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“Questo capitalismo è intollerabile”: il nuovo film di Ken Loach e quella sinistra che ha fallito

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“Questo capitalismo è intollerabile”: il nuovo film di Ken Loach e quella sinistra che ha fallito

“La sinistra ha fallito perché non è in grado di esporre un programma alternativo alla monarchia democratica, di cui accettiamo la struttura gerarchica come normale”. A parlare, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, è il regista britannico Ken Loach. Attivista e figlio di operai, Loach ha dedicato – e continua a farlo – tanta parte del suo lavoro e del suo impegno per raccontare le condizioni degli “ultimi”, dei meno abbienti, di coloro che rappresentano quell’ultima ruota del carro della grande macchina targata “capitalismo”.

S&D

Lo stesso impegno che ha riposto anche nel suo ultimo film, Sorry we missed you, presentato alla 72ª edizione del festival di Cannes e incentrato sulla attualissima e potente tematica del precariato nel mondo del lavoro. Proprio lui che a Cannes ha già ricevuto ben due Palme d’oro per Il vento che accarezza l’erba (2006) e Io, Daniel Blake (2016), è tornato per raccontare come quell’instabilità occupazionale si tramuti sempre più spesso in instabilità psicologica delle giovani generazioni e in fragilità a livello familiare.

Perché quella di Loach è l’ennesima critica, forte e decisa, alle condizioni della working class e all’assenza, sempre più presente, di uno stato sociale che tuteli l’essere umano e gli permetta di esprimere se stesso e non lo lasci “strozzato” tra preoccupazioni e ristrettezze. “È la globalizzazione, bellezza”, si potrebbe dire, ma Loach è uno che non ci sta e che mostra tutte le contraddizioni di un mondo che, pur definendosi libero e puntano alla libertà, non lo è.

“Quando ero giovane io, se uno imparava un mestiere si presupponeva che continuasse a esercitarlo tutta la vita. Oggi non è più così e il paradosso è che a sfruttare il lavoratore non è tanto il datore di lavoro ma il lavoratore stesso. Non esiste più la catena di montaggio, su cui passare otto ore”. Questo è uno dei dati di fatto che il regista ha fatto emergere con forza nella sua ultima pellicola, la quale racconta la storia di Ricky (Kris Hitchen), camionista il cui lavoro è consegnare merci acquistate online, guidando minimo 14 ore al giorno ed essendo controllato da un computer. E, anche se il camion è di sua proprietà, Ricky è legato all’azienda da un contratto di franchising che prevede che il giorno in cui decide di non lavorare è chiamato a rimborsare il datore per mancata prestazione. E questo per il regista “è il paradosso di essere un lavoratore autonomo e precario insieme, costretto a subire una serie di condizioni tra cui, appunto, la mancata tutela nel caso di assenza per malattia e la mancanza di ferie pagate”.

Per la sinistra sfidare uno status quo così radicato in ciascuno di noi è sicuramente difficile. Ma noi, oltre al potere di voto, abbiamo il potere di scioperare e rivendicare i minimi salariali”, afferma il regista, al quale è poi stato chiesto il suo punto di vista sulla presa del nazionalismo sulle masse degli ultimi anni. “La situazione è pericolosa in Italia, nei Paesi dell’Europa dell’Est, in Ungheria, in Polonia, in America, perfino in Brasile. È accesa dalla rabbia generata dalle ineguaglianze, dal divario che si allarga sempre più tra i ricchissimi e i poverissimi. La gente vota a destra perché non sa dove mettere questa rabbia così incandescente, non sa come sfogarla”. Ma qual è la soluzione secondo Loach? C’è, anche se nella sua ultima pellicola, come nelle precedenti, non c’è un happy ending.

“Se non si interrompe il meccanismo di competizione portata all’eccesso tra i grandi gruppi industriali e le grandi corporazione, non ci sarà una speranza di ribaltamento della situazione. Quindi bisognerà soprattutto affermare e dichiarare che questa situazione è intollerabile e contrastarla per trovare un’alternativa che apra le porte alla speranza”, ha affermato infine il regista, che di fatto invita le persone a interessarsi di più – e meglio – su quanto spazio ogni giorno viene “rosicchiato” dalla superficie dei diritti di ciascuno di noi.

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