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Chi sono gli uiguri

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Sono musulmani e vivono nella regione autonoma cinese dello Xinjiang, fra isolamento e repressioni da parte del governo centrale di Pechino. Cose utili da sapere

Gli uiguri sono un’etnia turcofona stanziata in Cina, composta da oltre 11 milioni di persone, il 99 per cento delle quali è di fede musulmana. Parlano l’uyghur, una lingua turca, e vivono prevalentemente nello Xinjiang, una regione autonoma nel nordovest della Cina.

S&D

Gli uiguri hanno una cultura, una lingua e una religione diversa da quella cinese e questo viene visto dalla Repubblica popolare cinese come una minaccia.

Solamente l’1.8 per cento della popolazione cinese – circa 22 milioni di persone – è di religione musulmana, mentre il 52.2 per cento segue la disposizione ufficiale del Partito comunista cinese, dichiarandosi ateo.

Nella regione dello Xinjiang c’è la più alta concentrazione di musulmani uiguri – 8.7 milioni circa -, che rappresentano il 46 per cento della popolazione. Oggi gli uiguri convivono con gli Han, il gruppo etnico numericamente maggioritario in Cina.

“Quello che vogliono gli uiguri è solo vivere normalmente, raggiungere una certa sicurezza economica ed esprimere la loro identità culturale senza restrizioni e repressioni da parte delle autorità”, ha detto Henryk Szadziewski, un ricercatore dell’Uyghur Human Rights Project che ha vissuto in Cina per cinque anni.

Qui sotto una mappa mostra la regione autonoma cinese dello Xinjiang, dove sono stanziati gli uiguri.


Cos’è la regione autonoma dello Xinjiang

La regione autonoma cinese dello Xinjiang si trova nel nordovest della Cina ed è la più grande del Paese per superficie. Confina con otto Paesi: Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India.

Il territorio dello Xinjiang è ricco di petrolio e di uranio. Si stimano riserve pari a circa 20 miliardi di barili di oro nero, il petrolio. Da alcuni anni il governo di Pechino sta cercando di incrementare le attività legate all’agricoltura per creare nuovi posti di lavoro per gli uiguri, mentre l’industria rimane saldamente nelle mani degli Han. Pertanto, gli uiguri rappresentano il ceto sociale più povero della regione.

Gli uiguri si considerano molto più vicini alla cultura centro-asiatica che a quella cinese. La regione dello Xinjiang è sotto la giurisdizione cinese sin dal Diciottesimo secolo, salvo alcuni tentativi presto falliti. Negli anni Novanta, con la caduta dell’Unione Sovietica e la successiva proclamazione d’indipendenza da parte di alcuni stati nell’Asia centrale, i movimenti separatisti hanno conosciuto diversi fervori.

Nonostante l’articolo 36 della costituzione della Repubblica popolare cinese sancisca la libertà religiosa dei cittadini, la popolazione uigura subisce restrizioni e divieti da parte delle autorità governative, sia per quanto riguarda la propria identità che per l’appartenenza all’Islam.

Le proteste separatiste degli uiguri, negli anni, sono state sempre più osteggiate da Pechino, che ha reso illegali le loro attività. Nel luglio del 2014 alcuni comuni dello Xinjiang hanno vietato ai cittadini di partecipare alle celebrazioni del Ramadan. Questo non ha fatto che acuire ulteriormente le tensioni.

Rapporti con il governo centrale di Pechino 

La tensione tra il governo cinese e gli uiguri ha radici molto antiche. Dopo la caduta della dinastia Qing, che regnò in Cina dal 1644 al 1911, gli uiguri si opposero al governo centrale e tentarono, per almeno due volte, di costituire una repubblica autonoma.

Una prima volta dal 1931 al 1934 e una seconda volta dal 1944 al 1949, anno in cui, con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese (Rpc), il partito comunista assoggettò la regione al proprio controllo.

Nel 1955 lo Xinjiang fu classificato come regione autonoma della Repubblica Popolare Cinese. Per molti uiguri si trattò di un’assimilazione forzata e questo contribuì a far nascere numerosi movimenti separatisti nella regione.

Tra questi, per esempio, anche l’East Turkestan Islamic Movement (Etim), responsabile di numerosi attentati terroristici che hanno insanguinato il Paese e inserito dagli Stati Uniti nella lista dei gruppi terroristici internazionali.

Alcuni fra i gruppi che sono nati nella regione dello Xinjiang tuttavia non sono estremisti e sono contrari agli atti di violenza. Ciononostante, ancora oggi il governo cinese accusa gli uiguri di essere terroristi e controrivoluzionari.

Non solo: non tutti gli uiguri vogliono raggiungere l’indipendenza dello Xinjiang dalla Cina. Una parte di loro vuole solo che la propria cultura sia preservata e che sia mantenuta un’autonomia rispetto alla cultura degli Han, gruppo etnico maggioritario in Cina. Altri invece si dichiarano soddisfatti dei processi di integrazione messi in campo anno dopo anno dai vertici del partito comunista.

La repressione nei confronti degli uiguri 

Tra i metodi di repressione più diffusi da parte del governo ci sono abusi sistematici, detenzione di prigionieri politici, torture e scomparse. Gli uiguri continuano a essere la sola etnia in Cina soggetta alla condanna a morte per crimini politici. Le esecuzioni sono spesso pubbliche e sommarie.

“La repressione politica da parte del governo cinese è caratterizzata dalla mancanza della libertà di parola, d’associazione e d’assemblea”, afferma il ricercatore dell’Uyghur Human Rights Project Henryk Szadziewski.

La tensione è aumentata negli ultimi anni e in particolar modo dopo le sommosse popolari del 2009. Quell’anno, il 5 di luglio, la repressione contro gli uiguri da parte del governo cinese fece conoscere il problema a tutto il mondo. Nella città di Ürümqi, capitale dello Xinjiang, una protesta da parte degli uiguri degenerò nella violenza più estrema. I dati delle fonti cinesi parlarono di 197 morti e 1.721 feriti.

Da allora, il 5 luglio di ogni anno ricorre l’anniversario di quella sommossa popolare. Nel 2014, le autorità cinesi hanno arrestato circa 380 uiguri al fine di prevenire possibili scontri.

Il governo cinese ha implementato una politica di tolleranza zero nei confronti degli uiguri a partire dall’11 settembre del 2001. Pechino ha inasprito i trattamenti riservati alla minoranza musulmana, per paura che potesse essere influenzata dalle violente forze islamiche provenienti da Pakistan e Afghanistan, che confinano con la regione dello Xinjiang.

“Gli uiguri sono visti dal Partito comunista cinese come una minaccia etnico-nazionalista per lo Stato”, ha detto Sharon Hom, direttore esecutivo di Human Rights in Cina, aggiungendo che “l’Islam è visto come la struttura portante dell’identità uigura e la Cina ha intrapreso una dura azione per reprimerla e per soffocare il sentimento nazionalista uiguro”. 

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