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Donald Trump cancella i programmi federali di inclusione e minaccia le aziende impegnate in queste iniziative

Immagine di copertina
Credit: ZUMAPRESS.com / AGF

Tutti i relativi dipendenti saranno messi in congedo mentre il dipartimento di Giustizia dovrà “dissuadere il settore privato” aprendo nuove indagini

L’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump mette in congedo retribuito i dipendenti dei programmi federali a tutela della diversità, dell’equità e dell’inclusione, voluti dal suo predecessore Joe Biden per contrastare le discriminazioni etniche, di genere e di orientamento sessuale nel settore pubblico attraverso specifici piani di assunzione e promozione del personale.

“Forgeremo una società che è indifferente al colore (della pelle, ndr) e basata sul merito”, aveva annunciato Trump nel suo discorso di insediamento. Nei primi due giorni del suo secondo mandato alla Casa bianca poi il magnate newyorkese aveva firmato una serie di ordini esecutivi che cancellavano 78 norme emanate dal suo predecessore, comprese quelle volte a tutelare la diversità, l’equità e l’inclusione nel settore pubblico.

Ora però un promemoria inviato nella notte italiana dallo US Office of Personnel Management a tutte le agenzie federali chiede una “azione di riduzione del personale” e di mettere in congedo retribuito tutti i dipendenti di questi programmi entro le ore 17:00 di oggi (le 23:00 in Italia). La notizia, divulgata dalla corrispondente a Washington dell’emittente Cbs Kristin Brown, è stata confermata sui social dalla portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt.

Cosa prevede il provvedimento
Uno degli ordini esecutivi firmati ieri da Trump, intitolato “Porre fine ai programmi radicali e dispendiosi a tutela della diversità, dell’equità e dell’inclusione”, accusava infatti l’ex presidente Joe Biden di aver “incoraggiato la discriminazione” in “praticamente tutti i settori del governo federale”. Per questo, la nota inviata dallo US Office of Personnel Management a tutte le agenzie federali richiede non solo la rimozione di “tutti i media esterni (siti-web, profili social, ecc.)” ma anche l’annullamento di “tutti previsti corsi di formazione” e la rescissione dei “contratti con soggetti esterni” legati a questi programmi.

Entro domani le diverse autorità dovranno riferire sui risultati dei loro sforzi in questo senso. Inoltre dovranno presentare “un piano scritto per l’attuazione di un’azione di riduzione del personale per quanto riguarda i dipendenti che lavorano” in questi programmi “entro le ore 17:00 (le 23:00 italiane) di venerdì 31 gennaio”. Funzionari del dipartimento di Giustizia e di altri dipartimenti dell’amministrazione Trump incontreranno poi “mensilmente” i rappresentanti delle varie agenzie federali per valutare in che modo i programmi a tutela della diversità, dell’equità e dell’inclusione si siano rivelati “discriminatori” nei confronti degli americani, trovando “il modo di porvi fine”.

I dipendenti federali dovranno inoltre dichiarare se sono a conoscenza di eventuali piani per “mascherare” questo genere di iniziative, “utilizzando un linguaggio codificato o impreciso”. “Questi programmi hanno diviso gli americani in base alla razza, hanno sprecato i soldi dei contribuenti e hanno portato a una vergognosa discriminazione”, si legge in un modello di e-mail che lo US Office of Personnel Management suggerisce di inviare ai lavoratori delle agenzie interessate. 

Ma il promemoria non si limita al governo federale. La nota ordina infatti alla Procura generale degli Stati Uniti di presentare “entro 120 giorni” una serie di “raccomandazioni per l’applicazione delle leggi federali sui diritti civili e l’adozione di altre misure appropriate per incoraggiare il settore privato a porre fine alle discriminazioni illegali, tra cui i programmi a tutela della diversità, dell’equità e dell’inclusione”. Il dipartimento di Giustizia inoltre dovrà elaborare un piano per “dissuadere il settore privato” dall’adottare o continuare a sostenere questo genere di iniziative.

“Come parte di questo piano, ogni agenzia dovrà identificare fino a nove potenziali verifiche su società quotate in borsa, grandi società o associazioni senza scopo di lucro, fondazioni con attività pari o superiori a 500 milioni di dollari, associazioni mediche e forensi statali e locali e istituti di istruzione superiore con dotazioni superiori a un miliardo di dollari”, si legge nell’ordinanza.

Intanto nell’ultimo anno, anche sotto la pressione di attivisti e politici conservatori, colossi come Meta, McDonald’s e Walmart avevano già ritirato o ridotto i propri programmi a tutela della diversità, dell’equità e dell’inclusione a seguito di una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che nel 2023 ha vietato la “discriminazione positiva” nelle ammissioni universitarie.

Polemiche
Si tratta soltanto dell’ultima mossa dell’amministrazione Trump contro gli sforzi di inclusione promossi dal suo predecessore Biden. Tra le ordinanze firmate subito dopo il suo ritorno alla Casa bianca infatti una ribadisce come il governo federale riconosca solo “due sessi: maschile e femminile”, annullando la possibilità per utenti e dipendenti di contrassegnare la casella “altro” sui moduli pubblici e cancellando i finanziamenti ai programmi di promozione dell’inclusione di genere.

Ieri intanto il presidente degli Stati Uniti se l’era presa con il vescovo della comunità episcopale, Mariann Budde, all’indomani di un sermone pronunciato presso la Cattedrale nazionale di Washington in cui la religiosa aveva espresso preoccupazione per la paura seminata da Trump, dalla sua amministrazione e dai suoi sostenitori tra gli immigrati e i membri della comunità Lgbtqi+.

Durante la funzione Budde aveva esortato il presidente, seduto in prima fila accanto alla first lady Melania, ad avere “pietà”. “Ci sono bambini gay, lesbiche e transgender provenienti da famiglie democratiche, repubblicane o indipendenti, alcuni dei quali temono per la propria vita”, aveva detto il vescovo della comunità episcopale di Washington, precisando che “la stragrande maggioranza degli immigrati non sono criminali”.

Allora il magnate newyorkese era rimasto impassibile ma poche ore dopo aveva attaccato Budde dal suo social Truth: “Il cosiddetto vescovo intervenuto martedì (ieri, ndr) al National Prayer Service era una radicale di sinistra che odia Trump”. “Ha portato la sua chiesa nel mondo della politica in modo molto scortese. È stata pessima nei toni e né convincente né intelligente”, aveva aggiunto il presidente Usa. “È riuscita a non menzionare il gran numero di migranti illegali entrati nel nostro Paese e che hanno ucciso delle persone. Molti sono stati trasferiti da prigioni e istituti psichiatrici. È un’ondata di criminalità gigantesca che sta avendo luogo negli Stati Uniti”. Ma, aveva concluso Trump, “a parte le sue dichiarazioni inappropriate, la funzione è stato molto noiosa e poco stimolante. Non è molto brava nel suo lavoro! Lei e la sua chiesa devono delle scuse al pubblico!”.

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