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Il papa-pastore e la nuova Europa

Immagine di copertina

La legge non cambia la storia; soprattutto quando si tratta di eventi epocali come le migrazioni oggi in atto

All’Angelus
di ieri papa Francesco ha chiesto a tutte le parrocchie, comunità
religiose, monasteri, santuari di accogliere una famiglia di
profughi. Il grido di Giovanni Paolo II, “aprite le porte a Cristo”
diventa concreto in perfetto stile evangelico. Il Cristo da
accogliere
è
una famiglia di profughi.

Con
questo intervento e con altri che ha compiuto nel suo pontificato,
Francesco ci sta re-insegnando il Vangelo e ci sta indicano la via
per la ri-costruzione dell’Europa.

È
un passaggio che la politica fa fatica a capire. Lo interpreta come
ingerenza, ma tale non
è.
È

semplicemente Vangelo vissuto che fa esplodere la politica
dall’interno,
e costringe le leggi, i regolamenti, i confini,
soprattutto i confini mentali, ad adeguarsi alla vita.

Gli
ungheresi, gli austriaci, i tedeschi che a centinaia, a migliaia si
sono rifiutati di obbedire alle leggi e hanno soccorso, rifocillato,
trasportato, ospitato, sorriso e applaudito i migranti ci hanno
dimostrato che un altro grido che stava diventando un trito luogo
comune può essere davvero vissuto: “un altro mondo è possibile”.
Davvero siamo prima di tutto esseri umani, fratelli e sorelle, e poi
siamo anche siriani, sudanesi, eritrei, musulmani e cristiani. Prima
di tutto umani.

Ricordiamoci
che qualche giorno fa il segretario generale della Cei, Galantino
aveva fatto un intervento “politico”, attaccando quei partiti che
cercano voti sulla pelle dei migranti. Ci sono state reazioni
durissime, ma ovvie: sei i vescovi scendono nell’arena politica,
troveranno risposte politiche. Ma questo
è
perché
alcuni
che fanno politica, e magari sono cristiani battezzati, non capiscono
che il Vangelo è ben più lungimirante ed esplosivo delle visioni
politiche.

Gli
istituti religiosi, comboniani in primis, sono chiamati a calare nel
quotidiano la proposta del papa, e a dare una risposta pubblica,
veloce e concreta. Chi nelle parrocchie e nelle case religiose cerca
giustificazioni al non fare – evocando tutte le difficoltà
possibili ed immaginabili, anche a livello di leggi e di regolamenti
locali, di incompetenza nel gestire i rapporti con questure e
prefetture, di difficoltà nel reperire il personale che si occupi
adeguatamente di questo fatto – non ha capito la profezia di questo
gesto.

Piccolo
mondo egoista

Il
nostro mondo europeo è ormai piccolo non solo geograficamente, e ha
dato segni di diventare progressivamente sempre più meschino,
gretto, chiuso nel proprio egoismo. Di fronte ai drammi del disastro
ecologico e delle guerre – per i quali abbiamo responsabilità
gravissime – siamo presi dal panico e rispondiamo alla crescente
richiesta di solidarietà con l’indifferenza dei padroni e dei
ricchi.
E finiamo per diventare un piccolo mondo che si pensa al
centro dell’universo e non capisce che al di là dei nostri confini
c’è un nuovo grande mondo ribollente di vita, di progetti, di
voglia di dignità.

Cosi
crediamo a chi vuol farci percepire lo straniero come una minaccia,
come colui che vuole derubarci della “nostra roba” e della
“nostra identità”, invece che come “colui senza il quale
vivere non è più vivere”.

Sbaglia
chi crede di poter fermare con le leggi questa ondata di vita che
viene ad abbracciarci. Fortunatamente per tutti noi, sono degli
illusi. La legge non cambia la storia; anzi, quasi sempre la legge è
costretta a seguirla, soprattutto quando si tratta di eventi epocali
come le migrazioni oggi in atto.

Chi invece cerca di capire la storia
incomincia
a vedere che la solidarietà o diventa globale o non ha più senso.
Gli egoismi di classe e di nazione sono il linguaggio del passato.
Fra pochi anni i politici che hanno inventato i muri che dividono le
nazioni come fra Messico e Stati Uniti, fra Israele e Palestina, fra
Ungheria e Serbia, chi ha attuato i respingimenti, e chi ha fomentato
intolleranza e razzismo, saranno consegnati alla storia come
sopravvissuti di un’era in cui nessuno più si riconoscerà.

Nostri
fratelli

Che
bello questo papa-pastore che ci invita ad accogliere i rifugiati non
per fare un’opera sociale, non per calcoli diplomatici o per
cambiare equilibri geopolitici, ma “solo” p
erché
queste persone «sono la carne di Cristo». E come meravigliarsi che
chi ragiona solo in termini di economia e diplomazia non lo capisca e
lo critichi?

Il
corpicino di Aylan, i corpi dei mille e mille morti affogati nel
Mediterraneo vengono da questo gesto trasfigurati in un grande segno
di speranza per i vivi. Stiamo imparando a riconoscerli come persone
che venivano a noi con la speranza di essere considerati dei
fratelli. Essi, che sono già con Colui che è davvero e
definitivamente l’Altro, avevano capito ciò che noi fatichiamo a
intravedere. Forse essi stessi pensavano di essere dei disperati che
venivano a chiedere il nostro aiuto, in verità erano profeti capaci
di vedere il futuro che è già qui nel presente.
Già aspiravano ad
una nuova Europa. Come qualcuno ha già fatto notare, sono loro a
creare la nuova identità europea.

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