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L’affossamento del Ddl Zan al Senato apre la corsa di Casini al Quirinale

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Se c’è uno che può festeggiare per quanto accaduto ieri in Senato è Pier Ferdinando Casini. Perché ieri è “ufficialmente” partita l’operazione Casini per il Quirinale. Il centrodestra sta già lavorando ad un asse con Italia Viva e i centristi. Pd e 5 Stelle di questo passo non toccheranno palla.

Il ddl Zan è stata soltanto la prova generale perché il tema dei numeri si riproporrà pari pari quando dopo le prime tre votazioni Silvio Berlusconi capirà di non avere i numeri per realizzare il suo sogno. A quel punto, se i partiti tutti uniti non saranno riusciti a far eleggere al primo turno Mario Draghi, il centrodestra che ieri, diversamente dal centrosinistra, ha dimostrato di essere compatto potrebbe facilmente trovare un’intesa con Italia Viva e il gruppo misto per prendersi il Quirinale.

Mercoledì prossimo, intanto, si terrà una riunione del gruppo PD del Senato per fare il punto sul ddl Zan. C’è chi vuole un chiarimento interno, ma è tutto il fronte rosso-giallo, che aveva puntato a respingere l’assalto sulla “tagliola” al Ddl Zan, che dovrà a questo punto interrogarsi sulle prossime battaglie, soprattutto sulla “madre di tutte le battaglie”, quella del Quirinale.

Giuseppe Conte ed Enrico Letta ne hanno parlato anche nella recente colazione di lavoro che però non è servita a granché. Conte “regna ma non governa” nel Movimento 5 Stelle, non controlla i parlamentari, non porta mezzo voto in più in campagna elettorale e nel M5s non lo ascolta quasi nessuno mentre Enrico Letta seppur reduce dal successo delle elezioni amministrative non ha ancora una strategia degna di questo nome per strutturare il campo largo del centrosinistra con Calenda, Renzi e grillini che preferiscono andare in ordine sparso anziché finire a fare i cespugli del Pd.

E lo faranno almeno fino all’elezione del prossimo capo dello Stato. Poi quando si avvicineranno le elezioni si vedrà. Intanto, sia Letta che Conte devono incassare la “sberla” del Senato sul ddl Zan. La preoccupazione (o per meglio dire il terrore) è che con la mossa di ieri vada a farsi benedire proprio quel “campo largo” che i due stanno faticosamente cercando di costruire.

E che Matteo Renzi freghi ancora una volta tutti e due: l’altra volta portando Draghi a Palazzo Chigi (né il PD né i 5 Stelle lo volevano) e stavolta portando Pier Ferdinando Casini al Quirinale (che negli ultimi anni è stato uno degli uomini più vicini e più ascoltati dal leader di Rignano). Casini, guarda caso, per tutta la giornata di ieri si è ben guardato dal proferire parola su quanto accaduto in Senato.

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