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Ignazio Corrao (M5S) a TPI: “Mai con Salvini in Europa. Voto su caso Diciotti è stato esercizio di democrazia”

Immagine di copertina
Ignazio Corrao, eurodeputato del Movimento Cinque Stelle

L'eurodeputato del Movimento Cinque Stelle esclude la possibilità di un gruppo unico con la Lega e critica Salvini: "Sta facendo la stessa parabola di Renzi"

Il Movimento Cinque Stelle ha escluso la possibilità di allearsi con la Lega di Salvini dopo il voto alle elezioni europee 2019. A confermarlo è Ignazio Corrao, europarlamentare pentastellato, che in un’intervista telefonica aTPI.it esclude la possibilità di formare un gruppo unico con i leghisti in Europa, e non risparmia una critica all’alleato: “Salvini sta facendo la stessa parabola di Renzi, sarà il nome”.

La possibilità di un’alleanza tra M5S e Lega in Europa è stata ventilata dal leghista Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera (qui l’intervista di oggi a Borghi su TPI.it). Ma sia Salvini sia un post sul Blog delle Stelle sono intervenuti per escludere questa possibilità.

On. Corrao, ritiene possibile che M5S e Lega formino un unico gruppo dopo le elezioni europee?

Assolutamente no. Penso che ci siano zero possibilità che questo accada. Borghi probabilmente non ha contezza di come stiano le cose a livello europeo, di come si sono mossi Lega e Movimento Cinque Stelle in questi anni.

In Italia ci siamo dovuti sedere intorno a un tavolo sulla base dei risultati delle elezioni politiche, che non davano altre opzioni se non 5 Stelle-Lega o 5 Stelle-Pd. Invece a livello europeo le opzioni sono tante, quello che viene in risalto sono le attitudini politiche molto diverse che abbiamo noi e la Lega. Basterebbe andare a vedere come abbiamo votato noi in questi 5 anni e come ha votato la Lega, siamo molto distanti come attività politica.

Però a livello nazionale, almeno finora, è stato possibile governare insieme. Fino a ieri Salvini ha parlato di una “storia d’amore destinata a non finire mai con Di Maio”.

Fa piacere che si usino termini “romantici” per descrivere quella che comunque è un’attività di governo fondata su un accordo scritto. Non quindi su un’alleanza pre-elettorale, ma su un’esigenza post-elettorale, dovuta alla necessità di dare all’Italia un governo. Sia dal Movimento Cinque Stelle sia dalla Lega in quell’occasione c’è stata una presa di responsabilità.

Ma dal punto di vista europeo le famiglie sono molto eterogenee: nel Ppe ci sono i falchi del nord Europa ma c’è anche Orban, che viene definito di estrema destra. Si dialoga e si cerca di costruire sulla base delle attività.

Finora da parte della Lega ho visto molti annunci ma pochi fatti: nel fronte di destra a cui appartengono ci sono molti veti incrociati. Noi invece stiamo cercando di costruire a livello europeo un movimento post-ideologico, che cerca di smarcarsi dall’establishment.

Finora, in vista delle Europee, M5S ha stretto alleanze per lo più con piccoli partiti. Non conviene allearsi con un gruppo più grande?

Dipende. Se ci sono le condizioni, che ben venga. Ma se le condizioni non ci sono, perché le delegazioni grandi sono tutte appartenenti a gruppi politici che hanno altre direzioni, o preferiscono “accomodarsi” all’interno di gruppi in cui ti pagano la campagna elettorale o ti forniscono benefit economici, allora diventa più complicato.

Noi non abbiamo fatto alcuna preclusione, anzi abbiamo un dialogo aperto con tante delegazioni. Il presupposto su cui lavorare non è un’alleanza per convenienza economica o di circostanza, vorremmo una piattaforma europea che sia un’alternativa concreta alle opzioni oggi presenti: il blocco centrale dei socialisti, liberali e i due estremi di destra e di sinistra.

Una questione che ha fatto discutere è anche il dialogo con i gilet gialli. Cosa ne pensa?

Ero presente a quell’incontro. Lì la questione è stata molto strumentalizzata, perché quando si parla di gilet gialli si tende a fare riferimento a immagini di violenza o intolleranza che noi condanniamo.

Secondo me non sono rappresentative di quel movimento, che raccoglie 300/400 mila persone e raccoglie un po’ di tutto.

C’è sicuramente una parte che non vuole entrare nelle istituzioni o ha un atteggiamento violento: con loro non esiste per noi alcun tipo di dialogo. Esiste una parte che invece vuole occupare uno spazio politico che in questo momento in Francia è vuoto (perché ci sono i due estremi di Mélenchon e Le Pen, poi c’è Macron che rappresenta pienamente l’establishment). I francesi vanno in piazza perché evidentemente non sono soddisfatti da queste alternative.

Se i gilet gialli e, in particolare, i RIC (Ralliement d’initiative citoyenne, il partito guidato da Ingrid Levavasseur, che ha annunciato l’intenzione di partecipare alle europee, ndr) – che sono la lista che abbiamo incontrato noi – riescono a colmare questo vuoto politico noi siamo ben disponibili a dialogare con loro.

Il problema è che, a differenza dell’Italia – dove questo vuoto è stato colmato del Movimento Cinque Stelle grazie anche alla capacità di Beppe Grillo di riunire e di Gianroberto Casaleggio di organizzare – i gilet gialli in questo periodo storico sono ancora abbastanza disgregati. Bisogna capire se riusciranno a essere presenti e competitivi alle elezioni europee. Lo stesso vale per altri movimenti politici nuovi in altri paesi dell’Unione europea.

Tornando all’auspicio di Borghi, c’è chi ha parlato di una strategia per “svuotare” il Movimento Cinque Stelle e omologarlo alla Lega in Europa. È possibile?

Mi sembra strano che sia così e – se anche lo fosse – non raggiungerebbero il loro risultato. Posso fare un esempio personale: ci sono zero possibilità che io mi possa fare “omologare” alla Lega. Neanche come ultima cosa al mondo.

Un discorso è fare un contratto di governo su dei punti ben precisi, un altro è fare un’alleanza politica su una piattaforma condivisa, che non può esistere perché loro sono un partito che nasce dal separatismo, molto concentrato sugli interessi del nord, hanno una struttura molto verticistica – quasi militarizzata – totalmente diversa dalla nostra. Noi mi sarei mai iscritto alla Lega prima di fare politica, né lo farei adesso, dopo cinque anni di esperienza come eurodeputato. E penso di essere molto rappresentativo del M5S. Forse nei sogni di Borghi o nel fraintendimento delle sue parole si può fare qualcosa del genere, ma la gran parte del Movimento Cinque Stelle non ha nulla in comune con la Lega, se non l’obiettivo di raggiungere i punti inseriti nel contratto a livello nazionale.

Andando al caso Diciotti, cosa pensa della scelta di ricorrere al voto su Rousseau? Non è un modo per scaricare la responsabilità politica della scelta?

Quando ci sono state delle decisioni divisive da prendere abbiamo spesso fatto ricorso alla consultazione degli iscritti, fa parte del nostro DNA. Credo che questo sia molto positivo come esercizio di democrazia.

Circa 53mila persone, che hanno votato sulla nostra piattaforma, l’altro ieri sono andate a studiarsi la differenza tra l’articolo 68 e l’articolo 96 della Costituzione, cercando di capire per quale motivo il ministro dell’Interno doveva, o non doveva, essere processato. Molti avranno approfondito il tema della separazione dei poteri. Io ho ribadito che entrambe le opzioni avevano una loro validità, entrambi i voti vanno rispettati. Alla fine il voto è stato 60-40, chi ha votato deve comunque accettare il risultato della maggioranza e si va avanti.

Ma 53mila votanti non sono pochi rispetto agli 11 milioni di italiani che vi hanno votati alle elezioni?

Però chiunque di questi 11 milioni si può iscrivere alla nostra piattaforma e partecipare alle attività di democrazia diretta. Bisognerà lavorare affinché ci sia maggiore partecipazione.

Perché non si è fatto ricorso al voto sulla piattaforma per altri argomenti divisivi, ad esempio la Tav?

La Tav non è affatto un argomento divisivo, noi siamo contrari, abbiamo un’opinione politica molto strutturata. Quello che abbiamo fatto – che è stato più che altro un servizio al paese – è stato che, anziché prendere una posizione ideologica, abbiamo voluto fare un approfondimento con un’analisi costi benefici, per dare delle motivazioni che non fossero di parte agli italiani, per cui quell’opera non andava realizzata.

Se fosse stata richiesta l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per truffa, concussione, corruzione, non si sarebbe neanche discusso, si sarebbe votata l’autorizzazione a procedere. Si è invece discusso perché quella fattispecie rappresentava per noi una novità, su cui determinare un precedente.

Alcuni attivisti però hanno visto questa mossa come un pilastro M5S che è venuto meno. Non pensa che abbiano ragione a sentirsi traditi?

No, penso che chi si sente tradito abbia subito il martellamento mediatico su Salvini: autorizzazione a procedere sì o no. Così è stato posto mediaticamente il tema.

Chi sostiene questa tesi non conosce la differenza tra il reato di un cittadino comune e un presunto reato commesso nell’esercizio delle proprie funzioni.

Questa differenza non era mai stata sottolineata dal Movimento Cinque Stelle quando si criticava l’immunità agli altri parlamentari.

Appunto, perché l’immunità è stata usata per difendere gente dai processi che non avevano nulla a che fare con il loro mandato. Parlo di Nicola Cosentino, salvato dal processo per concorso esterno in associazione mafiosa, parlo di Previti, Dell’Utri.

La spaccatura dentro il Movimento Cinque Stelle comunque c’è.

Sempre, da quando siamo nati.

Adesso anche Beppe Grillo è stato critico, ed è stato pure contestato fuori al teatro Brancaccio. Sta cambiando qualcosa?

Erano quattro persone, che avevano lasciato il Movimento da tempo.

Nel 2014, quando abbiamo perso le Europee, tutti davano il Movimento per spaccato e finito. In realtà ci siamo sempre ricompattati e siamo andati avanti.

Su un tema in cui la votazione è stata di 60 a 40 è normale che ci sia divergenza e che ognuno esprima dissenso o consenso, ma questo secondo me non significa nulla. Siamo abituati a subire attacchi violenti e a portare avanti battaglie delicate. Riusciremo a risalire e compattarci.

Ieri in un’intervista ha dichiarato che Salvini rischia di fare “il Renzi”. Che intende?

Nel 2014 Renzi veniva raccontato dai media come un leader talmente forte e capace che avrebbe governato 20 anni. Faceva promesse a destra e a manca. Dopo un po’ a forza di gonfiare il pallone scoppia. Si è sgonfiato malamente ed è passato dalle stelle alle stalle in pochissimo tempo.

L’impressione è che Salvini stia facendo la stessa parabola. Sta creando talmente tanta aspettativa… sarà il nome forse. Il leghista è padano, la Lega continua a non avere alcuna classe dirigente al Sud. Il fatto di imbarcare “riciclati” di Forza Italia o gente che salta sul carro del vincitore può dare consenso nel breve periodo, ma prima o poi si paga. Quella è una casta che non ha nulla a che vedere con idee e programmi. Sono meccanismi di raccolta di consenso molto opinabili.

Conferma che si candiderà di nuovo al Parlamento europeo?

Parteciperò alle primarie, da noi decidono gli iscritti.

Cosa ne pensa delle nuove regole per la scelta dei candidati, con cui si dà maggiore valore alle conoscenze e all’inglese?

Quando mi sono candidato nel 2014 parlavo quattro lingue, ero laureato in Giurisprudenza e abilitato alla professione di avvocato. Le competenze non mi mancavano allora, adesso ne ho qualcuna in più, con 5 anni di esperienza che fanno molto in un contesto europeo.

C’è anche il divieto di parlare a titolo personale con i giornalisti.

Quando si rappresenta una comunità di 11 milioni di elettori non c’è nulla di personale. Noi abbiamo tutti il compito di portare avanti un progetto.

Leggi anche: “Dovevamo essere il cambiamento. Ora siamo diventati come gli altri, se non peggio”, parla Paolo Barros, attivista M5S
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