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“Ministra Grillo, ecco perché mia figlia immunodepressa rischia la vita se gli altri bimbi non sono vaccinati”

Immagine di copertina
Roberta, Rosario e la piccola Viola.

Viola ha tre anni e un trapianto di fegato alle spalle. A settembre andrà all'asilo, ma il rischio che contragga malattie stando a contatto con bambini non vaccinati è molto alto. Come lei tanti altri, perciò un gruppo di madri ha lanciato una petizione

Viola ha tre anni ma festeggia il compleanno due volte l’anno. Il giorno della sua nascita, a febbraio, e quello della sua rinascita, a ottobre, quando ha avuto quel trapianto di fegato che le ha cambiato la vita.

S&D

Che le ha salvato la vita. A pochi mesi, dopo le insistenze dei genitori, le viene diagnosticata l’atresia delle vie biliarie, malattia che colpisce il fegato e lo distrugge in poco tempo.

La cura è una soltanto: il trapianto. A otto mesi subisce l’operazione, dopo un calvario che aveva visto i gentori Roberta e Rosario dannarsi per i corridoi sterili e freddi degli ospedali piemontesi.

Poi la vita nuova, ma Viola è più delicata degli altri bambini della sua età, a causa di quel sistema immunitario troppo fragile. Il rischio che si ammali è sempre molto alto.

A settembre Viola andrà all’asilo e potrebbe finire a contatto con bambini non vaccinati. A quel punto la sua vita sarebbe di nuovo in pericolo, nonostante i salti mortali della madre Roberta che – pur spendendosi per assicurarle una vita il più possibile normale – fa di tutto per proteggerla dalle insidie di contagio, sempre dietro l’angolo.

È per questo che, insieme ad altre mamme di bambini affetti da malattie al fegato, ha deciso di iniziare la sua battaglia per i vaccini. Con coraggio e determinazione, per la piccola guerriera Viola e per tutti gli altri, perché, come dice lei, “anche se non lo capiscono, rischiano anche i figli dei no vax“.

Abbiamo intervistato Roberta. In sottofondo, la voce di Viola felice: “Le ho portato un peluche, è esaltatissima”. Sorride, Roberta, mentre ci racconta la loro battaglia quotidiana per una vita normale. Roberta è tra le promotrici di una petizione che ha come obiettivo quello di sollecita il governo a far rispettare l’obbligo dei vaccini.

“Non ci importa niente della politica – ripete Roberta –  vogliamo solo che i nostri bambini siano tutelati”.

Partiamo dall’inzio: quale è la storia di Viola?
Viola è nata come una bambina normalissima e tutto ci faceva presupporre che stesse bene, ma c’era quel sentore di madre che mi faceva sospettare qualcosa. Mangiava tantissimo ma cresceva poco, pochissimo. Abbiamo inziato a chiederci che cosa non andasse.

All’ospedale di Casale Monferrato mi hanno detto che la bambina non aveva assolutamente niente, ma quando abbiamo insistito per fare gli esami, abbiamo scoperto che Viola aveva la bilirubina – l’indice che dice quanta bile c’è nel sfegato – a sei, quando dovrebbe essere tra zero e uno.

Da quel momento è iniziato il nostro calvario. Ad Alessandria, il primario di pediatria, gastroenterologo, ci ha detto che Viola era affetta da atresia delle vie biliari. Questa malattia rende il fegato cirrotico, fino a farlo morire.

Viola stava sempre peggio. Abbiamo passato mesi in una stanza di ospedale, lontani da casa, a Torino. Ti cade il mondo addosso, perché non sai come fare quando ti parlano di trapianto, interventi, sondino per farla mangiare e terapia intensiva.

Viola, come tanti altri bambini che hanno questa malattia, non dormiva più. Al massimo due ore in tutto il giorno. E io con lei. Passavo le ore a passeggiare su e giù per i corridoi dell’ospedale, sola. Itanto Viola stava sempre peggio, non riusciva ad alzare più le gambe né a muovere la testa.

Poi è arrivato il giorno del trapianto. Com’è cambiata la vita di Viola?
Viola è rinata. Dopo il trapianto è stata tutta un’altra vita. Il trapianto non è una passeggiata, ma è la luce in fondo al tunnel. È una speranza di vita, è la speranza che Viola domani possa avere una famiglia sua e una vita normale.

Parlo della storia di Viola, ma è quella di tutti i bambini affetti da malattie al fegato. La sua vita non sarà mai normale, ma farò di tutto per fare in modo che lo sia il più possibile.

La ministra della Salute Giulia Grillo ha proposto di mettere i bambini immunodepressi in classi di soli vaccinati.
È una cosa assurda. Mi dispiace informare la ministra che forse non sa, essendo un medico legale, che i virus non conoscono porte, non riconoscono i bambini sani da quelli malati. Trovo anche assurdo che mia figlia malata venga ghettizzata in questo modo. Il prossimo passo qual è? Le mettiamo una stella al petto con scritto immunodepressa?

Partiamo sempre dal presupposto – e questo lo sottolineo sempre – che a noi, come madri, non interessa nulla della politica. A noi interessa solo che i nostri bambini vengano tutelati. E metterli nelle classi di bambini vaccinati non è affatto una tutela: mia figlia andrà in bagno, andrà in luoghi comuni dove ci sono altri bambini non vaccinati, a quel punto che succederà?

Quale è l’importanza di pretendere che si superi il concetto dell’autocertificazione per i bambini vaccinati?
L’autocertificazione a livello sanitario non dovrebbe affatto esistere. Io pretendo che Viola e tutti gli altri bambini come lei vengano protetti. Ma non lo dico io: è la scienza a dire che la protezione la danno i vaccini.

A me sta bene che qualcuno non voglia conoscere la storia di Viola, ma ascolti la scienza. Se ti si rompe la macchina, vai dal meccanico. Se stai male, vai dal medico. Se il medico ti dice che la soluzione è fare i vaccini, li fai. Non c’è nemmeno da discutere su questo. Trovo assurdo che venga fatta una lotta politica sulla sanità.

Noi non ci stiamo e soprattutto non ci stiamo quando a rischiare la pelle sono i nostri bambini. È di pochi giorni fa la notizia di una no vax accanita – poco furba – che vantava su Facebook di aver falsificato una autocertificazione e da un anno prendeva in giro la scuola con un bambino non vaccinato.

Ognuno può essere libero di fare ciò che vuole, ma nei limiti, finché non va a ledere la libertà di qualcun altro. Viola è una realtà che esiste e va tutelata. E come lei ci sono tanti altri bambini. Il no vax è uno che non si mette la cintura, ma non gli basta: rompe anche la tua, di cintura.

Cosa direbbe a un no vax?
Gli direi che anche i loro bambini rischiano. I rischi di non vaccinare il proprio figlio sono motlo più alti di quelli che pensa di evitare non vaccinandolo.

Io non dico che il vaccino sia una passeggiata, ma è molto più probabile prendersi un morbillo – e di morbillo si muore, purtroppo – che il rischio di avere delle complicazioni da vaccino, per le quali comunque non si muore. La febbre a 37.5 non è una complicazione.

Forse a noi viene un po’ da sorridere ascoltando queste risposte perché abbiamo davvero visto la morte in faccia per i nostri bambini. Viola non dormiva più, ma nemmeno io dormivo pensando che quella sarebbe potuta essere la sua ultima notte.

Che vuol dire per una bambina di tre anni essere immunodepresso? Com’è la vita di Viola e come è la vostra, di vita, da genitori di una bambina immunodepressa?
Noi cerchiamo di farle fare tutto quello che fanno i bambini di tre anni. Voglio che Viola possa correre nei prati come fanno i suoi amici, dividere un biscotto con loro, abbracciare un compagno di classe senza la paura che abbia passato o meno la varicella. Io questa cosa la pretendo.

Non le ho mai negato nulla, ma faccio attenzione. Se devo andare a mangiare una pizza, me la porto a casa e non vado in un locale d’inverno in cui può esserci gente anche solo con un raffreddore. Evito i centri commerciali o posti chiusi con molte persone.

Quando sono io ad avere un raffreddore o una febbre, metto una mascherina e vado a dormire in un’altra stanza. Ogni volta che viene qualcuno a casa, chiedo che si lavi le mani prima di entrare a contatto con Viola. All’inzio, dopo il trapianto, nessuno poteva venire a trovarci, nemmeno i parenti. Io dico che la nostra è una vita normale, ma non lo è. Sei sempre sull’attenti, con la paura che possa succedere qualcosa.

La nostra vita è normale per quanto possa esserlo. Dico che lo è perché oggi siamo a casa, Viola è serena, gioca e è felice. E sta bene, soprattutto. Non è la vita normale che fanno tutti i genitori. La festa di compleanno la facciamo tra di noi. In realtà ne facciamo due: a febbraio quando è nata e a ottobre quando ha fatto il trapianto e comuqne la facciamo con pochissime persone.

Questa è la nostra vita. La porti al parco, la fai giocare all’aria aperta e speri che vada tutto bene. Mi ritrovo a parlare con delle amiche che mi dicono di portare a giocare Viola con i loro figli, mi fermo e chiedo: “Ma sono vaccinati?”. Ecco: peché devo sentirmi costretta a chiedere una cosa del genere?

Se c’è l’obbligo del vaccino ci tolgono già un bel problema. Perché, è vero che le malattie possono essere contratte sempre, ma un conto è lottare contro venti malattie, un altro è lottare contro cinque.

Avete scritto una lettera e avviato una petizione. Quale è il vostro obiettivo?
Siamo un gruppo di madri accomunate dalle patologie al fegato dei nostri bambini. Ci sentiamo tutti i giorni, ci scambiamo consigli e ci confrontiamo su tutto. Così samo arrivate a parlare delle autocertificazioni vaccinali a scuola. Abbiamo pensato allora di scrivere una lettera e farci sentire.

Poi abbiamo lanciato la petizione e da quel momento è partito tutto, ma nessuna di noi pensava di trovare così tanta solidarietà.

Il nostro obiettivo è quello di smuovere le coscienze e puntare l’attenzione sulla questione dell’autocertificazione. Non sta bene a me e non sta bene neanche alle altre 63mila persone che hanno firmato la petizione.

Fino ad ora la voce ascoltata è stata solo quella dei no vax: hanno gridato in piazza e hanno fatto clamore. Adesso parliamo noi e noi siamo la voce dei nostri bambini. Visto che loro non possono gridare, gridiamo noi.

no vaxsono sempre disponibili a mandarmi a quel paese, ma non importa. Tanto comunque le loro argomentazioni vengono facilmente smontate. Non da me, dalla scienza. Un tale mi ha scritto su Facebook, dicendo di essere un medico. Mi ha detto che col trapianto non avevo fatto altro che condannare mia figlia a una vita breve e di stenti. Mi ha proposto terapie alternative, quando per questa malattia esiste solo una cura: il trapianto. L’alternativa era la morte, non c’era nient’altro.

Se avesse di fronte la ministra Grillo, che cosa le direbbe?
Io le direi che la ghettizzazione che vuole fare non funziona. I virus non riconoscono la differenza tra bambini immunodepressi e non; né voglio che mia figlia venga additata come la bambina immunodepressa. Viola ha il diritto di stare con gli altri, di vivere nella comunità come gli altri.

Ma forse non dovrei dire proprio niente alla ministra. Le basterebbe guardare i nostri bambini, che venisse a conoscerli. Le ricorderei solo che esistiamo e pretendiamo rispetto e tutela.

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