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Caso 007-autogrill, la versione di Renzi: “Credo alla storia della prof come a Paperinik”

Così, contestando le ricostruzioni di Report, l’ex premier è riuscito a spostare l’attenzione dal suo incontro con lo 007 a una prof di storia dell’arte

Prima la professoressa era sedicente (L’aria che tira, Myrta Merlino, 3 dicembre). Poi l’esistenza e il nome della professoressa (non più sedicente, all’evidenza), Matteo Renzi ed i suoi legali lo conoscevano da 15 giorni (Non è l’arena, 11 dicembre).

S&D

Però il 25 novembre Renzi fa professione di sarcasmo. Intervistato da Marco Castelnuovo sul Corriere della Sera dice: «Credo alla signora dell’autogrill? Sì, come credo a Paperinik e come credo che il segreto di Stato lo abbiano messo sul Camogli».

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Poi «Io non ho minimamente denunciato la professoressa. Ho detto: mi dite la verità su quello che è accaduto? Io non ho nulla da temere. Ma io posso dire che c’è qualcosa che non torna? Posso dire ad alta voce che non è normale che si sia messo il segreto di Stato su questa storia? Posso dire che qualcosa non torna se Report dà quattro versioni diverse? Io non voglio fare alcun tipo di polemica con questa signora» (sempre Non è l’arena, 11 dicembre 2022).

Salvo poi scoprire che il senatore di Italia Viva ha «presentato una denuncia di 39 pagine al comando dei carabinieri del Senato in cui spiega perché questa storia non sta in piedi manco con gli stecchetti. Se la professoressa realmente era lì, ci saranno le telecamere che lo dimostreranno. Se le registrazioni delle telecamere sono state clamorosamente cancellate, allora ci saranno le celle telefoniche attaccate alla zona dell’autogrill. Se il padre della professoressa stava male, e per un ora e venti andava in bagno, al suo posto io avrei parcheggiato accanto al bagno e non a cento metri! Questa storia non sta in piedi!»: questo a Omnibus, il 15 dicembre.

Non solo: «L’avvocato della signora (quella verso cui Renzi non vuole fare polemica, ndr) dice una balla spaziale. Intanto io con l’avvocato non ci vado a giocare a burraco. Poi è l’avvocato difensore di una signora che deve rispondere in un tribunale. Allora che cosa ho fatto io? Siccome tengo alle istituzioni ho dato incarico ad un legale e ad un consulente tecnico. Il legale cosa farà? Il legale farà un esposto in cui ricostruiamo tutti i fatti e andiamo a chiedere al pubblico ministero che si occupa della questione che faccia luce su determinati punti perché noi siamo parte civile. E in queste indagini volentieri incontriamo la professoressa».

Sempre a Omnibus, davanti a Francesco Verderami e Silvia Tortora, l’ex presidente del Consiglio, ribadisce: «Non insisterei se non fossi assolutamente certo che nei prossimi mesi qualcuno verrà e dirà: caspita, aveva ragione Renzi quando si parlava di Mancini».

Insomma Matteo Renzi proprio non ci crede che sia stata una casualità. Né crede alla curiosità di una professoressa di storia dell’arte che si fa cronista.

La professoressa, essendo ferma all’autogrill per assistere il padre malato e che ha bisogno del bagno per un periodo di tempo lungo, avrebbe osservato con diffidenza «l’abituale» colloquio tra il vicecapo dei servizi di sicurezza Marco Mancini e il capo di Italia Viva.

Il quale neppure crede alle «quattro differenti versioni» che Report prima e la stampa dopo forniscono della vicenda. Né alle foto, scattate, secondo le ricostruzioni di Renzi, da posizioni differenti e incompatibili con la distanza che avrebbe dovuto tenere: «Ma quando mai – dice il senatore – una sta a otto metri da quattro agenti di scorta, filma e nessuno se ne accorge?».

Secondo quello che oramai l’ex presidente del Consiglio ripete ovunque , «la vicenda avviene in un momento delicato, c’è la crisi del Governo Conte. Mancini (come avviene abitualmente, come già avvenuto con Conte, Di Maio, Salvini) chiede un incontro. Dobbiamo incontrarci a Palazzo Giustiniani (nel palazzo che fu della massoneria del Grande Oriente e che oggi ospita i senatori a vita e gli ex presidenti del Consiglio, ndr) però mi dimentico dell’appuntamento. Tramite le scorte decidiamo di incontraci per strada».

Siamo in pieno lockdown, è il 23 dicembre del 2021. E in effetti, si incontrano per strada, all’autogrill di Fiano Romano.

Sempre Renzi a Marco Castelnuovo del Corriere: «La ricostruzione che fa Report cambia quattro volte. Prima il dirigente dei servizi aspetta per 40 minuti ed è spazientito. È un losco figuro, secondo la testimone, che lo ha capito per come è vestito: in giacca e cravatta. Arriva la macchina di Renzi e si trattiene per altri 40 minuti. Un’ora e venti. Il padre della testimone sta in bagno, mentre la signora filma. Ma è al momento della ripartenza che cominciano le cose non chiare».

Secondo Renzi, infatti, la prima versione di Report indica che le macchine ripartono in direzione opposta, cosa impossibile perché l’uscita dall’autogrill ha una sola direzione.

Nella seconda versione, le macchine prendono la stessa uscita e partono insieme, ma la testimone, rimasta all’autogrill, riesce a vedere che la macchina di Mancini gira al casello, che però si trova 800 metri dopo.

La terza versione riferisce che la signora, mentre prende una camomilla, vede Mancini salutare Renzi, già seduto in macchina, e riesce ad ascoltare lo 007 che dice all’ex premier: «Sa dove trovarmi». «Ma ci vorrebbe un orecchio bionico», osserva Renzi.

Nella quarta, dice il senatore, «casca l’asino»: perché la signora si troverebbe addirittura in autostrada avanti a lui, due chilometri oltre, mentre la macchina del senatore la sorpassa.

La signora deduce che Mancini abbia preso la direzione opposta, tornando a Roma. «Sherlock Holmes le fa un baffo, a sta sedicente professoressa», commenta Renzi mentre presenta il suo ultimo libro. Una strana storia davvero. Soprattutto per Renzi, che ha sporto querela (contro chi?) per violazione del segreto di Stato. Un reato che secondo il senatore fiorentino prevedrebbe una pena di 24 anni di carcere.

Ma è anche questa una forzatura renziana, perché la norma non prevede un limite massimo, che si ricava dalla norma generale dell’articolo 23 del codice penale, ma solo una pena limite di 5 anni.

La cosa veramente grave che Renzi dice tra le righe, sotto le metafore e le allusioni cui ci ha abituato, è che Mancini gli riferisce delle cose «a ciò autorizzato dal suo capo». Ma tutti ricordano che la delega dei servizi segreti non fu mai attribuita da Conte, che se la tenne ben stretta.

Dietro la professoressa, dietro l’autogrill, pare davvero che ci sia ben altra lotta di potere, altre questioni, altre ruggini, altri giochi.

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