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Di Battista e il M5s sempre più lontani: dopo il Sudamerica se ne va in India

Immagine di copertina
Alessandro Di Battista

DI BATTISTA INDIA – In principio fu il Sudamerica. Una parentesi on the road per ricaricare le pile e fare da spalla a Di Maio dall’esterno, in attesa di prendere il comando dei Cinque Stelle nella prossima legislatura.

S&D

Sembrava un copione perfetto per il Jack Kerouac del terzo millennio, al secolo Alessandro Di Battista. Poi, però, qualcosa si è inceppato.

Il Movimento ha perso la spinta ribelle delle origini, si è piegato a una sfilza di compromessi, è diventato più “governista” della Democrazia Cristiana.

Con Dibba che, dal suo osservatorio sudamericano, assisteva sgomento e impotente a questa mutazione genetica. Rientrato alla base allarmato, il pasionario ha dovuto constatare con amarezza che gli amici e compagni di tante battaglie si erano ormai trasformati in stampelle di Salvini.

L’ultimo strappo è arrivato domenica scorsa. All’evento del M5s a Milano Dibba era atteso come ospite d’onore, ma non si è palesato.

Il motivo è molto semplice: si sente sempre più isolato. Fonti pentastellate presenti alla kermesse hanno riferito a La Stampa: “Quando il M5s ha cominciato a parlare delle ricadute negative delle uscite pubbliche di Di Battista, nessuno lo ha difeso. E non hanno nemmeno smentito gli articoli che parlavano dei ripensamenti dei vertici del M5s che consideravano controproducente la sua strategia d’assalto”.

“Anche Di Maio è rimasto gelido. Alessandro si è lamentato perché era stato chiaro, al suo ritorno dal Guatemala. ‘Se volete, vi do una mano contro Salvini e per le Europee, ma a modo mio e sui miei temi’”.

A Dibba, insomma, non restava che la via di un nuovo esilio auto-inflitto. Uno scenario che aveva già prefigurato in una puntata di Che tempo che fa, ospite dell’odiato Fabio Fazio, e che sta per diventare realtà.

Sfumata l’ipotesi Congo, l’ormai malinconico Dibba ha scelto come meta delle sue peregrinazioni l’India. Con i nervi a fior di pelle per la “salvinizzazione” del Movimento, induismo e meditazione orientale potrebbero rappresentare un toccasana salvifico.

L’era Di Maio prima o poi dovrà finire per raggiunti limiti di età grillina (10 anni, ovvero due mandati). Dibba, invece, ha ancora un lustro pieno in canna: i dissidi con i vertici pentastellati non ne hanno certo annacquato la popolarità.

Il delfino di Giggino è sempre lui, ma i tempi per un ritorno alla lotta politica non sono maturi. Ora il M5s ha bisogno di cinici manovratori di palazzo, un vestito che per il buon Dibba sarebbe peggio di una camicia di forza.

Un domani, chissà, potrebbe tornare d’attualità la sua vis grillina. Sempre che, nel frattempo, la meditazione non prenda il sopravvento e che il Simon Bolivar di Civita Castellana non si trasformi in Siddhartha.

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