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Home » Esteri

Proteste in Iran, Ong: “Uccise 92 persone”. Manifestanti rinchiusi nella Sharif University dalla polizia

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Nella serata di ieri gli studenti della Sharif University of Technology di Teheran sono stati rinchiusi nell’ateneo dopo aver manifestato al suo interno contro il regime, nel sollevamento popolare in corso dalla morte di Mahsa Amini. A farlo sono state le forze paramilitari Basj, composte da giovani e giovanissimi, anche sotto i 18 anni, pionieri del regime incaricati di mantenere l’ordine pubblico e spesso infiltrati nelle università. Nei video che giungono dall’interno dell’università si vedono gli studenti inseguiti da Basji in borghese, in sella a motorini e muniti di armi da fuoco, presumibilmente caricate con pallottole di gomma. Sono stati riportati anche pestaggi, attacchi al coltello e un largo uso di gas lacrimogeni.

Di fronte all’ateneo trasformato in prigione si sono riuniti alcuni cittadini gridando “morte al dittatore”. Il Ministro della Scienza si è recato sui luoghi per “mediare”, ma la società iraniana ribellata non ha trovato un’espressione del suo risentimento nelle istituzioni, che sono schierate dal lato della repressione. I membri del parlamento hanno cantato in una seduta “grazie, grazie polizia”. Insieme a Khamenei i i manifestanti vogliono veder cadere tutto il regime, come cantavano gli studenti di Sharif: “non chiamatele proteste, chiamatela rivoluzione!”. Insieme agli studenti nell’università sarebbero stati rinchiusi anche diversi professori, che già all’inizio della settimana scorsa hanno scioperato anche contro il fatto che diverse scuole e università fossero state trasformate in basi militari dalle forze dell’ordine.

Secondo la Ong Iran Human Rights almeno 92 persone sono state uccise durante la repressione delle proteste in Iran dopo la morte della giovane Mahsa Amini. Venerdì 41 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza iraniane a Zahedan. L’Ong ha accusato le forze di sicurezza dell’Iran di aver “represso in modo sanguinario” una protesta scoppiata venerdì dopo le preghiere a Zahedan, nella provincia sud-orientale del Sistan-Baluchistan, per le accuse a un capo della polizia della città portuale di Chabahar, sempre nella provincia del Sistan-Baluchistan, di aver violentato una ragazza di 15 anni appartenente alla minoranza sunnita dei Baluch.

Ci sono state manifestazioni anche nelle città di Yazd, Kermanshah, Sanandaj, Shiraz e Mashhad, secondo il Guardian, nonché in diverse università del paese e della capitale. I lavoratori dei settori industriali si sono uniti alle proteste, chiamando uno sciopero generale per staccare la spina al regime.

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