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Home » Politica

Fassina a TPI: “Confindustria chiede soldi a pioggia, poi si lamenta quando il governo aiuta i poveri”

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Stefano Fassina Credit: Lara Tomasetta

Gli Stati Generali dell’economia sono stati “turbati” dalla polemica tra il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi e il premier Giuseppe Conte. Gli industriali chiedono all’esecutivo l’immediata restituzione dei 3,4 miliardi di accise sull’energia già pagate e dichiarate illegittime da una sentenza della Cassazione, lo attaccano per i ritardi nell’erogazione della cassa integrazione, e soprattutto invocano più risorse per ripartire.

Una posizione non condivisa da Stefano Fassina, economista, già Viceministro dell’Economia e delle Finanze nel Governo Letta, oggi parlamentare: “È giusto che il Governo raccolga il grido di dolore che arriva dalle imprese – spiega a TPI – tuttavia nelle posizioni espresse dal presidente di Confindustria c’è un eccesso di corporativismo, perché chi governa in una situazione così difficile deve guardare all’interesse generale del Paese, deve provare a soccorrere una pluralità di interessi e di segmenti del mondo imprenditoriale e la fascia di imprese rappresentata da Confindustria, ovvero le imprese più grandi, sono di gran lunga quelle che hanno già preso la fetta più grande della torta. Mi riferisco ai quattro miliardi di Irap dati a pioggia, che sono più delle accise che dovrebbero essere restituite; mi riferisco alle garanzie miliardarie date anche a società che hanno sede nei paradisi fiscali. Di questo Bonomi dovrebbe tener conto. Insomma, è vero che i limiti da rimuovere sono tanti, ma bisogna rimuoverli con un criterio”.

Mi stupisce che il presidente di Confindustria si lamenti di ‘distribuzione a pioggia’ quando riguarda i morti di fame – continua il fondatore di ‘Patria e Costituzione’ – ma va tutto bene quando si elimina il saldo 2019 e l’acconto Irap anche a chi ha aumentato i suoi profitti, per questo ho presentato un emendamento per limitare l’intervento sull’Irap alle imprese che hanno avuto un calo di fatturato nei mesi di marzo e aprile come è previsto per il contributo a fondo perduto a sostegno del reddito di altre categorie di attività economiche: con quei risparmi vorrei soccorrere tanti interessi che per accontentare l’associazione dei grandi industriali sono stati dimenticati dal Governo, come le migliaia di famiglie alle quali abbiamo dato soltanto quattrocento euro per due mesi, famiglie che non possono più pagare l’affitto e rischiano lo sfratto. Insomma, al netto delle enormi difficoltà che hanno avuto le imprese, chi rappresenta una parte della classe dirigente del Paese dovrebbe relativizzare quelli che sono i suoi interessi di parte in un contesto in cui il colpo lo hanno subito tutti”.

Durante il lockdown quasi due milioni di italiani hanno scoperto lo smart working, il 90% di loro non lo conosceva e ha dovuto cambiare in parte il suo stile di vita e il suo approccio al lavoro. Gli uffici pubblici, le grandi, medie e persino le piccole imprese hanno a loro volta sperimentato un sistema per loro nuovo, già utilizzato da tempo in molti Paesi europei ma poco in Italia. C’è chi lo vede come una grande opportunità di modernizzazione e chi invece teme che questo possa portare a un’ulteriore precarizzazione del lavoro.

Per Fassina, che già in passato aveva sottolineato come nel mondo del lavoro fosse in atto un grande cambiamento, tutto dipenderà da come il nuovo modello sarà accompagnato: “Ovviamente dipende da come verrà fatto, da come verrà applicato e da quali attività coinvolgerà: ci sono ambiti in cui lo smart working può migliorare sia la qualità del lavoro per il dipendente sia la produttività, altri ambiti in cui può essere una fonte ulteriore di sfruttamento e altri ancora in cui semplicemente non va utilizzato, come la scuola. Penso che il lockdown ci abbia catapultati velocemente in una nuova fase storica, una fase storica iniziata già da molto tempo ma che ha subito una fortissima accelerazione”.

“Questo è un momento decisivo in cui il legislatore e le parti sociali devono confrontarsi per arrivare a una regolazione che possa coniugare in modo virtuoso i diritti dei lavoratori e produttività in un quadro completamente diverso da quello che ci siamo lasciati alle spalle, ovvero quello precedente la pandemia. Tutto questo può essere una grande opportunità, ma servono nuove norme adatte a questo nuovo scenario; il cambiamento del sistema produttivo è già in atto, è inevitabile, e non va delegittimato oppure ostacolato: in questi giorni ho sentito parlare di ‘vacanza dei lavoratori’ del pubblico impiego, chi lo ha detto non ha compreso la sfida che abbiamo davanti e la portata di questo cambiamento”, conclude Fassina.

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