Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 04:22
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » News

Perché la nuova tassa sui money transfer fa tanto discutere

Immagine di copertina
Credit: Afp/Artur Widak/NurPhoto

La misura viene accusata di colpire gli immigrati regolari, andando contro il principio "aiutiamoli a casa loro": ecco cosa prevede e quanto si potrebbe incassare

Tra le norme contenute nel decreto fiscale collegato alla manovra è prevista una tassa dell’1,5 per cento sui money transfer, cioè sui trasferimenti di denaro furoi dall’Italia, verso Paesi non appartenenti all’Unione europea.

L’imposta, proposta dalla Lega, sarà in vigore dal primo gennaio 2019 e si applicherà a tutte le operazioni di importo superiore a 10 euro, escluse le transazioni commerciali.

Chi critica la misura l’ha definita una tassa sugli immigrati regolari con effetti discriminatori. Chi la difende sottolinea l’obiettivo di trattenere in Italia almeno una piccola quota del denaro prodotto sul territorio nazionale.

Secondo uno studio realizzato dalla Fondazione Leone Moressa, lo Stato incasserà da questa nuova tassa una cifra piuttosto bassa, pari a poco più di 60 milioni di euro. E i più colpiti saranno, come facilmente immaginabile, cittadini di origine straniera: in particolare, nell’ordine, bengalesi, filippini e senegalesi.

La Fondazione ha calcolato che nella prima metà del 2018 l’ammontare dei money transfer verso l’estero è stato di 2,7 miliardi euro, di cui circa l’80 per cento destinato a Paesi extra-europei. Per l’intero anno, si parlerebbe quindi di una cifra nell’ordine dei 5 miliardi di euro.

Attualmente i migranti che trasferiscono denaro all’estero, il più delle volte in patria, pagano già una commissione del 6,2 per cento. Chi critica la nuova tassa sui money transfer sottolinea che questa andrebbe a costituire un ulteriore peso economico per lavoratori regolari e che si rischierebbe così di andare a ingrossare i canali di trasferimento di denaro illeciti.

Inoltre, è stato sostenuto che l’imposta contraddice il principio dell’aiutiamoli a casa loro, tanto caro alla Lega. In alcuni Paesi africani o asiatici, infatti, una quota rilevante del Pil è costituita dalle rimesse di denaro provenienti da cittadini emigrati all’estero.

Della viene contestato anche, come detto, l’effetto discriminatorio. Tuttavia sembra difficile che la misura possa essere cassata come incostituzionale, visto che non si applica a una categoria specifica di individui ma a delle transazioni economiche.

Ti potrebbe interessare
Economia / Innovazione protagonista agli Asecap Days 2024
Economia / Agricoltura: un’azienda di Montalcino al terzo posto nella classifica italiana delle imprese più sostenibili
Economia / L’Area Studi Mediobanca presenta il report “Le multinazionali industriali mondiali con focus sui Gruppi della Difesa”
Ti potrebbe interessare
Economia / Innovazione protagonista agli Asecap Days 2024
Economia / Agricoltura: un’azienda di Montalcino al terzo posto nella classifica italiana delle imprese più sostenibili
Economia / L’Area Studi Mediobanca presenta il report “Le multinazionali industriali mondiali con focus sui Gruppi della Difesa”
Economia / Banca Ifis: l’utile netto del primo trimestre 2024 cresce a 47 milioni di euro
Economia / Perché gli allevamenti intensivi nuocciono gravemente (anche) alla nostre salute
Economia / Nuovi Ogm: le mani delle multinazionali della chimica sull’agricoltura europea
Economia / Egemonia alimentare: i 4 colossi che controllano il mercato della carne negli Usa
Economia / Mangia, consuma, crepa: ecco quanto vale il business (iniquo) dell’agroalimentare
Economia / Giulia Innocenzi a TPI: “Vi racconto il lato oscuro dell’industria della carne, tra lobby e politica”
Economia / Welfare d’altri tempi