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Il buio oltre lo specchio

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La serie inglese 'Black Mirror' porta in tv lo spettro dell’alienazione collettiva indotta da media, internet e social network

Mentre una crisi creativa travolge il mercato seriale americano, la Gran Bretagna recupera lunghezze nell’intrattenimento televisivo spingendo la sperimentazione in quel felice terreno dove si gode della massima libertà espressiva. Ciò che distingue le serie inglesi è infatti una scrittura ibrida che non si cura di appartenere ad un genere riconoscibile e, nella fusione di categorie narrative, trova la propria identità. Ne è un esempio il fenomeno ‘Black Mirror’ che sfida ogni regola di fidelizzazione proponendo uno show antologico in cui ogni episodio è autonomo e fruibile singolarmente e in ordine sparso, sui modelli storici della ‘Twilight Zone’ e di ‘Alfred Hitchcock Presents’.

La funzione che regola i rapporti tra gli episodi (che per adesso sono 6 organizzati in due stagioni) è in questo caso tematica e si propone di esplorare le diverse derive drammatiche e grottesche dell’era della comunicazione.

Lo strapotere di media, internet e social networks sta trasformando le relazioni umane ampliandone la portata da un lato, e distorcendone la percezione dall’altro. Nello specchio nero dei monitor prende cittadinanza il paradosso di una comunità i cui individui vivono al tempo stesso ipercollegati e soli. E, nel punto vorticoso in cui si abbracciano le correnti del virtuale e del reale, esplode il tilt di un sistema che all’utopia dei benefici del progresso contrappone la distopia dei suoi effetti collaterali.

Lavorando su questi concetti Charlie Brooker, comico, presentatore, autore, produttore e giornalista del Guardian, classe 1971 (un curriculum per cui in Italia non basterebbero cinque vite), ha sviluppato delle storie che si orientano tenendo a Nord gli incubi di Orwell e che accarezzano l’horror, incrociando in modo originale le vie della parabola, del dramma classico, della fantascienza, e di quella cattiveria punk che sembra un sorriso ma è un ghigno diabolico.

Le caustiche variazioni sul tema catturano così le contraddizioni della nostra società attraverso un tiro trasversale che, camuffandosi da sinistra profezia, traccia una lucida analisi del presente passando in rassegna le sue aberrazioni.

Voyerismo e scollamento emotivo sono ad esempio al centro di un episodio in cui il primo ministro britannico è costretto a consumare un rapporto sessuale con una scrofa in mondovisione per salvare la vita di un membro della casa reale (capito l’antifona?). Anestesia collettiva, alienazione e tirannia sono invece il riflesso di una società cannibalizzata dalla televisione in cui il miraggio dell’affrancamento passa per un reality simile ad ‘X Factor’.

Ma è soprattutto nell’episodio ‘Vota Waldo’ (‘The Waldo Moment’ in versione originale) che i rapporti tra attualità e realtà distopica si chiudono in un laccio che fa rabbrividire. L’antipolitica, la rete e la promessa lusinghiera di una democrazia diretta portano un pupazzo sboccato e iracondo, animato da un comico depresso, a stravolgere la campagna dei partiti tradizionali per le elezioni locali.

Ricorda qualcosa?

Se a tal proposito Charlie Brooker avesse per noi qualche spoiler su come andrà a finire, per una volta gliene saremmo grati.

Note di servizio: Channel 4, che in Gran Bretagna ha trasmesso ‘Black Mirror’, è un canale pubblico.

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