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Un premio Nobel come gli altri

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La consegna del premio Nobel per la pace a Malala non si discosta molto dai precedenti, a lungo discussi vincitori: Obama e l’Ue

Venerdì 10 ottobre 2014 il premio Nobel per la pace è stato assegnato alla studentessa pakistana Malala Yousafzai e all’attivista indiano per i diritti dei bambini Kailash Satyarthi.

La consegna del Nobel alla 17enne pakistana è stata riconosciuta da alcuni come un cambiamento di rotta, in senso positivo, rispetto alle scelte che negli anni passati hanno visto Barack Obama e l’Unione Europea come vincitori del premio.

L’impegno di Malala nella lotta a favore del diritto allo studio delle donne in Pakistan, la sua battaglia contro i Taliban che a più riprese hanno bandito le ragazze pakistane dalle scuole e il suo fervente attivismo sociale, anche a costo di rischiare la vita, sono stati salutati come indiscussi atti di eroismo.

La sfida portata avanti da Malala negli anni, però, rappresenta solo una delle facce di questa storia. Il suo impegno politico è stato riconosciuto dal mondo occidentale come una giusta causa anche, e soprattutto, per il proprio orientamento anti-talebano.

In seguito agli attacchi anti-terroristici dei droni statunitensi e dei loro alleati occidentali in Pakistan, si calcola che vi siano stati più di 3.200 morti finora, di cui 175 bambini. Molte strutture pubbliche sono state abbattute, e in molte occasioni i civili hanno riferito che a causa degli attacchi aerei è diventato troppo pericoloso mandare i figli a scuola.

I danni alla società pakistana inflitti dai frequenti raid aerei sono enormi. Come Malala, alcune delle vittime di questi attacchi hanno tentato di far sentire la propria voce e di combattere per i propri diritti. É il caso per esempio di Nabila. La sua casa è stata colpita da un drone il 24 ottobre 2012, quando aveva otto anni. Parte della sua famiglia è morta nell’attacco, e sette suoi fratelli sono rimasti feriti.

Dopo l’attacco subìto dai Taliban, Malala è stata trasportata a spese del Pakistan in un ospedale britannico per essere curata. Ma nessuno ha mai presentato le scuse alla famiglia di Nabila per le perdite subite.

Le storie di Malala e Nabila non potrebbero essere più diverse. In seguito all’attacco talebano contro Malala, l’attivista simbolo della pace è stata ricevuta da politici del calibro di Barack Obama e Gordon Brown, e nell’aprile 2013 la rivista Time l’ha riconosciuta come una delle cento persone più influenti del mondo.

Nello stesso periodo, quando nel 2013 Nabila si è recata negli Stati Uniti con il padre e il fratello per cercare spiegazioni e giustizia, la sua causa è stata totalmente ignorata. Solo 5 dei 430 rappresentanti del Congresso americano erano infatti presenti di fronta alla sua testimonianza.

La disparità di trattamento tra Nabila e Malala è dovuta al fatto che la lotta di quest’ultima è in linea con l’impegno bellico degli Stati Uniti e di altre potenze occidentali in Pakistan, e ne giustifica quindi la presenza. Il mondo occidentale aveva bisogno di una giustificazione morale per il proprio intervento bellico, così come per le migliaia di morti e feriti lasciati lungo la scia dei droni, e la scelta è ricaduta su Malala e la sua causa.

L’attacco sferrato dai Taliban contro Malala ha portato più di un Paese europeo a offrire accoglienza in uno dei propri ospedali; e quando l’attivista pakistana si è rimessa in forze dopo le cure ricevute nel Regno Unito, è diventata l’eroina locale che incarna la lotta anti-talebana combattuta in Pakistan e Afghanistan dalle potenze occidentali.

In questo senso, l’assegnazione del premio Nobel per la pace a Malala non si discosta molto dai precedenti, a lungo discussi vincitori: Barack Obama e l’Unione Europea.

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