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Home » News

Ecco perché anche i musulmani celebrano Gesù

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Il Corano riconosce in Gesù uno dei profeti più importanti dell'islam e lo riverisce così come la vergine Maria

Il Natale è una delle principali festività del calendario cristiano, dato che celebra la nascita di Gesù Cristo e, anche se non è quella più importante – primato che spetta alla Pasqua – è indubbiamente la più sentita dai fedeli.

Ma forse non tutti sanno che la figura di Gesù è molto riverita anche nell’islam, che si inserisce dichiaratamente nel solco delle altre due religioni monoteistiche nate in Medio Oriente, l’ebraismo e il cristianesimo, appunto, assorbendone molte delle tradizioni.

Gesù, Maria e l’arcangelo Gabriele compaiono tutti nel Corano, il testo sacro dei fedeli musulmani, rivelato dal profeta Maometto (Muhammad in arabo), così come altre figure della tradizione biblica, da Adamo ad Abramo.

Diversamente dai cristiani, i musulmani non riconoscono in Gesù il figlio di Dio, ma Isa (questo il nome arabo) è uno dei più importanti profeti dell’islam e, come per tutti i profeti, incluso Maometto (l’ultimo e il più importante), i musulmani si riferiscono a lui recitando il verso “che la pace lo accompagni”.

Secondo la tradizione musulmana, Isa è stato capace di diversi miracoli, tra cui restituire la vista a un cieco, far guarire dalla lebbra, resuscitare un morto e insufflare la vita in uccelli di terracotta.

Così come per la tradizione cristiana, Gesù è nato dalla vergine Maria. Nel Corano viene raccontata la storia della sua nascita e di come parlò dalla culla annunciando di essere il profeta di Dio.

Secondo i musulmani, inoltre, Isa tornerà prima del giorno del giudizio per riportare la giustizia in terra e sconfiggere l’anticristo, il falso messia, noto in arabo come al-Masih ad-Dajjal.

La figura di Maria, o Maryam, è altrettanto importante, tanto che le è dedicato un intero capitolo del Corano. Il testo sacro dell’islam non chiama per nome nessun’altra donna e la vergine è l’unica sulla quale il profeta Maometto abbia speso diverse parole, citandone il nome più volte di quanto non l’abbia fatto il Nuovo Testamento.

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