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La lettera dei costituzionalisti in difesa di Mattarella: “Presidente non è un notaio. Non ci sono i requisiti per l’impeachment”

Immagine di copertina
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. / AFP / Vincenzo Pinto

14 professori di diritto costituzionale hanno espresso il loro parere riguardo alla crisi istituzionale che si è aperta in Italia e alle successive accuse nei confronti del Capo dello stato di alto tradimento e attentato alla Costituzione

14 costituzionalisti hanno diramato una nota congiunta nella quale hanno espresso il loro parere riguardo alla crisi istituzionale che si è aperta in Italia, dopo che il 27 maggio 2018 il premier incaricato Giuseppe Conte ha rimesso il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e le successive accuse nei confronti del Capo dello stato di alto tradimento e attentato alla Costituzione.

I professori di diritto costituzionale che hanno firmato la dichiarazione sono Enzo Cheli, Paolo Caretti, Ugo De Siervo, Stefano Merlini, Roberto Zaccaria, Stefano Grassi, Cristina Grisolia, Elisabetta Catelani, Massimo Carli, Orlando Roselli, Giovanni Tarli Barbieri, Andrea Simoncini, Andrea Cardone e Duccio Traina.

“I sottoscritti professori di diritto costituzionale della scuola fiorentina di Paolo Barile, preoccupati per gli sviluppi della crisi di governo in atto e per l’asprezza del dibattito che è seguito al tentativo di governo del professor Giuseppe Conte, avvertono il bisogno di intervenire per evitare che si dia degli ultimi avvenimenti un’interpretazione lontana dalla lettera della Costituzione e dalla prassi che su di essa si è sviluppata negli anni”, inizia la nota.

“Al riguardo è bene chiarire subito che è profondamente sbagliata l’idea che il Presidente della Repubblica sia un organo ‘neutro’, un semplice notaio”.

“Al contrario”, spiegano i giuristi, “l’organo presidenziale è titolare di poteri propri che insieme gli assegnano una funzione d’indirizzo politico costituzionale (come sosteneva Paolo Barile), volto a garantire il corretto funzionamento del sistema e la tutela dei degli interessi generali della comunità nazionale”.

“A ciò rispondono, tra l’altro, il potere di rinvio delle leggi alle Camere perché ritenute manifestamente incostituzionali, i poteri che gli competono quale presidente del Consiglio superiore della magistratura e del Consiglio superiore di difesa, il potere di grazia, il potere di nomina del presidente del Consiglio e, su proposta di quest’ultimo, dei ministri, il potere di sciogliere le Camere”, concludono i costituzionalisti.

Il documento è stato diramato dopo le dichiarazioni dei leader del Movimento 5 Stelle e di Fratelli d’Italia, Luigi Di Maio e Giorgia Meloni, i quali hanno annunciato di voler mettere in stato d’accusa Mattarella per i reati di alto tradimento e attentato alla costituzione, unici casi in cui un Presidente della Repubblica è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, secondo quanto disposto dall’art. 90 della Costituzione.

Di fronte alle accuse mosse contro Mattarella di aver attentato alla sovranità nazionale, il professor Enzo Cheli ha dichiarato: “Ribalterei questa accusa esattamente nella posizione inversa, Mattarella ha difeso la sovranità nazionale quando ha fermato un’azione politica che puntava a rompere gli impegni europei, che l’Italia ha assunto da cinquant’anni e che è tenuta a rispettare in base all’articolo 11 della Costituzione”.

“La nomina del professor Savona, persona sicuramente molto competente ma favorevole a un’uscita dell’Italia dall’Euro, aveva allarmato i mercati, generando dei riflessi negativi sui titoli di Stato e quelli quotati in borsa, il Capo dello Stato in questa situazione deve intervenire”, le parole di Cheli.

Secondo il costituzionalista, “questa proposta si spegnerà in attesa del voto. Lo scontro non sarà lieve, le future elezioni oramai prefigurano una spaccatura del Paese tra coloro che difendono una collocazione dell’Italia nel quadro europeo e coloro che invece puntano a superare questa situazione di accordo internazionale, auspicando un andamento che non sarebbe diverso da quello che sta percorrendo la Gran Bretagna con la Brexit”.

Andrea Morrone, professore di diritto costituzionale all’Università di Bologna e direttore della rivista giuridica Quaderni Costituzionali, è d’accordo con il collega Cheli.

Morrone ha detto all’AdnKronos: “Un conto è la valutazione politica dei partiti che sostenevano il Presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, che avevano legittimamente diritto a manifestare le loro linee politiche e comunicare al Presidente della Repubblica i nomi dei ministri”.

“Un conto è invece il compito del Capo dello Stato di difendere la Costituzione e i suoi valori fondamentali”, ha detto Morrone. “Tra essi ci sono: il rispetto dei vincoli europei, in virtù dell’articolo 11, e la tutela dei risparmi”.

“Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale, deve dunque tener conto degli interessi di tutto il Paese, anche delle parti in minoranza”, le parole del giurista.

“Non bisogna confondere la sovranità popolare con ciò che chiedevano i due partiti che avevano insieme il 50 per cento dei voti. Bisogna distinguere il piano della maggioranza politica da quello della Costituzione”.

Per quanto riguarda la possibilità che si possa procedere concretamente a una messa in stato d’accusa del Capo dello Stato da parte di alcune forze parlamentari, Morrone spiega che si tratta di “una procedura molto lunga e complessa”.

Dopo un’istruttoria composta da un comitato bicamerale, la questione dovrebbe passare al Parlamento in seduta comune che dovrebbe approvarlo con la maggioranza assoluta, infine il giudizio sarà rimesso alla Corte Costituzionale. Una procedura lunga almeno 8 mesi.

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