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Elezioni italiane 2018: il voto degli italiani all’estero è andato in modo completamente diverso

Immagine di copertina
Matteo Renzi / Photo di Silvia Lore / NurPhoto

Dei 12 seggi in palio alla Camera, 5 vanno al Pd, 3 al centrodestra e uno rispettivamente a M5s, Maie, Usei e +Europa. Al Senato, dove i seggi in palio erano 6, il Pd ne ha conquistati 2, così come il centrodestra

Il 4 marzo i cittadini italiani hanno votato per rinnovare il Parlamento. Una parte dei seggi erano riservati ai candidati delle elezioni politiche nella circoscrizione estero.

Il voto finale, con tutti gli eletti ufficiali al Senato e alla Camera, non potrà arrivare prima del 13 marzo, perché alcuni presidenti di seggio hanno inviato al termine dello spoglio le schede elettorali con i verbali alla Corte d’Appello di Roma per problemi o eventuali ricorsi.

Il Viminale, fino a che non li riavrà in mano, non potrà dare un dato ufficiale.

Ma le liste che si trovano sul sito del ministero dell’interno, anche se provvisorie, sono attendibili e potranno cambiare solo nel caso in cui nel corso delle verifiche si dovessero riscontrare irregolarità riguardo ai requisiti di candidabilità dei neodeputati.

Alla luce di quesi dati risulta che la maggioranza di nuovi parlamentari eletti dagli italiani all’estero sono candidati del centrosinistra.

Infatti, dei 12 seggi in palio alla Camera, 5 vanno al Partito democratico, 3 al centrodestra e uno rispettivamente a Movimento 5 stelle, Movimento Associativo Italiani all’Estero (Maie), Unione Sudamericana Emigrati Italiani (Usei) e +Europa.

Al Senato, dove i seggi in palio erano 6, il Pd ne ha conquistati 2, così come il centrodestra.

Nessuno scranno di palazzo Madama ai candidati del M5S, mentre se ne aggiudicano uno ciascuno Maie e Usei.

In totale, quindi, sono 7 i seggi appannaggio dei democratici, 5 quelli per il centrodestra, 2 a testa per  Maie e Usei, uno per 5 stelle e +Europa.

I dati sull’affluenza nella ripartizione dell’America settentrionale e centrale, gli unici certi e ufficiali, parlano, per quanto riguarda la Camera dei deputati, di 108.729 votanti su 389.060 elettori, pari al 27,94 per cento.

Le schede nulle sono state 13.383, le bianche 942, con 68 voti contestati.

Per il Senato, invece, hanno votato, sempre al nord e centro America, in 102.233 su 362.207 elettori, equivalenti al 28,22 per cento degli aventi diritto.

Le nulle sono state 12.246, 839 le bianche e 2 le schede contestate.

Per quanto riguarda i nomi degli eletti alla Camera, nella ripartizione Europa ci sono Massimo Ungaro e Angela Schirò per il Pd, Simone Billi per la coalizione di centrodestra, Elisa Siragusa del Movimento 5 Stelle e Alessandro Fusacchia di +Europa.

I quattro seggi della ripartizione America meridionale vanno a Mario Alejandro Borghese del Maie, Eugenio Sangregorio dell’Usei, Luis Roberto di San Martino Lorenzato di Ivrea della Lega e Fausto Guilherme Longo del Partito democratico.

Nella ripartizione America settentrionale e centrale sono state elette Fucsia Fitzgerald Nissoli per Forza Italia e Francesca La Marca per il Pd, già deputate nella precedente legislatura e riconfermate.

Nella ripartizione Asia-Africa-Oceania alla Camera il seggio va al democratico Nicola Carè. Per quanto riguarda il Senato, nella ripartizione Europa conquistano un seggio Laura Garavini del Pd, già deputata nella legislatura appena conclusa e Raffaele Fantetti di Forza Italia.

In America meridionale sono stati eletti Ricardo Merlo del Maie e Adriano Cario dell’Usei. Niente da fare invece per Fabio Porta, presidente uscente del Comitato italiani nel Mondo della Camera.

In America settentrionale e centrale è stata eletta Francesca Alderisi di Forza Italia. Riconfermato nella ripartizione Africa-Asia-Oceania-Antartide Francesco Giacobbe del Pd.

Appare subito evidente come il risultato del voto degli italiani all’estero sia profondamente diverso da quello avvenuto all’interno dei confini nazionali. Ma anche in un ipotetico parlamento di “stranieri” la maggioranza dei deputati sarebbe difficile da ottenersi senza un governo di larghe intese.

Alla Camera, composta in totale, come detto, da 12 deputati, con una soglia di maggioranza assoluta di 7, i voti della coalizione di centrosinistra, formata da Pd e +Europa, non basterebbero, fermandosi a 6. Occorrerebbe l’appoggio di almeno uno dei deputati eletti nel Maie, nell’Usei, o in uno degli altri due schieramenti (centrodestra e M5S).

Al Senato, invece, per avere una maggioranza stabile occorrerebbe necessariamente fare ricorso alle larghe intese.

Con un totale di 6 seggi e, di conseguenza, una maggioranza assoluta di 4, nessuno degli schieramenti potrebbe ottenere la fiducia.

Solamente con la somma dei voti del Pd e del centrodestra, oppure con l’appoggio dei senatori del Maie e dell’Usei a uno dei due schieramenti, si riuscirebbe a raggiungere la soglia minima.

Le percentuali e le proporzioni cambiano, il rischio ingovernabilità resta immutato.

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