybersicurezza, in cui la concentrazione del mercato e il controllo estero minacciano di compromettere la competitività, la resilienza democratica e la sicurezza dell’Europa». 

Insomma, secondo la relazione del Parlamento Europeo, bisogna dare una svolta, «promuovere un contesto normativo favorevole che incoraggi l’innovazione, gli investimenti e lo sviluppo di tecnologie di punta in Europa». Il vecchio continente «deve trasformarsi in un contesto imprenditoriale agile e interessante a livello globale, riducendo la burocrazia, migliorando la prevedibilità normativa e promuovendo l’imprenditorialità e l’assunzione di rischi». 

Serve quindi un deciso cambio di rotta. Anche perché i numeri parlano chiaro, in particolare quando si parla di intelligenza artificiale. Si stima infatti che Stati Uniti e Cina negli ultimi 10-12 anni abbiano attratto almeno l’80% del totale degli investimenti globali in AI, mentre l’Europa si è fermata al 7% e l’Italia allo 0,2%. Analogamente, secondo Top500, l’80-90% della capacità di calcolo mondiale è oggi concentrata tra Stati Uniti e Cina. 

Qualcosa comunque si sta muovendo anche da noi. Fastweb+Vodafone, attraverso una strategia che combina investimenti in infrastrutture di super calcolo localizzate in Italia, lo sviluppo di un LLM nativo italiano e l’offerta di servizi e soluzioni di AI all’avanguardia, ha l’ambizione di costruire un percorso italiano sull’AI credibile, competitivo e conforme alle normative italiane ed europee.

Perché è importante un sistema AI italiano? Semplice, l’intelligenza artificiale è il tassello fondamentale per assicurare la sovranità dell’Italia e dell’Europa da Stati Uniti e Cina. Come? Partendo da infrastrutture resilienti e performanti sul territorio su cui l’azienda ha il controllo end-to-end. 

In ambito AI, Stati Uniti e Cina dispongono di capitali enormi, infrastrutture avanzate, accesso a grandi volumi di dati e una forte concentrazione di competenze, ma i modelli stranieri vengono spesso addestrati in maniera opaca e senza una chiara governance dei dati, di cui spesso non si conosce la provenienza. La sfida per il nostro Paese non può essere quella di replicare il loro modello ma attuare un approccio diverso come ha fatto Fastweb+Vodafone che ha scelto di focalizzarsi su modelli più piccoli, efficienti, sicuri e sostenibili. L’azienda ha progettato e implementato FastwebMIIA, un modello linguistico compatto da 7 miliardi di parametri, progettato per essere leggero, veloce, sicuro e facilmente integrabile. Un modello addestrato nativamente in lingua italiana sulla base di dati provenienti da fonti autorevoli (grazie alle partnership con Mondadori, Istat e Bignami e le collaborazioni con l’Università Bicocca di Milano, La Sapienza di Roma, Università degli Studi di Bari, Senato della Repubblica) e conforme alle principali normative vigenti, tra cui il Regolamento Europeo sull’Intelligenza Artificiale (AI Act), il GDPR e la normativa in materia di proprietà intellettuale. 

Il modello linguistico FastwebMIIA è l’elemento al centro FastwebAI Suite, la piattaforma di servizi e strumenti basati sull’AI Generativa dedicati alle aziende e alle pubbliche amministrazioni.. Tutto su infrastrutture sicure localizzate in Italia e in linea con le normative sulla protezione dei dati. 

Insomma, come detto, qualcosa dalle nostre parti si sta muovendo (come dimostrano i 1,4 miliardi di euro investiti ogni anno da Fastweb+Vodafone in infrastrutture e tecnologie) nella speranza di raggiungere quanto prima la sovranità tecnologica e digitale che è fondamentale. Dipendere da Usa o Cina significherebbe essere meno competitivi sul piano industriale e meno resilienti in scenari geopolitici complessi e ad esporci come sistema Paese a rischi come: restrizioni all’accesso, perdita di sovranità e sicurezza. Non proprio un bel futuro.

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