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Home » Politica

Bassa affluenza e procedure obsolete, cosa possiamo imparare dalle suppletive

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Le suppletive a Monza sono andate forse nel più prevedibile dei modi: il seggio uninominale del Senato rimasto vacante per la morte di Silvio Berlusconi è andato a un amico e stretto collaboratore del Cavaliere, ovvero Adriano Galliani. Il tutto, nel classico clima delle suppletive, caratterizzato purtroppo da un’affluenza bassissima, pari stavolta a poco meno del 20 per cento, dovuta alla tradizionale scarsa attenzione verso questo tipo di consultazione, ragione per cui ha poco senso cercare di fare approfondite analisi del voto.

S&D

Se delle suppletive importa poco all’opinione pubblica, forse sarebbe bene iniziare a studiare e come coinvolgere al meglio l’elettorato in vista di elezioni che destano maggiore attenzione, a partire dalle Europee dell’anno prossimo. Se di Galliani abbiamo detto che la sua vittoria è stata un ideale passaggio di testimone con l’amico defunto con cui insieme si era da poco cimentato nell’avventura della squadra della provincia, soffermiamoci però sul principale concorrente sconfitto, Marco Cappato. Se per tanti è l’uomo che ha alzato la voce sull’eutanasia, che comprensibilmente come molti temi etici divide in maniera anche profonda l’opinione pubblica, c’è un’altra battaglia più recente che riguarda proprio l’accesso al voto.

Alle scorse elezioni politiche – è passato poco più di un anno, ma per certi aspetti sembra preistoria – Cappato aveva presentato una lista chiamata Referendum e Democrazia che aveva come principale obiettivo permettere la presentazione di liste non con la tradizionale raccolta firme, ma attraverso sottoscrizioni via SPID, come già avvenuto per i quesiti referendari. Un’idea perorata attraverso la presentazione della lista proprio con firme raccolte esclusivamente per via digitale che, in assenza di una precisa disposizione a riguardo per le elezioni politiche, non venne ammessa e non finì sulle schede.

La possibilità di firmare perché una lista si presenti non è l’unico aspetto che andrebbe portato avanti per rendere la macchina elettorale più al passo coi tempi e coinvolgere più facilmente i cittadini alla cosa pubblica e a una politica da cui si sentono sempre più distanti. La democrazia non è solo un “chi ha più voti vince”, ma un insieme di regole e meccanismi, una macchina che per funzionare ha bisogno di essere ammodernata e aggiornata nel tempo.

E la questione dello SPID non è infatti l’unica. Ha ancora senso che, tranne rare eccezioni (soprattutto i militari), non è possibile per un lavoratore o uno studente fuori sede avere modo di votare in una località o in una data diversa da quella delle elezioni come succede in molti altri Paesi? Ha ancora senso che nelle due settimane prima del voto – un’era geologica in un’epoca in cui un bel pezzo di elettorato sceglie chi votare a ridosso delle elezioni – non si possano pubblicare sondaggi?

Sarebbero tante le cose che si potrebbero fare per tenere aggiornata la macchina elettorale. Non potrà farle Cappato, ma ci sono comunque seicento parlamentari eletti dai cittadini che possono farlo. Sarebbe bello, forse cavalleresco, se il primo a portarle avanti fosse proprio Galliani.

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