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Lo tsunami del 2011 in Giappone ha trascinato un milione di creature marine sulle coste degli Stati Uniti

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Molluschi, anemoni di mare, coralli, granchi, telline sono solo una piccolissima parte della più lunga migrazione marittima mai registrata

Lo tsunami che l’11 marzo 2011 ha devastato le coste del Giappone ha trascinato un milione di creature marine dal paese orientale alla costa occidentale degli Stati Uniti.

A dirlo è una ricerca coordinata dal biologo James T. Carlton, dell’americano Williams College, condotta in collaborazione con l’università dell’Oregon e pubblicata sulla rivista Science.

289 specie animali sono state trascinate nell’oceano Pacifico per un viaggio di oltre 7mila chilometri. Molluschi, anemoni di mare, coralli, granchi, telline, stelle marine e meduse sono solo una piccolissima parte di quella che gli esperti di biologia definiscono come la più lunga migrazione marittima mai registrata.

Il viaggio dei detriti creati dallo tsunami del 2011 in Giappone che ha trascinato 280 specie marittime sulle coste degli Stati Uniti. Credit: AAAS su Science

Nel loro lunghissimo viaggio, gli animali marini hanno viaggiato attaccati ai milioni di residui di plastica non biodegradabili, come i pezzi delle barche o degli oggetti presenti sui moli delle coste giapponesi, divelti dalla forza dello tsunami.

Lo tsunami, scatenato da un terremoto di magnitudo 9.0, ha creato cinque milioni di tonnellate di detriti provenienti dalle tre aree di Iwate, Miyagi e Fukushima.

Circa il 70 per cento di questi detriti sono rimasti sul fondale dell’oceano, ma un numero considerevole di oggetti in plastica, come boe e barche, hanno galleggiato sul mare per migliaia di chilometri.

Tra giugno 2012 e febbraio dedl 2017, i detriti sono approdati sulle spiagge degli stati di Washington, Oregon, California, Alaska e Hawaii.

Alcune delle creature marine – circa due terzi delle quali non erano mai state viste sulla costa occidentale degli Stati Uniti – si sono riprodotte durante il viaggio.

“Questo evento ci ha insegnato che alcune delle specie protagoniste di questa migrazione possono essere straordinariamente resistenti. Quando abbiamo visto le prime specie marine giapponesi arrivare sulle coste dell’Oregon siamo rimasti scioccati”, ha detto James Carlton.

“Nessuno dei ricercatori, infatti, avrebbe mai pensato che queste specie avrebbero potuto vivere tanto a lungo in condizioni così dure”, si legge nello studio.

Al momento il 20 per cento delle specie arrivate sulle coste americane ha dimostrato di essere in grado di riprodursi.

Solo l’anno scorso, cinque anni dopo il disastro, una barca giapponese è approdata in Oregon con all’interno 20 pesci originari del Pacifico occidentale.

“Alcuni dei pesci possono essere amirati in un acquario di Stato”, ha detto Carlton.

“Non pensavo che la maggior parte di questi organismi costieri potesse sopravvivere in mare per periodi così lunghi”, ha detto Greg Ruiz, biologo marino dello Smithsonian Environmental Research Center e co-autore dello studio.

Gli esperti sostengono che l’impatto di questa migrazione dovrà essere valutato nel tempo e dipenderà dal successo con cui le specie arrivate dal Giappone riusciranno a stabilirsi in modo duraturo nel loro nuovo ambiente.

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