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L’altra faccia dei Mondiali

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Brasile: incubatore di disuguaglianze e contraddizioni. Le sfide di chi lotta contro la povertà.

Da qualche giorno i riflettori sono puntati sul Brasile, teatro della Coppa del Mondo di calcio 2014. Oltre i numeri dei giocatori in campo, oltre il tifo per questa o quella nazionale, oltre la tanto agognata coppa, c’è però un altro Brasile da raccontare.

S&D

«Ci sono sentimenti molto contradditori sui mondiali di calcio» ci dice Jorge Romano, Direttore di ActionAid Brasil, «per i brasiliani, il calcio è uno sport, un piacere. La FIFA ne ha cambiato lo stile, rendendolo una grande merce».

Negli ultimi dieci anni, il Brasile ha conosciuto un cambiamento profondo. I governi hanno, infatti, portato avanti numerose politiche per l’occupazione e per l’assistenza sociale, consentendo ad una fetta di popolazione, che fino ad allora aveva vissuto ai margini, di affacciarsi sul mercato del lavoro.

Centrale per questo processo di inclusione è stata la presidenza di Luiz Inácio da Silva, che ha incrementato la lotta alla malnutrizione, vera piaga per il paese, attraverso il programma Fame Zero, presentato con l’eloquente slogan “tre pasti al giorno per tutti”.

«Non è abbastanza [per loro] avere i tre piatti al giorno» continua Romano, «c’è l’esigenza di continuare sulla strada tracciata negli ultimi anni. La nuova classe lavoratrice ha bisogno di trasporti pubblici, di scuole ed infrastrutture migliori».

Il Direttore di ActionAid Brasil è convinto che i mondiali abbiano arrestato i progressi fatti sinora. Da un lato perché la maggior parte della popolazione, pur avendo l’aspettativa di vedere le partite, non può permettersi i biglietti per via dei costi elevati. Dall’altro perché «dopo la coppa del mondo, il calcio in Brasile sarà visto in modo diverso, perché i nuovi stadi hanno creato nuovi spazi, diversi da quelli tradizionali brasiliani. [Sugli spalti, ad esempio] ci sono solo persone sedute, non c’è spazio per i venditori. Tutto è business».

«Per la FIFA ci sono solo [i propri] investimenti, ma cosa ne è delle persone? Cosa ne è di questa nuova classe di lavoratori e di ciò che chiedono?».

Parlando con Jorge Romano, emerge anche come problematiche già radicate nel contesto brasiliano rischino di aggravarsi con la kermesse mondiale. Un esempio è il turismo sessuale, contro cui ActionAid Brasil lotta da anni. «Ci aspettiamo un incremento di questa pratica durante i mondiali», dice Romano, «non solo durante la manifestazione, ma abbiamo lavorato per prevenire questo fenomeno anche nei mesi precedenti, perché la costruzione delle infrastrutture ha spostato molti lavoratori da un posto all’altro».

L’organizzazione ha creato con i partner locali, in particolare nello stato di Pernambuco, un progetto per migliorare la consapevolezza delle donne riguardo ai loro diritti e per denunciare violenze. È un progetto piccolo ma simbolico, perché il comune di Recife ne ha riconosciuto l’importanza, dando uno spazio all’interno della città per garantire la protezione delle ragazze contro lo sfruttamento sessuale.

Il Mondiale è una delle competizioni sportive più importanti e in quanto tale è un’occasione per far emergere le problematiche del paese ospitante.

Per questa ragione, ActionAid ha avviato un’importante iniziativa sul’asse Italia-Brasile. Si tratta di “Italia-Brasile. L’azione è partita”, un programma realizzato in collaborazione con la RAI, in onda quotidianamente in pillole all’interno di Uno Mattina Estate.

I protagonisti sono sei bambini italiani e sei brasiliani, i primi, in occasione dei mondiali, hanno fatto visita ai secondi per condividere un’esperienza di sport e di vita. Per la rappresentativa italiana sono stati scelti bambini da Torino, L’Aquila e Reggio Calabria, tre città nelle quali l’organizzazione è presente con differenti iniziative.

Nella città piemontese, ActionAid ha promosso, tra le altre cose, il progetto “Lavoro di Squadra” in collaborazione con UISIP e ASAI, che mira a far uscire, attraverso lo sport, molti giovani da situazioni di esclusione sociale, sfiducia in se stessi e abulia.

A L’Aquila è tutt’ora in corso il “pressing” sul premier Matteo Renzi, invitato, attraverso la campagna “#matteofaiscuola”, a visitare i MUSP, i Moduli ad Uso Scolastico Provvisorio, dove i bambini del capoluogo abruzzese fanno lezione da quando il terremoto, ben cinque anni fa, ha distrutto la loro città.

A Reggio Calabria, infine, con il Comune commissariato dal 2012 e la chiusura di tutti gli asili nido pubblici, ActionAid ha contribuito, grazie alla raccolta firme “#chiediamoasilo”, a far si che anche i genitori avessero voce in capitolo nella discussione sulla riorganizzazione degli asili pubblici.

Gli “avversari” brasiliani, invece, sono stati selezionati a Passarinho, una favela nella città di Recife nella quale ActionAid Brasil lotta ogni giorno per impedire a ragazzi e ragazze di essere sfruttati dalla criminalità locale per il traffico di droga o per incrementare il giro di affari legato alla prostituzione. Sotto la guida di Enrico Bertolino e con Aldo Montinaro in veste di allenatore, i dodici bambini saranno per due settimane un’unica squadra, condividendo allenamenti, orari e pasti. Il progetto punta a insegnare ad abbattere le barriere sociali ed economiche attraverso i valori dello sport e del lavoro di squadra. Al termine delle due settimane, si giocherà una partita finale, Italia-Brasile. 

Il Brasile di oggi è dunque una terra ricca di contraddizioni ma chi, come Jorge Romano, lo vive ogni giorno tentando di cambiarlo in meglio, se lo dovesse sintetizzare con tre parole non ne sceglierebbe di negative.

«Il Brasile oggi è un laboratorio, per le nuove politiche pubbliche contro la povertà; una sfida, per i movimenti e partiti tradizionali e una disputa, perché è un posto dove le politiche neoliberaliste e il progetto progressista lottano tra loro».

 

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