Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 22:10
Pirelli Summer Promo
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Esteri

L’industria dell’erba

Immagine di copertina

Adesso che la marijuana è legale, negli Stati Uniti sorge il problema di come tutelare i consumatori e regolamentare il mercato

“Il problema dell’erba è che non è mai la stessa: per esempio, se compri la Sour Diesel (un tipo di marijuana) in un negozio e poi la riprendi in un altro, ti sembrerà di provare due tipi di erba molto differenti, anche se sono venduti entrambi sotto la stessa l’etichetta”.

S&D

Per Jon Cooper, di Denver (Colorado), è questa l’incognita che affligge l’industria americana della marijuana. Jon è uno dei tanti ragazzi del Colorado che fino a un paio d’anni girava in maglietta strappata e bermuda, sempre pronto a partecipare a ogni manifestazione a favore della liberalizzazione dell’erba. Oggi va in giro in giacca e cravatta, ha un master in business administration (M.B.A.) in mano e una start up appena creata con cui è pronto a buttarsi a capofitto nel mercato dell’erba legalizzata.

Un business ancora giovane, ma potenzialmente enorme, se si pensa che il 38 per cento degli americani ha ammesso di aver provato l’erba almeno una volta nella vita e il 7 per cento ne fa regolarmente uso. Inoltre, secondo i dati diffusi dal Marijuana Business Daily, un magazine on line nato a Denver nel 2012 per i professionisti del settore, nel 2013 l’erba ha generato negli Stati Uniti un mercato legale da 1,5 miliardi di dollari e per il 2018 si attende che il volume d’affari creato sfiori quota 6 miliardi di dollari.

Un settore che però è nato dal nulla e che ha bisogno di essere affinato, standardizzato e regolamentato in ogni aspetto: è necessario creare laboratori di certificazione, norme per le etichette, limiti alla pubblicità.

Le altre droghe legali, come l’alcool e il fumo, sono passate per un processo di standardizzazione e industrializzazione che ha reso ogni Marlboro uguale all’altra e ogni lattina di Bud uguale all’altra. Per l’erba non è ancora così, anche se inevitabilmente lo dovrà essere presto.

“In un sistema commerciale strutturato, le regole e le norme devono essere molto strette e precise”, spiega Mark Kleiman, esperto di politiche sulla droga dell’Università della California e consulente dello Stato di Washington, dove la marijuana è stata autorizzata allo scopo ricreativo nel dicembre del 2012. “Se mangi un brownie all’erba, non sei ancora sicuro di quello che stai consumando: la quantità di sostanza all’interno è veramente quella per cui lo hai pagato?”. Secondo un’indagine del Denver Post, no.

Il quotidiano della capitale del Colorado, insieme a un sito che si occupa solo di marijuana (thecannabist.co), è giunto alla conclusione che c’è ancora troppa incertezza nei prodotti a base d’erba. Ad esempio, secondo l’inchiesta, in ogni barretta a base di marijuana “Star Barz” ci sono in media solamente 0,37 milligrammi di Thc, il principio attivo alla base del potere psicotropico dell’erba, ma la dicitura sulla confezione riporta 100 milligrammi. Uno scarto inimmaginabile per qualsiasi altro settore regolamentato.

Il disordine della produzione e della vendita è lo specchio della confusione legislativa che ancora vige negli Stati Uniti sul tema della marijuana. Per il governo federale di Washington, la cannabis è tuttora inserita nella lista delle sostanze pericolose che non hanno nessun valore medico. Eppure, in Colorado e nello stato di Washington l’erba ha valore ricreativo, mentre in altri venti stati l’uso delle marijuana è permesso a scopo terapeutico.

Una dissonanza legislativa che influisce anche sugli investimenti economici nel settore. Se da un lato le economie locali stanno trovando giovamento dalla legalizzazione e molti giovani si lanciano in nuove imprese, dall’altro le incertezze bloccano i potenziali grandi investitori, che temono i possibili ripensamenti dei governi statali e federali.

Per sbloccare l’impasse legislativo, negli ultimi anni sono nate diverse lobby, come la Drug police alliance, legata al miliardario George Soros, o la National Cannabis Industry Association (NCIA), che quasi quotidianamente si presentano a Washington per convincere l’opinione pubblica e la politica che l’erba non fa male e che, anzi, “la marijuana non è più dannosa dell’alcol”, come ha detto il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama il 19 febbraio scorso.

“Siamo professionisti rispettabili, facciamo semplicemente il loro lavoro” – spiega Dorian Deslauriers, lobbista della NCIA – “siamo come tutte le altre industrie americane e per questo devono trattarci come tali”.

Tuttavia, secondo i gruppi contrari alla liberalizzazione della marijuana, l’industria dell’erba sta imitando la strategia messa in campo dai lobbisti del tabacco negli anni Sessanta: all’opinione pubblica il prodotto viene presentato come innocuo, mentre ai politici vengono mostrati i potenziali introiti derivati dalle tasse.

“Da lobby puramente ideologica, anche quella della marijuana diventerà una lobby industriale”, dice Mark Kleiman, professore di politiche pubbliche alla School of Public Affairs della UCLA, “e tra dieci anni saranno così agguerriti che andranno a Washington per cercare di aggirare le regole e le tasse che ora stanno cercando di ottenere”.

Ti potrebbe interessare
Esteri / Violenza e diritti umani in Colombia: da Montecitorio il sostegno alla Comunità di Pace di San José de Apartadó
Esteri / Regno Unito, due cavalli corrono liberi nel centro di Londra: almeno una persona ferita
Esteri / Esclusivo – Viaggio nell’Europa rurale, dove l’estrema destra avanza sfruttando il senso di abbandono
Ti potrebbe interessare
Esteri / Violenza e diritti umani in Colombia: da Montecitorio il sostegno alla Comunità di Pace di San José de Apartadó
Esteri / Regno Unito, due cavalli corrono liberi nel centro di Londra: almeno una persona ferita
Esteri / Esclusivo – Viaggio nell’Europa rurale, dove l’estrema destra avanza sfruttando il senso di abbandono
Esteri / Gaza: oltre 34.260 morti dal 7 ottobre. Media: "Il direttore dello Shin Bet e il capo di Stato maggiore dell'Idf in Egitto per discutere dell'offensiva a Rafah". Hamas diffonde il video di un ostaggio. Continuano gli scambi di colpi tra Tel Aviv e Hezbollah al confine con il Libano. L'Ue chiede indagine indipendente sulle fosse comuni a Khan Younis. Biden firma la legge per fornire aiuti a Ucraina, Israele e Taiwan
Esteri / Gaza: oltre 34.180 morti. Hamas chiede un'escalation su tutti i fronti. Tel Aviv nega ogni coinvolgimento con le fosse comuni di Khan Younis. Libano, Idf: "Uccisi due comandanti di Hezbollah". Il gruppo lancia droni su due basi in Israele. Unrwa: "Impedito accesso ai convogli di cibo nel nord della Striscia"
Esteri / Gaza, caso Hind Rajab: “Uccisi anche i due paramedici inviati a salvarla”
Esteri / Suoni di donne e bambini che piangono e chiedono aiuto: ecco la nuova “tattica” di Israele per far uscire i palestinesi allo scoperto e colpirli con i droni
Esteri / Francia, colpi d'arma da fuoco contro il vincitore di "The Voice 2014": è ferito
Esteri / Gaza, al-Jazeera: "Recuperati 73 corpi da altre tre fosse comuni a Khan Younis". Oic denuncia "crimini contro l'umanità". Borrell: "Israele non attacchi Rafah: provocherebbe 1 milione di morti". Macron chiede a Netanyahu "un cessate il fuoco immediato e duraturo". Erdogan: "Evitare escalation". Usa: "Nessuna sanzione per unità Idf, solo divieto di ricevere aiuti"
Esteri / Raid di Israele su Rafah: ventidue morti tra i quali nove bambini