La vita continua: Fatima (20),una richiedente asilo incinta proveniente dal Mali, attende di ottenere risposta alla sua domanda d'asilo per poter lasciare il campo di accoglienza di Settimo Torinese. Nella foto è ritratta all'ingresso della sua tenda.
Mercy (30, dalla Nigeria) in una sistemazione temporanea per richiedenti asilo a Bergamo.
Sistemata nell'appartamento assieme al marito Abdulai ed alla figlia neonata Fareeda, Mercy fuggì dalla Nigeria dopo l'incendio alla sua abitazione provocato da nemici della sua famiglia.
Sul suo braccio destro sono ancora chiaramente visibili le ustioni provocate dall'incendio.
Moses (37, dal Ghana) fotografato in un centro di accoglienza di Messina. La cicatrice sul suo volto risale ai 2 anni passati in Libia.
"Dopo aver provato a scappare [da un campo di detenzione dei trafficanti] mi legarono e mi appesero in modo che le mie gambe non toccassero il suolo. Poi mi picchiarono senza pietà con dei tubi. [...]
Ti affamano, ti attaccano per giorni e giorni, per costringerti a pagare un riscatto per essere rilasciato. Altrimenti, se trovano uno dei loro partner disposto a comprare, ti vendono! Vendono esseri umani laggiù!".
Il campo di accoglienza 'Fenoglio' dalla Croce Rossa a Settimo Torinese visto dall'alto.
Inizialmente pensato come una sistemazione temporanea per richiedenti asilo in attesa di essere rapidamente trasferiti verso alloggi più stabili, ad oggi è divenuto una sistemazione semi-permanente dove i richiedenti asilo rimangono per mesi a causa della mancanza di altri alloggi in zona.
Honest (39, Nigeria), qui nella sua stanza in un centro di accoglienza di Bergamo, venne soccorso assieme ad altri cento migranti a bordo di un gommone alla deriva nel Mediterraneo.
"Non potevo guardare fuori dal gommone perché ero disteso sul fondo. Pregavo, pingevo, urlavo... Non ero più me stesso, ero spiritato...
Quando finalmente mi calmai [dopo il salvataggio] e guardai il mare interno a me ed il gommone, ormai vuoto... in quel momento iniziai a piangere... da quel momento credo in Dio!"
Una donna lava i panni nel campo di accoglienza in cui è ospitata a Settimo Torinese. Questo campo della Croce Rossa, realizzato con tende della Protezione Civile, può ospitare a seconda della situazione, fino a 500-600 persone.
Alhagie (44, dal Gambia) qui ritratto nella sua stanza in un centro di accoglienza di Messina. In precedenza arruolato come soldato nel suo paese, Alhagie lasciò il Gambia a inizio 2016 e raggiunse l'Italia dopo essersi imbarcato su un gommone dalla Libia.
"Penso molto alla mia famiglia, quella è la mia principale preoccupazione. Ho lasciato moglie e quattro figli in Gambia, e sono almeno tre settimane che non riesco a parlare con loro".
Lezioni di italiano in un campo di accoglienza a Settimo Torinese.
Le lezioni di lingua, assieme a vitto, alloggio e una piccola somma in denaro sono fra i diritti garantiti ai richiedenti asilo in Italia mentre attendono per anche 2 anni il completamento dell'iter burocratico.
Prince (33, dalla Nigeria), ritratto in un centro di accoglienza di Bergamo.
Fuggì dal suo paese per trovare una cura alla sua malattia ai polmoni, ed è ora sotto trattamento in Italia. Ha raggiunto le coste italiane dopo essere stato soccorso da un gommone alla deriva nel Mediterraneo. Si è presto fatto un nome nel centro dopo aver deciso di aprire al suo interno uno spazio per la riparazione delle biciclette.
Attività quotidiane in un centro di accoglienza in provincia di Bergamo.
Situato a Vedeseta, un paese di montagna di 215 abitanti, questo centro accoglie circa 35 richiedenti asilo che gestiscono autonomamente alcune attività quotidiane, tra cui cucinare, pulire, coltivare l'orto, ecc.
Joy (18, dalla Nigeria) qui ritratta in un centro d'accoglienza di Messina.
Perse una cara amica in mare mentre cercava di raggiungere l'Italia a bordo di un gommone con altre 190 persone. Dopo essere andati alla deriva per 18 ore nel Mediterraneo, la sua amica fu una delle 25 persone tragicamente annegate a seguito della confusione generatasi a bordo all'avvistamento dei soccorsi.
In una chiesa di Bergamo, un richiedente asilo ospitato in un vicino centro di accoglienza scatta una fotografia.
La macchina usa e getta che adopera gli è stata fornita da alcuni studenti di fotografia del luogo, che conducono un workshop di fotografia nel centro di accoglienza come parte della loro lavoro di fine corso.
Mohammed (21, dal Gambia) al lavoro presso l'azienda agricola biologica 'Settimo Miglio' a Settimo Torinese.
L'azienda da lavoro a richiedenti asilo e rifugiati ospitati dal vicino centro di accoglienza. Mohammed lavora lì da cinque mesi come stagista e guadagna circa 600 Euro al mese. Spera che lo stage lo conduca poi alla piena assunzione.
Due richiedenti asilo osservano la zona circostante dalla terrazza del centro di accoglienza dove sono ospitati a Vedeseta, un paese di montagna in provincia di Bergamo.
Durante i 2 anni di attesa per l'iter burocratico della domanda di protezione internazionale, i richiedenti asilo sono distribuiti a seconda delle disponibilità in numerosi centri d'accoglienza su tutto il territorio nazionale.
I centri di accoglienza possono essere piccoli come quelli di Vedeseta (35 ospiti) o enormi come quello di Mineo (Sicilia), che accoglie fino a 4.000 persone.
Vita quotidiana in un centro di accoglienza di Vedeseta, in provincia di Bergamo.
Alcuni richiedenti asilo giocano a calcio in un centro di accoglienza di Settimo Torinese.
La stragrande maggioranza dei richiedenti asilo in Italia sono maschi (89%), in quanto il viaggio dal paese d'origine ed attraverso la Libia è da molti considerato troppo pericoloso per le donne.
Come evidenziato da un rapporto del 2017 di Amnesty International, "rifugiati e migranti vengono regolarmente sottoposti in Libia [...] a gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni, torture, stupri, rapimenti, lavori forzati e detenzioni arbitrarie in condizioni disumane, crudeli e degradanti".
Khurram Shahzad (33, dal Pakistan) ritratto in una sistemazione temporanea per richiedenti asilo a Modena.
Medico omeopatico nel suo villaggio in Pakistan, ora lavora come operaio stagionale in una fabbrica di Modena. "Sono sposato ed ho 2 figli di 7 e 6 anni. Se la mia richiesta d'asilo venisse accolta vorrei portarli qui con me".
Un richiedente asilo con il suo telefono in un centro di accoglienza di Bergamo.
Andrea Ostinelli, un operatore del centro stesso spiega: "Dovendo attendere fino a due anni qua, penso che la ragione per la quale molti ragazzi spendono le loro giornate dormendo o guardando video musicali al telefono è la mancanza di realizzazione personale. Molti li vedi che gli mancano le forze. Gli manca... sono impotenti. È un peccato vedere delle persone qua così... Secondo me non sono realizzati in quanto uomini. Non sono uomini qua. ".
Fosiyo (37, dalla Somalia) posa per un ritratto in una sistemazione temporanea per rifugiati a Modena.
Fosiyo venne rinchiusa per diversi mesi in una prigione egiziana dopo essere stata fermata in mare dopo il primo tentativo di raggiungere l'Italia in barca. Dopo il suo rilascio, al secondo tentativo in mare, riuscì a raggiungere l'Italia nell'agosto 2016 dopo 16 giorni di navigazione a bordo di un'imbarcazione con altri 340 migranti.
Il Mediterraneo è lo scenario migratorio più letale al mondo: più di 15.000 morti tra gennaio 2014 e ottobre 2017 (fonte: IOM), in media 10 persone al giorno.
Un richiedente asilo ospitato in un centro di accoglienza di Formigine, vicino a Modena, fa esercizio fisico in un parco delle vicinanze.
Hemanta (31, dal Nepal) ritratto in una sistemazione temporanea per rifugiati a Modena.
"Ogni settimana mando soldi a casa affinché mia madre e mio figlio possano andare a scuola. Vorrei portare la mia famiglia qui, ma per farlo devo prima ottenere i documenti. [...] Non posso tornare in Nepal... ho passato tanto tempo fuori casa, quasi 4 anni; Non posso tornare a casa a mani vuote!".
Un richiedente asilo giace sul suo letto a castello in un centro di accoglienza di Bergamo.
Delle circa 500.000 persone hanno raggiunto le coste italiane dal 2014, oltre 270.000 hanno fatto richiesta d'asilo, e a fine 2016 circa 100.000 erano in attesa di risposta alla loro richiesta. Questo volume di domande, combinato con la lentezza del sistema giudiziario, ha prolungato i tempi dell'iter burocratico per la richiesta d'asilo fino a circa 2 anni.
Abass (28, dal Togo), ritratto in un centro di accoglienza di Bergamo (in cortile - a sinistra- e nella sua stanza -a destra-).
Racconta che fuggì dal suo paese a seguito dell'instabilità politica che portò ad un violento sciopero nella sua università. In Libia venne tenuto in una casa di Sabha con altri migranti. Lì lavoravano senza essere pagati e scarsamente alimentati.
"Noi neri siamo diventati come schiavi in Libia", racconta.
Alcuni richiedenti asilo durante la preghiera mussulmana del pomeriggio in un centro di accoglienza a Vedeseta, in provincia di Bergamo.
Precedentemente usato come residenza montana da una congregazione di suore, la casa che li accoglie è stata convertita in centro per richiedenti asilo solo recentemente.
Yakub (23, dal Mali) e la sua sposa Fatima (20, anche lei dal Mali) ritratti all'interno della loro tenda in un campo di accoglienza di Settimo Torinese.
Avendo un figlio in arrivo fra pochi mesi e con la loro richiesta d'asilo ancora in sospeso, sperano che le autorità italiane possano presto fornirgli una sistemazione più adeguata.
“Dopo aver provato a scappare [da un campo di detenzione dei trafficanti] mi legarono e mi appesero in modo che le mie gambe non toccassero il suolo. Poi mi picchiarono senza pietà con dei tubi. […], racconta Moses, fuggito dal Ghana.
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“Ti affamano, ti attaccano per giorni e giorni, per costringerti a pagare un riscatto per essere rilasciato. Altrimenti, se trovano uno dei loro partner disposto a comprare, ti vendono! Vendono esseri umani laggiù!”, racconta ancora, in un centro di accoglienza a Messina.
Attraverso una narrazione collettiva fatta di ritratti, testimonianze e scene di vita comune raccolti in vari centri d’accoglienza in Italia, ‘Life after hell’ (‘La vita dopo l’inferno’) mira a restituire nomi, voci e volti ai rifugiati che hanno affrontato l’orrore durante il loro viaggio e sono fuggiti dall’inferno libico per costruirsi una vita altrove.
Mercy ha 30 anni e viene dalla Nigeria. Oggi si trova in una sistemazione temporanea per richiedenti asilo a Bergamo.
Sistemata nell’appartamento assieme al marito Abdulai ed alla figlia neonata Fareeda, Mercy fuggì dalla Nigeria dopo l’incendio alla sua abitazione provocato da nemici della sua famiglia.
Sul suo braccio destro sono ancora chiaramente visibili le ustioni provocate dall’incendio.
L’IOM stima che a fine 2016 erano presenti in Libia tra i 700.000 ed il milione di migranti. Nella maggior parte dei casi sono detenuti illegalmente in campi gestiti da trafficanti armati e vengono sottoposti ad ogni tipo d’abuso, tra cui pratiche schiaviste e tortura.
In fuga dal loro paese prima e dalla Libia poi, tra gennaio 2014 e ottobre 2017, in media 8 persone al giorno sono morte nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Italia. È la rotta migratoria più letale al mondo, con oltre 10.000 morti in 3 anni e mezzo.
Ciononostante, durante lo stesso periodo più di 500.000 persone hanno raggiunto le coste italiane, e oltre 270.000 hanno fatto richiesta d’asilo. Durante i 2 anni di attesa necessari per ottenere una risposta, i richiedenti asilo vengono ospitati in centri di accoglienza su tutto il territorio. Hanno diritto a vitto, alloggio, lezioni d’italiano e una modesta somma in denaro, ma a causa del loro imprecisato status legale, è quasi impossibile per loro ottenere un regolare contratto di lavoro.
Per realizzare ‘Life after Hell’, durante l’estate 2017 Marco Panzetti ha visitato 5 di questi centri di accoglienza, dal paesino alpino di Vedeseta, a nord, fino alla città siciliana di Messina, a sud.
Il risultato è un reportage dove le scene di vita quotidiana si combinano con i ritratti dei richiedenti asilo per rivelare le loro testimonianze, a volte scioccanti, a proposito della Libia, dell’attraversamento del Mediterraneo e, in generale, della loro situazione in Italia.
Questa lavoro è stato sovvenzionato dal Migration Media Award (premio giornalistico finanziato dalla Ue) e sostenuto dai partner del premio: ICMPD (International Centre for Migration Policy Development) e Open Media Hub. Parte del materiale è stato prodotto su incarico della Croce Rossa Britannica e di SOS Méditerranée.
I centri di accoglienza visitati sono gestiti da Caritas Italiana e Cooperativa Ruah (Bergamo e Vedeseta), Croce Rossa Italiana (Settimo Torinese e Messina) e Cooperativa Caleidos (Modena e Formigine).
Il progetto fotografico è a cura di Marco Panzetti