Tour de France 2025: si torna alla tradizione
Scatterà domani da Lilla, al confine con il Belgio, il 112° Tour de France. L’edizione 2024, culminata con l’accoppiata rosa-gialla di Tadej Pogacar (UAE Team Emirates XRG) a distanza di 26 anni dalla precedente targata Marco Pantani, ha registrato le inedite partenza fiorentina e conclusione nizzarda. Quest’anno, invece, la Grande Boucle torna al format abituale anche se, nella kermesse conclusiva parigina, ci sarà un souvenir olimpico con l’inclusione nel circuito della salita di Montmartre prima del rituale arrivo sui Campi Elisi.
Le 10 frazioni iniziali, fino al riposo di martedì 15 luglio, permetteranno un approccio graduale. Le tre tappe inaugurali nelle fiandre francesi, senza pavè, dovrebbero sfociare in sprint di gruppo, al netto di pericolosi ventagli in occasione dell’arrivo a Dunkerque lunedì 7 luglio. Il giorno successivo verrà omaggiato Jacques Anquetil arrivando a Rouen su un traguardo adatto ai finisseur. Mercoledì 9 luglio la cronometro di Caen, lungo 33 chilometri pianeggianti, allungherà la classifica che potrebbe subire un ulteriore ritocco 48 ore dopo in occasione dell’arrivo sul Mur-de-Bretagne. Altre due frazioni interlocutorie faranno da prologo alla prima giornata di montagna sul Massiccio Centrale, in coincidenza con la ricorrenza festiva del 14 luglio, su un percorso comprendente ben sette GPM.
La seconda settimana, dedicata al sudovest, sarà nel segno di Pirenei e Languedoc. Una frazione con partenza e arrivo a Tolosa, presumibilmente per i velocisti, farà da preludio ad un trittico infernale con l’arrivo sull’Hautacam, sopra Lourdes, seguito da una cronoscalata di 11 chilometri da Loudenvielle a Peyragudes e dalla classica cavalcata pirenaica da Pau a Luchon-Superbagnères con poco meno di 5.000 metri di dislivello. Lungo il percorso della quattordicesima tappa, i corridori incontreranno, nell’ordine, Tourmalet, Aspin e Peyresourde prima dell’ascesa finale verso il traguardo. Le terre catare verranno salutate domenica 20 luglio con una frazione che sembra fatta a posta per dare vita a una fuga verso Carcassonne.
Raccolte le poche energie rimaste nel secondo giorno di riposo, i ciclisti martedì 22 luglio saranno attesi da una frazione unipuerto da Montpelier fino alla vetta tanto amata da Francesco Petrarca: il Mont Ventoux. Dopo una giornata di tregua verso Valence, andrà in scena il gran finale alpino. Giovedì 24 luglio da Vif a Courchevel ci saranno solo tre GPM, ma tutti hors categorie. Si comincerà con il Glandon, seguito dalla Madeleine per terminare, con il durissimo Col de la Loze, dove sarà posto il traguardo. Non meno feroci i 130 chilometri del giorno successivo che dall’olimpica Albertville porteranno a La Plagne attraverso, nell’ordine, la Côte d’Héry-sur-Ugine, il Col des Saisies, l’arcigno Col du Pré e il Cormet de Roselend, prima della scalata conclusiva verso l’arrivo. A questo punto la classifica dovrebbe essere consolidata. Difficilmente, infatti, la Nantua-Pontarlier, mossa ma non eccessivamente impegnativa, o il gran finale parigino, pur con la novità di Montmartre, potranno sconvolgere la graduatoria.
Come 12 mesi fa, saranno al via i quattro moschettieri del ciclismo contemporaneo. Includere in questa lista Primoz Roglic (Red Bull Bora Hansgrohe) è, in realtà, un atto di cortesia per quanto fatto in passato dal campione di Trbovlje. Lo sloveno, quest’anno, aveva puntato le sue carte sul Giro d’Italia dal quale è uscito malconcio, ritirandosi all’inizio dell’ultima settimana. Non sarebbe da sorprendersi se, alla fine, si mettesse al servizio del compagno Florian Lipowitz, un giovane tedesco che ha dimostrato il suo valore al recente Giro del Delfinato. Terzo l’anno scorso, a considerevole distanza in termini cronometrici dai diarchi, il fiammingo islamico Remco Evenepoel (Soudal Quickstep) dovrà chiarire al mondo se il suo processo di crescita lo abbia portato a un livello tale da poter competere per la maglia gialla finale. Logica e buonsenso fanno pensare che dopo la prova contro il tempo di Caen sarà lui a indossare il simbolo del comando. Resta, però, l’oggettiva debolezza della sua squadra, non all’altezza delle corazzate dei suoi due avversari.
Jonas Vingegaard (Visma Lease a Bike), vincitore del Tour nel 2022 e 2023, si presenta al via sicuramente in condizioni migliori di un anno fa a Firenze. Tuttavia, considerato il fatto che dalla caduta della Parigi-Nizza, a marzo, il danese ha gareggiato solo al Delfinato, qualche dubbio sulla sua efficienza agonistica resta. Detto ciò, va ricordato che avrà al suo fianco non solo il vincitore del recente Giro d’Italia, l’inglese Simon Yates, ma anche il fortissimo americano Matteo Jorgenson. Ne consegue che ai vesponi non manca il piano B.
Scrivere di Tadej Pogacar diventa sempre più complicato. Dopo il suo fantastico 2024, i paragoni con Fausto Coppi e Bernard Hinault hanno lasciato spazio a un solo termine di comparazione: Eddy Merckx. Con gli allibratori che lo quotano quasi alla pari, con Vingegaard a 3,5 e Remco a 10, il faro della corsa sarà lui. Come sempre, l’avversario principale da cui dovrà guardarsi sarà se stesso. A favore del fuoriclasse di Komenda, o meglio a indurlo a un briciolo di moderazione, ci dovrebbe essere la considerazione che, dopo la Grande Boucle, ci sarà da correre la Vuelta. E’ noto a tutti, infatti, quanta gioia lui tragga nell’inserire la modalità bondiana Nobody does it better. Detto ciò, si potrebbe dover aspettare i Pirenei per vederla operativa.
Dopo anni di partecipazioni numericamente simboliche, la pattuglia italiana, guidata da Filippo Ganna (Ineos Grenadiers) e Jonathan Milan (Lidl Trek), torna in doppia cifra. Speriamo che questo possa essere un buon auspicio per almeno un successo di giornata che manca dalla vittoria di Vincenzo Nibali a Val Thorens nel sempre più lontano 2019.