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Se l’uomo che ha firmato i decreti sicurezza di Salvini diventa prefetto di Roma

Immagine di copertina

Gli esponenti dem lo chiamano "l'amico di Salvini" e nei suoi mesi da capo di gabinetto al Viminale con l'ex ministro dell'Interno ha appoggiato operativamente tutte le battaglie del leader del Carroccio, difendendo le misure bandiera contro gli sbarchi. Adesso "l'altro Matteo" sbarca a Palazzo Valentini

Il capo di gabinetto di Salvini Matteo Piantedosi nominato nuovo prefetto di Roma

L’attuale capo di gabinetto del Viminale e ex numero due della Polizia, Matteo Piantedosi, è stato nominato nuovo Prefetto di Roma su proposta del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Una buona notizia per Matteo Salvini, che scelse Piantedosi come suo numero due al Viminale pochi giorni dopo l’insediamento del governo “Conte uno”, a giugno 2018, e beneficiò della sua esperienza prefettizia mentre trascorreva le ore da ministro fuori dall’Ufficio. Mentre Salvini presenziava a sagre e convention della Lega, Piantedosi – ex prefetto di Lodi e di Bologna – emanava ordini e firmava circolari seguendo la linea, permetteva al leader del Carroccio di assentarsi e nello stesso tempo attestarsi le vittorie politiche. Prima tra tutte, quella sui decreti sicurezza.

S&D

Braccio operativo del ministero, Piantedosi firmò e difese il decreto-legge bandiera dei 17 mesi di Salvini al Viminale sin dalla prima versione, quella emanata a ottobre del 2018 dopo la prima estate calda dei porti chiusi. E nelle battaglie contro le navi Ong ormeggiate davanti ai porti della Sicilia fu sempre al suo fianco: appoggiò Salvini sul caso Diciotti – quando la nave restò ferma dal 20 al 26 agosto davanti al porto di Lampedusa con circa 177 migranti a bordo – e anche su quello della Open Arms. Tanto che è stato inizialmente indagato insieme all’ex ministro in entrambi i processi.

Prima che sul caso Open Arms la posizione di Piantedosi fosse archiviata, per le tre giudici del Tribunale dei Ministri di Palermo anche da parte del capo di gabinetto di Salvini al Viminale ci fu una “condotta omissiva” nella vicenda della nave Ong, che nell’agosto 2019 rimase in mare per più di due settimane con oltre cento naufraghi a bordo in attesa dell’indicazione di un porto sicuro. Fu Piantedosi a rapportarsi con il Comando generale delle Capitanerie di porto, che richiedeva di far sbarcare i migranti a bordo della nave a Lampedusa.

“Non è vero che con il decreto sicurezza aumenteranno gli immigrati per strada a Bologna. Stimiamo che aumenteranno i migranti assistiti negli SPRAR, e saranno solo coloro che ne hanno bisogno”, dichiarava Pantedosi a pochi giorni dall’approvazione dei decreti sicurezza bis sulla situazione nella città di cui è stato prefetto dal 2017 al 2018. Ad agosto 2019 il Movimento 5 stelle rendeva nota parte di una lettera inviata da Piantedosi al ministero della Difesa a luglio dello stesso anno, nella quale si pregava di non incrementare il pattugliamento della Marina militare in acque internazionali per evitare che potesse fungere da fattore di attrazione per le partenze dalla Libia.

Con questo curriculum, la nomina a prefetto di Roma di Piantedosi potrebbe far storcere il naso agli esponenti del Partito Democratico che lo considerano “l’amico di Salvini”, ma non alla ministra Luciana Lamorgese, che adesso vorrebbe nominare nuovo capo di gabinetto Franca Triestino, attuale responsabile del personale della Dis e già suo vice quando nel 2016 il Viminale era guidato da Angelo Alfano. Intanto Matteo Salvini saluta così la nomina della sua “vecchia ombra”: “Buon lavoro a Matteo Piantedosi, che in tutta la sua carriera ha dimostrato grande serietà e competenza oltre a doti umane fuori dal comune. Farà certamente benissimo”, ha dichiarato il leader del Carroccio.

Il nuovo funzionario di palazzo Valentini dovrà affrontare numerose sfide e dossier caldi sul versante della gestione delle politiche di sicurezza, dalla questione degli insediamenti rom agli immobili occupati a scopo abitativo, in una città dove il Campidoglio recentemente ha censito 57mila famiglie con disagio abitativo, 15mila delle quali classificate in emergenza. Senza dimenticare le occupazioni con connotazioni politiche, tra cui lo stabile di via Napoleone III dove ha sede CasaPound, e i movimenti della malavita organizzata attiva sul litorale e nelle periferie della capitale.

Chi è Matteo Piantedosi, il nuovo prefetto di Roma

Piantedosi è nato a Napoli il 20 aprile 1963, ma è cresciuto ad Avellino fino alla laurea in Giurisprudenza. Si è poi trasferito a Bologna, dove ha studiato e lavorato. Ha ricoperto diversi incarichi: per otto anni è stato il capo di Gabinetto della Prefettura, seguendo in particolare i temi della sicurezza, della protezione civile, dell’immigrazione, della mediazione dei conflitti sociali e del lavoro. È stato anche componente del Comitato regionale di controllo sugli atti degli enti locali dell’Emilia-Romagna e Commissario straordinario di Imola.

Fra il 2010 e il 2011 ha ricoperto a Roma il ruolo di direttore delle relazioni parlamentari degli Affari legislativi, responsabile dell’ufficio primo del Dipartimento delle politiche del personale del ministero. Contemporaneamente è stato anche subcommissario presso il Comune di Bologna con deleghe alla sicurezza urbana, agli affari istituzionali e alle società partecipate. La nomina a prefetto di Lodi è arrivata nel 2011, ma già a gennaio 2012 Piantedosi torna a Roma come vicecapo di Gabinetto.

A giugno 2012 diventa Vicario e, da novembre, è il più giovane vicecapo della Polizia di Stato e fra i più stretti collaboratori dell’allora ministra dell’Interno, Annamaria Cancellieri. Dal 15 maggio 2017 è stato nominato prefetto di Bologna. Il 7 giugno 2018, con l’insediamento del governo Conte, è stato nominato capo di gabinetto del ministero dell’Interno.

Leggi anche: 1. Chi è Matteo Piantedosi, il capo di gabinetto indagato con Matteo Salvini per il caso Diciotti 2. Salvini ai dipendenti del Viminale: “Il mio non è un addio, tornerò presto a occuparmi di voi” 3. Orfini a TPI: “Lamorgese non fa la ministra. I flussi di migranti sono gestibili, ma preferiamo finanziare i torturatori libici”

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