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Home » Politica

Il leader del M5S Giuseppe Conte a TPI: “Quando smetterà Giorgia Meloni di vendere armi a Israele?”

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L'ex premier e leader del M5S Giuseppe Conte. Credit: Giulio Lapone / AGF

"Gaza? Gli italiani sanno perfettamente che esiste una sola parola per descrivere tutto questo: genocidio". In un'intervista esclusiva a TPI l'ex premier attacca il governo: "Non ha una sua politica estera: è completamente asservito alla linea oltranzista filo-israeliana di Washington. Non possiamo essere complici di questo orrore"

«Il governo italiano non ha una sua politica estera, come ce l’hanno ad esempio i governi di Spagna e Francia: è completamente asservito alla linea oltranzista filo-israeliana di Washington. Quindi si limita ad obbedire. Guarda caso oggi che Trump irrigidisce il suo atteggiamento contro Netanyahu, anche il nostro governo sta provando, maldestramente, a riposizionarsi. Ma Crosetto e Tajani dove erano nei mesi scorsi, perché solo oggi balbettano che ciò che sta accadendo a Gaza non è più accettabile?». In una lunga intervista a TPI, il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte critica il governo Meloni e l’informativa del vicepremier Antonio Tajani in merito alla situazione a Gaza, analizzando il ruolo dell’Italia sullo scacchiere internazionale.

Pedro Sanchez passa il Rubicone e definisce Israele “Stato genocida”. Il primo ministro spagnolo ha preso posizione contro Tel Aviv per quanto accade a Gaza rispondendo a un’interrogazione parlamentare. Poi è stata la volta del ministro degli Esteri britannico David Lammy,  il quale ha annunciato che il suo governo ha sospeso i negoziati in corso per un nuovo accordo commerciale con Israele. Il governo italiano non accenna a prendere posizione, anzi, al consiglio dell’Unione europea vota contro la proposta olandese di revisione dell’accordo di associazione tra l’Ue e Israele. Come giudica e come spiega questo atteggiamento?
«È una vergogna per l’Italia, perché così facendo il governo italiano si rende complice dei crimini di Netanyahu. Abbiamo ancora tutti in mente l’immagine del presidente del Consiglio e della sua maggioranza che rimangono seduti in Aula dinanzi al mio invito ad alzarsi per onorare le vittime innocenti di Gaza, al di là di ogni appartenenza politica. La Storia non perdonerà la connivenza di chi, come questo Governo Meloni, ha scelto di non usare qualsiasi mezzo pacifico per fermare la follia genocida di Israele. La spiegazione del vile atteggiamento del governo italiano è purtroppo molto semplice: non ha una sua politica estera, come ce l’hanno ad esempio i governi di Spagna e Francia: è completamente asservito alla linea oltranzista filo-israeliana di Washington. Quindi si limita ad obbedire. Guarda caso oggi che Trump irrigidisce il suo atteggiamento contro Netanyahu, anche il nostro governo sta provando, maldestramente, a riposizionarsi. Ma Crosetto e Tajani dove erano nei mesi scorsi, perché solo oggi balbettano che ciò che sta accadendo a Gaza non è più accettabile? Sono mesi che i bambini palestinesi vengono uccisi dalle bombe e dai proiettili, adesso anche dalla fame. Per questo il 7 giugno scenderemo di nuovo in piazza a Roma, perché ciò che sta accadendo a Gaza non continui ad essere ignorato e lo faremo con una piattaforma chiara e inequivocabile, che è la mozione unitaria che M5S, Pd e Avs hanno presentato in Parlamento e che la maggioranza ha voluto respingere».

Esiste secondo lei anche un motivo economico relativo al commercio di armi che “impedisce” al governo Meloni di condannare il genocidio in corso a Gaza?
«Non c’è dubbio. Ricordo che da vent’anni esiste un accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele su reciproche forniture belliche ed esercitazioni militari congiunte, è un accordo che si rinnoverà automaticamente, a meno che il governo non abbia un sussulto di lucidità e non decida di recedere per non esporre l’Italia al rischio di condanna per connivenza con i crimini di Israele. Noi chiederemo con forza al governo di non rinnovare questo memorandum».  

Alcuni giorni fa, un’unità dell’Idf ha sparato colpi di avvertimento in aria durante una visita diplomatica a Jenin, in Cisgiordania, creando panico tra i diplomatici. La delegazione era composta da 25 ambasciatori e diplomatici europei, arabi, cinesi, giapponesi, indiani e di altre parti del mondo. Coinvolto anche il vice console italiano a Gerusalemme Alessandro Tutino. Cos’altro deve accadere perché si prenda una posizione netta di condanna?
«È quello che ci chiediamo da mesi. Davanti a oltre 60 mila morti, di cui 15 mila bambini, il governo Meloni si limita ad esprimere preoccupazione e parole di circostanza. Dopo gli spari ai diplomatici Tajani ha convocato l’ambasciatore israeliano a Roma. Ma chiedo a lui e a Giorgia Meloni: tutte queste decine di migliaia di morti non erano abbastanza per chiedere conto a Israele dei suoi crimini? E soprattutto insisto: quando smetteranno di vendere ad Israele le armi che stanno perpetrando questo massacro? Quando la smetteranno di offrire copertura politica al governo di Netanyahu? Quando sanzioneranno i coloni che stanno assaltando i palestinesi di Cisgiordania?».

Crede che il posizionamento del governo italiano rispetto alla situazione a Gaza rispecchi la volontà popolare?
«Assolutamente no. Gli italiani non si stanno girando dall’altra parte, non fanno finta di non vedere come vorrebbero Meloni, Crosetto e Tajani. Sanno perfettamente che esiste una sola parola per descrivere tutto questo: genocidio. In questi due anni ci sono state centinaia di manifestazioni e di iniziative contro la mattanza dei civili a Gaza. Eppure il governo ha scelto di ignorarle perché Giorgia Meloni la testa la alza solo con i più deboli, mai con i potenti. Ma a giudicarli, oltre gli italiani, sarà il tribunale della Storia: si sta scrivendo una pagina vergognosa per l’intera storia dell’umanità».

Due membri dell’ambasciata israeliana a Washington sono stati uccisi per mano di un terrorista. Lei ha immediatamente condannato l’accaduto. Il fatto però è la dimostrazione che la violenza genera sempre altra violenza. Come fermare questa spirale di odio?
«Quell’attentato terroristico, nella sua viltà e tragicità, dimostra che seminare odio alimenta una spirale di violenza in tutto il mondo. A fare le spese delle politiche criminali di Netanyahu sono gli ebrei in ogni angolo del mondo. Con questa condotta genocida e la mattanza di donne e bambini, Israele sta facendo un favore ad Hamas – consegnando fette di popolazione alla causa delle armi. Non possiamo essere complici di questo orrore, l’Italia si sta macchiando del sangue che scorre da due anni tra le macerie di Gaza».

Quale dovrebbe essere secondo lei l’atteggiamento dell’Europa nei confronti di Trump e dei suoi intenti rispetto alla Striscia di Gaza e dei suoi rapporti con Israele?
«L’Unione europea dovrebbe lanciare un chiaro messaggio a Washington ribadendo con forza la necessità di rispettare le risoluzioni dell’Onu sulla soluzione dei due Stati, passando subito dalle parole ai fatti con il riconoscimento dello Stato di Palestina come decisione presa a livello Ue. Altra cosa da fare, e su questo pare che qualcosa si stia muovendo, è la sospensione dell’accordo di associazione tra Israele e Ue per violazione dell’articolo 2 sul rispetto dei diritti umani: è scandaloso che anche su questo il nostro governo sia contrario alla maggioranza che si sta formando a livello europeo».

 Abbiamo in Italia un problema di stampa “allineata” con le posizioni del governo che censura cosa accade a Gaza?
«Dal silenzio sugli orrori di Gaza al continuo martellamento sulle chance di vittoria militare dell’Ucraina, viviamo tempi in cui informarsi è sempre più complicato. Tanto più che il sistema mediatico è spesso connivente con gli interessi privati di apparati di potere che, al di fuori dei circuiti democratici, orientano pesantemente le scelte in politica interna ed estera. Per chi non si accoda e preferisce una coscienza critica alla critica delle coscienze, spuntano invece etichette di comodo e criminalizzanti: “filo-putiniani”, “antisemiti”, “pacifinti” – tutti coinvolti, dal manifestante al Santo Padre. E così oggi, quando l’orrore di Gaza non può più essere seppellito sotto il pesante manto dell’ipocrisia, in tanti saltano sul carrozzone della pace e della condanna del genocidio. Ma dalla parte “del torto” c’eravamo seduti noi e pochi altri perché – per dirla con Brecht – tutti gli altri posti erano già occupati. E questo i cittadini lo sanno bene, come pure sanno dove sta la coerenza: basta scansare questo inverecondo balletto di ipocrisie».

Per l’ennesima volta, mentre i leader dei Paesi europei e Zelensky si confrontavano con Trump sulla guerra in Ucraina, l’Italia non c’era. L’Italia ha ancora un ruolo in Europa?
«
Contrariamente alla propaganda sul protagonismo dell’Italia sullo scenario internazionale, i fatti dimostrano che l’Italia è ormai considerata dagli altri leader europei un Paese di serie B in quanto ridotto a Paese-satellite di Washington che è quindi inutile consultare e coinvolgere. Dopo essere stata emarginata e umiliata a livello intenzionale, Meloni sta ora cercando disperatamente di uscire dall’angolo per riabilitare la sua immagine personale. Ma la politica estera non è un social dove basta una bella foto e qualche like. Il prestigio internazionale si misura sui risultati concreti a beneficio della nazione che si rappresenta. A uscire dall’angolo devono essere gli interessi dell’Italia e degli italiani, che Meloni invece sta sacrificando a vantaggio degli interessi dei produttori americani di gas e di armi a cui ha promesso enormi affari con i soldi degli italiani. Tradotto per i cittadini: bollette più care e miliardi sottratti a sanità, istruzione e welfare». 

Nuovo pacchetto di sanzioni contro Putin mentre per Netanyahu ancora nulla. Esiste un doppio standard europeo?
«Chiaramente sì ed è una macchia che rimarrà sull’Europa, che ha giustamente sanzionato le violazioni russe del diritto internazionale, ma sta vigliaccamente rimanendo inerte sui crimini di Netanyahu: il suo governo di fanatici estremisti che predicano il genocidio meriterebbe di subire durissime sanzioni economiche, commerciali e diplomatiche. Ricordo che come M5S più volte abbiamo chiesto al governo italiano di richiamare il nostro ambasciatore a Tel Aviv in segno di ferma protesta contro gli incessanti crimini di guerra e non sono riusciti a fare nemmeno quello. Il Governo Meloni rischia di lasciare strascichi pesanti: l’idea che il diritto internazionale sia un “menu à la carte”, dove a seconda delle circostanze e dei soggetti coinvolti, puoi applicare le regole più convenienti. Duro e inflessibile con i tuoi nemici, benevolo e indulgente con i tuoi amici, anche se sono criminali come Netanyahu o Almasri».

Esiste secondo lei una fragilità nella maggioranza di governo che inizia a vedersi rispetto alle politiche estere sui fronti “caldi” (Gaza, Ucraina)?
«Questa maggioranza è tenuta insieme dal potere. E questo purtroppo è un collante potente. La Lega sbraita sul riarmo e si finge pacifista, poi però si allinea e preme sempre tasto verde ad ogni provvedimento bellicista del governo. Su tanti dossier decisivi della nostra politica estera Tajani ha una linea e Meloni un’altra. Però quando si tratta di trovare decine di miliardi in una notte per il riarmo sparisce ogni divisione, gli animi si rasserenano e chissà perché non succede lo stesso quando i fondi vanno trovati per la sanità, la scuola, i salari e i trasporti».

Ci dice, francamente, quali sarebbero state le sue azioni se fosse ancora premier?
«Su Gaza avrei disposto, non oggi ma già dalle prime evidenze sui crimini di Netanyahu, la sospensione di ogni accordo di cooperazione militare con Israele: quindi stop a qualsiasi fornitura residua di materiale bellico verso Israele, anche se relativo a vecchi ordini, e a qualsiasi contratto di acquisizione di tecnologia militare israeliana, così come a qualsiasi attività di addestramento militare congiunto. Avrei chiesto al Consiglio europeo l’adozione di un pesante pacchetto di sanzioni Ue contro Israele e nel frattempo avrei richiamato il nostro ambasciatore a Tel Aviv e dichiarato formalmente il riconoscimento italiano dello Stato di Palestina.
Sull’Ucraina, dopo aver sostenuto un primo invio di armi per garantire a Kiev il diritto di difendersi, avrei subito rinnegato la folle strada della soluzione militare a favore di quella negoziale, proponendo Roma come sede di trattative di una nuova conferenza sulla sicurezza europea, una nuova Helsinki: avrei inviato mediatori invece che armi. Se il primo negoziato del 2022 non fosse stato lasciato cadere, come chiedevamo noi, sicuramente l’Ucraina avrebbe potuto spuntare condizioni ben più favorevoli di quelle che si prospettano oggi. Ora questo negoziato arriva troppo tardi, a guerra persa, visto il prevedibile fallimento della strategia bellicista occidentale. La Russia oggi ha un potere negoziale ben superiore e Kiev viene messa dinanzi a condizioni molto dure. Dobbiamo concentrare gli sforzi per ottenere un compromesso onorevole per tutelare al meglio l’Ucraina. Non sarà affatto facile. Ma l’alternativa sarebbe il prosieguo di una guerra che condannerebbe l’Ucraina a perdere altri territori se va bene, a perdere del tutto la sua indipendenza se la Russia decidesse di andare fino in fondo». 

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