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Rana Plaza, la giustizia è lontana

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Sei mesi dopo il crollo dello stabilimento tessile di Dhaka, ancora nessun risarcimento per le vittime

Naznin Akhter Nazma ha ventuno anni e fra pochi giorni diventerà mamma. Lei e il suo bambino sono fra i sopravvissuti alle macerie del Rana Plaza, l’edificio di otto piani nella periferia di Dhaka (Bangladesh), che la mattina del 24 aprile 2013 è crollato, per motivi di sicurezza, provocando la morte di 1.133 lavoratori dell’industria tessile. Jewel, il marito di Nazma, non potrà esserle accanto al momento della nascita del loro bimbo. E’ morto sotto le macerie del Rana Plaza, che ha inghiottito le vite di migliaia di famiglie e seppellito per sempre i sogni di Nazma.

S&D

Quella mattina, la ragazza si trovava al settimo piano del palazzo mentre il marito era al secondo, quando improvvisamente alle 9.00 l’intero edificio si è sfaldato come un castello di carta. Dopo aver perso conoscenza per due ore Nazma ha tirato un sospiro di sollievo alla notizia che il bambino stava bene; ma quel giorno e quegli istanti continuano a tormentala perché Jewel invece, non ce l’ha fatta. “Il giorno prima che la fabbrica crollasse abbiamo saputo che si era aperta una crepa al secondo piano ma i supervisori ci dissero che l’edificio era sicuro e che ci avrebbero trattenuto un mese di paga se non fossimo andati al lavoro” dice Nazma. I due insieme riuscivano a guadagnare 10-11,000 taka bengalesi (circa 127 – 140 dollari) al mese: lo stipendio era fondamentale, soprattutto con un bimbo in arrivo. Così, quel giorno sono andati lo stesso al Rana Plaza insieme a molti altri lavoratori.

Nazma ora non ha più nulla e vive dai suoi zii a Savar. Con i soli 20,000 taka bengalesi (circa 253 dollari) ricevuti dal governo la ragazza non ha potuto pagare altron che i funerali del marito. Il governo e le grandi firme internazionali della moda che si rifornivano dai laboratori del Rana Palza hanno promesso di risarcire e dare assistenza a Nazma e alle altre vittime, che invece, dopo sei mesi, stanno ancora aspettando.

Capire quali sono le loro esigenze presenti e future e individuare gli attori attualmente coinvolti nel processo di reinserimento e di assistenza alle vittime e ai loro famigliari, sono gli obiettivi dell’indagine di valutazione sul processo di reintegro e di indennizzi, che ActionAid ha portato avanti in Bangladesh.

Sono state intervistate 2.297 persone, cioè circa i due terzi dei sopravvissuti e delle famiglie di coloro che hanno perso la vita tra le macerie. Lo studio rivela che il 94 per cento non ha ricevuto alcun tipo di indennizzo o risarcimento, da parte dei propri datori di lavoro dall’aprile 2013: ad oggi solo la Primark ha fornito sostegno ai sopravvissuti dando tre mesi di paga (15,000 taka bengalesi, circa 190 dollari) a 3.300 persone.

I dati più preoccupanti riguardano lo stato di salute fisico e mentale dei sopravvissuti del Rana Plaza: il 92 per cento degli intervistati infatti ritiene di aver subito un forte trauma e più della metà soffre di insonnia e tremori oltre ad aver paura di camminare in edifici e luoghi chiusi. Il reinserimento dei lavoratori risulta quasi impossibile: il 92 per cento non è infatti tornato a lavorare e il 63 per cento di questi afferma di non poter tornare al lavoro a causa delle lesioni fisiche riportate, come amputazioni, paralisi, forti mal di testa e dolori agli arti. Le vittime devono inoltre affrontare numerose spese per le cure mediche e riabilitative: la metà degli intervistati dichiara di aver contratto dei debiti e circa l’80 per cento è a corto di cibo.

ActionAid, che ha partecipato alle operazioni di soccorso avviate subito dopo il crollo del Rana Plaza, è al fianco delle vittime e delle loro famiglie che non possono essere abbandonate: attraverso azioni di lobby si impegna a far pressione sul governo e sui brand internazionali dell’industria tessile che stanno negoziando l’entità degli indennizzi per arrivare a un accordo giusto per tutte le vittime. Se così avverrà, forse i sogni di Nazma e di molte altre persone come lei, non resteranno fantasmi intrappolati sotto le macerie del Rana Plaza.

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