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Il pugno di Will Smith è ingiustificabile: esprime solo la violenza di una maschilità patriarcale

Immagine di copertina

C’è dentro tutto quello che si può dire sulla mascolinità patriarcale da smantellare nella reazione di Will Smith durante la serata degli Oscar, quando ha deciso di mollare uno schiaffo in diretta mondiale al comico Chris Rock, colpevole di avere fatto una battuta sconveniente sulla moglie di Smith.

Qualche appunto, per quello che serve, utile a puntualizzare la diversità tra Usa e Italia. Da quelle parti la maschera dei benpensanti negli spettacoli comici e di stand up è caduta da un bel pezzo: la satira è una cosa serissima che può permettersi di pungere fregandosene di quelli che benpensano.

Nella flagranza della reazione di Will Smith c’è tutta la tossicità di una mascolinità costruita per dominare e sentirsi importanti. Smith, come accade spesso a tanti uomini, si è sentito giustificato nel suo ruolo di patriarca, restauratore dell’ordine, custode delle virtù e dell’onore delle donne (soprattutto di quelle che considerano “loro”).

L’uomo che ha l’onere e l’onore di difendere “la famiglia” legittimando la risoluzione di conflitti attraverso la forza e esponendo la violenza per riaffermare la virilità e per ripristinare l’onore che si considera “perduto” è quanto di più lontano dallo sforzo degli Oscar di questi anni di risultare “politicamente corretti” con un trucco di facciata che vorrebbe adattarsi a un mondo di diritti finalmente in evoluzione.

Perfino le lacrime di Will Smith rientrano perfettamente nel canone dell’uomo che cerca di giustificarsi, chiede perdono, si spinge perfino a chiedere pietà passando dalla violenza al batuffoloso pentimento in men che non si dica.

Ci sono poi le reazione: l’Accademia che decide di essere complice, il pubblico in sala che applaude convinto di avere appena assistito a un’imponente fiction in cui l’aggredito è solo una pedina funzionale alla narrazione e infine la discussione sui giornali e social che perfino empatizza con l’aggressore. «Dovresti pensare a cosa avresti fatto tu?», chiedono i giustificatori incalliti che si riconoscono nella virilità a suon di schiaffi. E non c’è domanda più vomitevole e comoda: dovremmo chiederci cosa sia giusto.

Forse dovremmo chiederci perché in tutta questa storia sia scomparsa Jada Pinkett che viene citata di passaggio al massimo come “moglie di”, come sempre accade nelle dinamiche di maschi che si affrontano come galli.

Lo so, lo so, che qualcuno leggendo questo pezzo storcerà la bocca poiché Will Smith è stato l’uomo che vorrebbe essere. È normale, tranquilli. Altrimenti il patriarcato non sarebbe il problema che è.

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