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Sanremo 2024, le pagelle della quarta serata (Cover) del Festival

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Sanremo 2024, le pagelle della quarta serata (Cover, duetti) del Festival

Una delle serate delle Cover più belle degli ultimi anni. Tanti bei duetti riusciti, grandi ospiti e musica di qualità. Una classifica finale che non convince, per usare un eufemismo. Di seguito tutti i voti di TPI ai concorrenti, ospiti, conduttori e personaggi di oggi.

Lorella Cuccarini 9 – Regina dello spettacolo. In pochi minuti – con un numero che è già da storia della tv – condensa la sua carriera, da bambina che sognava quel mondo ad oggi, ripercorrendo i suoi successi. 58 anni, balla e canta come una ragazzina. Io a 32 mi alzo dicendo “oplà”. Ricorda e ringrazia Pippo Baudo: anche da ciò si vedono i grandi professionisti. Quest’anno promossi quattro co-conduttori su quattro.

Sangiovanni sv – Se a 20 anni, nella serata delle Cover del Festival di Sanremo, porti una tua hit (assolutamente lecito, per carità), c’è qualcosa che non va. Lo posso accettare al massimo da chi ha decenni di carriera alle spalle, tipo Bertè o Mannoia, ma da Sangio, con tutto il rispetto, anche no. Compitino.

Annalisa 9 – Non sbaglia un colpo, neanche nella serata delle Cover. Una bomba, che merita immediatamente la versione studio. Ci ricorda che ha una voce spaziale, oltre ad essere una grande performer. Insieme a La Rappresentante di Lista fa venire giù l’Ariston a suon di acuti e vocalizzi.

Rose Villain 5,5 – Di fronte a una gigante della musica italiana come Gianna Nannini, Rose rischia di scomparire. La rocker, generosa a mettersi in gioco e accompagnare un giovane talento, finisce per sovrastarla. Non manca qualche imprecisione vocale. Commuove nel ricordo della mamma che non c’è più.

Gazzelle 8,5 – Due dei cantautori della nuova generazione più talentuosi, Gazzelle e Fulminacci, interpretano con stile e finezza un capolavoro senza tempo di Venditti, una sorta di padre artistico per loro. Semplicemente applausi per questa versione di Notte prima degli esami. La scuola romana è viva e lotta insieme a noi. “Grazie di essere nato, Antonello”, dice Flavio. Mai sintesi fu più perfetta.

The Kolors 7,5 – Si giocano la carta vincente Umberto Tozzi, un artista conosciuto e cantato in tutto il mondo. Ti amo, Gloria, Tu. Non ci stancheremmo mai di ascoltarle. Effetto karaoke. L’Ariston diventa una bolgia: tutti in piedi a ballare. Ammettete che l’avete fatto anche voi, sul divano, con i vostri pigiamini.

Alfa 9 – Intanto grazie Alfa per aver riportato il maestro Vecchioni sul palco di Sanremo. Un incontro intergenerazionale che mette i brividi. Meritata e commovente standing ovation. Ovviamente l’intensità interpretativa tra i due è imparagonabile, ma il giovane Andrea non sfigura, anzi, ci mette del suo. Lo guarda con devozione, Vecchioni lo accompagna per mano. Sogna ragazzo sogna un gioiellino di scrittura. E questo ragazzo ha tutte le carte in regola per sognare in grande.

Bnrkr 44 7 – Puro momento di spettacolo. Felice di rivedere sul palco Pino D’Angiò. Ha ricevuto meno di quanto avrebbe meritato. Bravi i Bnkr ad averlo chiamato. Promossi anche nella loro esibizione. Svestono i panni di boyband caciarona e convincono in questa veste più glamour.

Irama 8,5 – Che vuoi dire a Riccardo Cocciante? La sua classe è infinita. Buona l’intesa con Irama, che appare più sereno e rilassato rispetto alle sere precedenti, in un pezzo di meravigliosa poesia come Quando finisce un amore. Le loro voci si fondono bene in un duetto emozionante.

Fiorella Mannoia 8 – Che sia benedetta è uno dei pezzi più poetici prodotti negli ultimi anni. La sua interpretazione è come sempre da studiare nelle scuole. Occidentali’s Karma ha rappresentato uno dei punti di svolta della storia recente di Sanremo, che ha portato il Festival ad essere quello che è oggi. Show e anche un pizzico di autoironia. Come nel 2017, quando vinse, Gabbani omaggia questa elegante signora della musica con un inchino. Idealmente ci uniamo anche noi.

Santi Francesi 8,5 – I Santi Francesi tra le più belle rivelazioni di questo Festival. Portare Hallelujah poteva essere un’arma a doppio taglio: una canzone difficilissima e iper coverizzata. Affiancati da Skin non solo evitano l’effetto X Factor, ma regalano un’esibizione vocalmente impeccabile, che tocca punte celestiali.

Ricchi e Poveri 7 – Altro momento karaoke di una serata pazzesca. L’Ariston ribolle con Sarà perché ti amo e Mamma Maria. L’autocelebrazione se la possono permettere, loro (vedi sopra). Si fanno accompagnare da Paola e Chiara: un anno da incorniciare per le sorelle Iezzi. Momento baraccone che fa tanto “quanto siamo italiani”.

Ghali 8,5 – Un italiano vero. Emoziona cantando inizialmente in arabo. Ci dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che la musica è uno strumento potentissimo per veicolare messaggi importanti, anche politici. Come già sta facendo con Casa mia, la sua canzone in gara. Coerente. Un bellissimo omaggio a Toto Cutugno. Chissà che ne pensano Salvini e company.

Clara 6,5 – Anche questa sera dimostra di avere una voce possente. Elegantissima, riporta sul palco dell’Ariston una grande Ivana Spagna. Sceglie Il cerchio della vita, un brano non semplice, e ne esce esaltata. Il coro delle voci bianche del Teatro Regio di Torino la fa volare ancora più in alto.

Loredana Bertè 7,5 – La regina del rock, con la sua voce graffiata e unica, in questo Festival è in assoluto stato di grazia. Con Venerus offrono una versione energica e moderna di Ragazzo mio di Tenco. Iconica, nonostante qualche problema tecnico iniziale: per metterla in difficoltà ci vuole ben altro.

Geolier 5,5 – Porta Napoli, casa sua, nelle varie sfaccettature: da Luché a Gigi D’Alessio. Non so quanto possa essere capita e apprezzata questa scelta ad altre latitudini. Vittoria ingiusta della serata delle cover. Fischi assordanti dalla platea, come ai tempi di Antonella Clerici.

Angelina Mango 10+. Un pugno allo stomaco. Pino Mango è stato un grande artista, forse non pienamente apprezzato e troppo presto dimenticato. Solo lei poteva omaggiarlo così, con una versione delicata e intensa. Una carezza, piena d’amore e commozione. Papà sarebbe orgoglioso di te, cara Angelina. E forse su quel palco non eri da sola. Il momento più alto di questa edizione, entra di diritto nella storia del Festival. Brividi veri. La rondine ha definitivamente spiccato il volo.

Alessandra Amoroso 5,5 – Orgoglio salentino, balla e fa ballare con i ritmi estivi dei Boomdabash, i Re Mida delle hit agostane. Una festa, ci manca solo un mojito in mano. Ma passare dall’emozione di Angelina Mango all’atmosfera da villaggio vacanze risulta straniante.

Dargen D’Amico 6 – Fare un omaggio al maestro Morricone è certamente un’impesa rischiosissima, e forse non perfettamente riuscita. Complimenti però per i messaggi che sta lanciando da quel palco, che ci ricordano che nel mondo non c’è spazio solo per le canzonette.

Mahmood 9 – Risentire la voce di Lucio Dalla. La delicatezza di questo omaggio, la classe, l’eleganza. In punta di piedi ma intenso allo stesso tempo. E ricordando le proprie origini sarde. Mahmood sta facendo un Sanremo assolutamente perfetto.

Mr. Rain 6,5 – Mary dei Gemelli Diversi è uno dei brani più iconici degli anni ’90. In un attimo torniamo tutti con la salopette e il Nokia 3310 in mano. Il testo una coltellata allo stomaco. Mr. Rain non forza sull’acceleratore. Non male l’idea di inserire un pezzetto di Supereroi.

Negramaro 8 – Normalmente non amo le cover di Battisti, per me intoccabile. Ma questa versione delicata de La canzone del sole, impreziosita dalla particolarissima voce di Malika Ayane, ci è piaciuta. Ottimo incastro.

Emma 7 – Per quelli della mia generazione Tiziano Ferro è un altro mostro sacro. Un artista che, dopo 20 anni di carriera, merita la celebrazione ed Emma, con Bresh, lo fa con il giusto rispetto, pur non essendo certo operazione facile o alla portata di tutti. Canzoni come Sere nere non ne hanno più scritte.

Il Volo 7 – Con le loro voci possenti spettinano Giovanna Civitillo e tutta la prima fila dell’Ariston. Toccare i Queen, rendendoli lirici, può essere un azzardo, quasi un atto di lesa maestà. Loro lo hanno fatto tutto sommato bene.

Diodato 8,5 – Questa versione di Amore che vieni, amore che vai di Fabrizio De Andrè con Jack Savoretti fa bene al cuore e all’anima. Grintosi ed eleganti. Omaggio riuscitissimo a Faber.

La Sad 6,5 – Delirio totale. Da Autodistruttivo a Lamette, teatrali con quel folle genio di Rettore. Caos allo stato puro.

Il Tre 6 – Lui è un cucciolino, ma cantare intonati non dovrebbe essere un optional. Forse ancora troppo acerbo per questi livelli. Fabrizio Moro lo prende per mano e lo conduce alla sufficienza.

Big Mama 8 – Girl power, con Gaia, Sissi e La Nina. Ha fatto più per le donne, per l’integrazione e per la comunità LGBT BigMama in questo Sanremo che il PD in 20 anni. Bella scoperta.

Maninni 6 – Esibizione pulita, senza particolari guizzi, del brano che vinse Sanremo 2018, Non mi avete fatto niente. Ermal Meta finisce per oscurarlo.

Fred De Palma 7 – Finalmente lo vediamo in versione più caciarona, dà una botta di energia e aggiunge un po’ di rime ironiche. Con gli Eiffel 65 l’effetto nostalgia è assicurato. Trascinatore. Più a fuoco rispetto al pezzo che porta in gara.

Nek e Renga 7,5 – Si divertono, infiammano e fanno cantare l’Ariston all’una e mezza di notte, ricevendo la standing ovation. Canzoni come Angelo e Laura non c’è sono memoria collettiva. Show totale. Ritrovano quella grinta che invece manca nel brano con cui sono in gara.

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