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Una domanda scomoda sui contagi e Borrelli va in tilt: “Chiudiamola qui”

Immagine di copertina
Silvio Brusaferro dell'Iss con il capo della Protezione civile Angelo Borrelli (D), Roma, 7 marzo 2020. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Una domanda scomoda sui contagi e Borrelli va in tilt: “Chiudiamola qui”

Il suo punto quotidiano era già uno spettacolo spesso desolante, e pieno di comicità involontaria: pause, silenzi inspiegabili, borbottii, prolissità indicibili. Ma stasera, se possibile, il capo della Protezione civile Angelo Borrelli ha fatto di meglio, rispondendo su un punto cruciale, con uno sproloquio imbarazzato e confuso (lo riproduco in modo letterale tra breve perché non ci si crede). Quindi, dopo aver ricevuto un invito da qualcuno non visibile nell’inquadratura (chi?) tronca tutto: “Chiudiamola qui”.

Ecco i fatti. Dopo aver ricevuto una – dico una – domanda scomoda durante la sua abituale conferenza stampa delle 18.00, Borrelli va letteralmente in tilt, reagisce in modo scomposto, inventa una scusa puerile per eludere il quesito. Il collega – Marco Sabene del Tg2, lo ringrazio a nome di tutti – aveva chiesto cortesemente nei toni, ma con fermezza nella sostanza, come ci si potesse fidare dei dati della Protezione civile, se i numeri (lo aveva detto lo stesso Borrelli in una intervista a La Repubblica) non erano del tutto attendibili. Sabene infatti fa al capo della Protezione civile la domanda che tutti gli italiani si pongono: “Ma noi cosa veniamo a fare qui tutti i giorni alle 18.00 se poi come lei ha spiegato, i dati non sono dati reali? Lei ha detto che i contagi reali riguardano, seicentomila persone”. Borrelli sbianca.

I numeri dovrebbero essere il suo pane quotidiano, soprattutto se è stato lui a farli, in una intervista ( per giunta non smentita) invece rimane di stucco: prima prova a sorridere, poi imbarazzato cerca di abbozzare una risposta, si incarta e si impappina. Quindi spiega che deve interrompere la conferenza stampa. Prima di andarsene, però, ci regala questa perla in Borellese puro per spiegare (si fa per dire) quello che aveva detto a La Repubblica con parole sue: “…Assolutamente, la mia risposta era nell’ambito in un discorso più ampio… si parlava di possibili casi positivi aisimtomatici, io ho chiarito che ci sono diverse idee, che qualcuno addirittura dice di più o di meno, io ho fatto solo un ragionamento, ho detto: potrebbe anche essere, non ho detto che è quello il valore. Quindi non ho detto io… è un discorso empirico che viene dal fatto che, anche tra i miei collaboratori tre che lavorano qui con me, sono risultati casi positivi e assolutamente asintomatici. Era un discorso fatto di carattere e… generale”

Ed ecco che a questo punto si arriva all’ultimo mistero. Borrelli si pianta lasciando la frase incompiuta. Capisce di aver detto troppo, e malissimo. Chiede se qualcuno ha altre domande, poi riceve un suggerimento e addirittura lo ripete ad alta voce senza capire che l’imbeccata era solo per lui, come se fosse una battuta finale: “Chiudiamo qui…”. A questo punto se ne accorge e ripete ancora la frase, stavolta nel modo giusto: “Ah, chiudiamola qui, perché sta per parlare il presidente del Consiglio”. Una trovata imbarazzante, visto che Conte ha parlato ben quindici minuti dopo di lui. Nel frattempo la diretta non si interrompeva e il dibattito con il giornalista nella sala continuava ad essere trasmesso, anche se il collegamento era (inspiegabilmente) senza audio. Borrelli in piedi, incerto, sembrava indeciso se andarsene o restare. Poi tutto finisce, e solo dopo diversi minuti arriva la diretta Conte.

Fino ad oggi il capo della Protezione civile aveva colpito tutti per la sua nota tortuosità, i suoi bizantismi, per le note supercazzole in codice cifrato con cui – insieme ai suoi ospiti – spesso dribblava qualsiasi quesito di sostanza. Ieri, evidentemente, anche i trucchi maldestri del funzionariese non sono bastati al numero uno della macchina dei soccorsi. Ora, io so bene di avere aspettative molto alte: in una emergenza di questo tipo, chi coordina una macchina così importante, dovrebbe essere una figura carismatica a metà strada tra Albert Einstein, Rambo e Alberto Angela: uno cioè che capisce decide, spiega, e – soprattutto – uno che sa fare. Capisco che questo sia un sogno. Ma dopo stasera siamo da tutt’altra parte, a metà strada tra l’apologia del burocrate ignoto, Forrest Gump a Palazzo Chigi e la commedia (involontaria) all’Italiana. A volte, se non si sa come nascondersi, sarebbe meglio non farsi vedere proprio. E soprattutto: in queste ore i giornalisti hanno il diritto e il dovere di fare le domande, anche le più imbarazzanti. Chi rappresenta le istituzioni, a maggior ragione in un momento di emergenza, ha il dovere di rispondere, sempre e comunque. Se non sa farlo se ne va. Sopratutto se – come è evidente – il danno non è irreparabile.

 

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