In fuga dalla Siria

Entro la fine del 2015 il numero dei profughi siriani che scappa dalla guerra civile per raggiungere la Turchia arriverà a 2 milioni
Nadir è scappato dalla Siria con moglie e figli nel luglio del 2013. La sua famiglia rimase per un anno nel campo profughi siriano di Jarabulus, vicino al confine con la Turchia, fino a quando Daesh (così viene chiamato in arabo il gruppo terroristico dell’Isis) prese il controllo del campo.
Dopo l’arrivo dei miliziani, la Turchia ha bloccato gli aiuti e uno dei figli di Nadir è stato arrestato perché non rispettava le regole imposte dall’Isis, come il divieto di tagliarsi la barba e di fumare.
Così Nadir e famiglia decisero di scappare. Pagarono un siriano che conosceva il territorio circostante per aiutarli ad attraversare le montagne. In questo modo riuscirono a entrare clandestinamente in Turchia.
Secondo le stime dell’Unhcr, nel 2015 il numero dei profughi siriani presenti in Turchia arriverà a 2 milioni.
Molti campi profughi non hanno più spazio per i nuovi arrivi e le famiglie cercano alloggio nelle città turche, le cui popolazioni continuano a crescere in modo spropositato.
Osmaniye, una città turca di 200mila abitanti nell’Anatolia sudorientale, è uno dei luoghi in cui arrivano i siriani in fuga dalla guerra.
Essam, 30 anni, viene da Aqrab, una città del nordovest della Siria. Quando decise di scappare con la moglie e i due figli si diresse inizialmente verso il Libano.
Il gruppo, formato da 5 uomini, 23 bambini e 12 donne, fu catturato e imprigionato per più di un mese dalla Shabiha, un gruppo armato alauita gestito in modo indiretto dal governo di Assad.
Dopo essere stati bendati, gli uomini furono separati dal resto del gruppo e subirono insulti, torture e finte esecuzioni.
A volte, dopo averli fatti digiunare per giorni, i carcerieri li nutrivano con riso intriso di petrolio. Furono rilasciati grazie a un riscatto pagato dalle loro famiglie.
Dopo pochi mesi, Essam e la sua famiglia decisero di riprovarci, questa volta in direzione nord, verso la Turchia. Ma quando arrivarono nel campo profughi di Jarabulus, iniziò un violento scontro tra l’esercito siriano libero e l’Isis per il controllo del territorio.
Cercarono di trovare rifugio in un villaggio vicino, ma sulla strada trovarono solo teste mozzate e devastazione. Rimasero due notti al confine turco, finché un’ambulanza decise di aiutarli portandoli in Turchia, perché la moglie di Essam era incinta.
Oggi in Siria vi sono persone di diverse nazionalità, che si sono trasferite nel Paese per unirsi ai miliziani dell’Isis. Ceceni, afghani, sauditi, egiziani, ma anche europei e americani, uniti dall’odio e da una violenza inaudita.
Le circa 7mila famiglie siriane presenti nella città turca di Osmaniye, spesso formate da un nucleo numeroso, faticano a pagare l’affitto e capita siano costrette a rientrare in Siria per sopravvivere.