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Atei contro credenti: l’Italia è davvero un paese così cattolico come si dice?

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"Meglio vivere da atei che andare in Chiesa e poi odiare gli altri", ha detto papa Francesco. Ma quanti sono oggi gli atei in Italia?

L’Italia è un paese cattolico. È una frase che continua a ripetersi, a proposito del nostro paese. L’identità cattolica e le radici cristiane dell’Italia sono sempre al centro del dibattito. Da un lato chi le difende contro la globalizzazione e la secolarizzazione dei nostri tempi.

S&D

Dall’altra che le vede come un retaggio del passato, come un ancoraggio a una tradizione sterile e pericolosa per l’affermazione delle libertà personali e dei diritti di molte minoranze e uno dei principali ostacoli al dibattito su temi etici.

L’eterna lotta tra atei e cattolici, in Italia forse è più accesa che mai. Non solo quella tra atei e cattolici, ma anche quella tra atei e “finti cattolici”.

Tanto sta facendo discutere l’affermazione di papa Francesco che ha detto: “È uno scandalo vedere persone che vanno in Chiesa, stanno tutta la giornata lì, vanno tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri, parlando male degli altri”.

Nella sua prima udienza generale del 2019 Bergoglio prende di mira senza mezzi termini come è nel suo stile tutti i credenti dalla “doppia morale”.

“Meglio non andare in chiesa, vivere come ateo”, sostiene infatti Bergoglio.

Ma quanto è vera ancora l’affermazione che l’Italia è un paese cattolico? Quanti sono i praticanti oggi?

Secondo uno studio realizzato dal Pew Research Center, la maggior parte degli europei si considerano cristiani, con circa un quarto di loro che invece dice di non aderire ad alcuna religione. Fra tutte le nazioni europee, l’Italia è ancora oggi il paese che ospita la più alta percentuale di cristiani sul totale dell’intera popolazione.

Se si prendono in considerazione coloro che nella ricerca hanno dichiarato di andare spesso in chiesa, l’Italia è il paese europeo con la fetta più ampia: sono il 40 per cento del totale. I non religiosi sono invece il 15 per cento, una delle percentuali più basse dell’intero continente europeo. I cattolici “non praticanti” si attestano invece su una percentuale simile a quella dei praticanti, circa il 40 per cento.

Se si prende in considerazione il valore mediano europeo, la percentuale dei cattolici praticanti è del 18 per cento, meno della metà di quello italiano.

Sempre secondo lo studio dell’autorevole centro di ricerca, i cattolici praticanti sono accomunati da minore tolleranza per immigrati e minoranze religiose, più alta di quella espressa da atei o agnostici.

La stessa ricerca fa emergere il fatto che cattolici praticanti e non praticanti, credono che l’Islam sia incompatibile con la cultura e i valori italiani e che l’immigrazione debba essere ridotta.

Tra coloro che nonostante una educazione cattolica si sono allontanate dalla religione, la maggior parte lo ha fatto per ragioni di disaccordo alle posizioni della chiesa su questioni etiche come aborto o sui diritti delle persone omosessuali. Altri si sono allontanati in seguito agli scandali del clero come la pedofilia.

Secondo i dati Istat, la pratica religiosa regolare nel paese interessa il 29 per cento degli italiani.

La pratica religiosa assidua continua a riguardare maggiormente la popolazione anziana (con più di 65 anni) che di quella adulta e soprattutto giovanile. Vanno in chiesa ogni domenica il 40 per cento degli anziani, rispetto al 25 per cento di persone di età compresa tra i 45 e i 60 anni. Nei giovani tra i 18 e i 29 anni la percentuale scende al 15 per cento.

L’Istituto di ricerca fa notare che dal 2006 al 2015 tra i giovani c’è stato un calo del 30 per cento tra coloro che si recavano in chiesa regolarmente.

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