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I talebani controllano un terzo dell’Afghanistan: 13 distretti conquistati in 24 ore

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Civili che combattono al fianco delle forze di sicurezza afghane mostrano le loro armi. Helmand, Afghanistan, 2 luglio 2021. Credit: EPA/WATAN YAR

I talebani controllano un terzo dell’Afghanistan: 13 distretti conquistati in 24 ore

Continua l’avanzata in Afghanistan dei talebani, arrivati a controllare circa un terzo di tutti i distretti del paese da cui gli Stati Uniti intendono ritirarsi entro l’11 settembre, al termine di una guerra durata 20 anni.

S&D

Negli scorsi giorni i miliziani hanno riportato conquiste significative nel nord del paese, arrivando a occupare la maggior parte del territorio delle province nordorientale del Badakhshan e di Takhar, storicamente controllate dalle forze che hanno resistito al regime dei talebani negli anni ’90.

L’offensiva dei talebani ha spinto più di 300 soldati delle forze del governo afghano ad attraversare il confine con il Tagikistan durante il fine settimana. Ieri il Comitato statale per la sicurezza nazionale del Tagikistan ha dichiarato che le autorità hanno accolto i soldati afghani “guidate dai principi dell’umanesimo e del buon vicinato”.

Secondo quanto riportato da Associated Press, i talebani adesso controllano circa un terzo dei 421 distretti del paese, 13 dei quali conquistati in meno di 24 ore tra venerdì e sabato. Anche se non hanno ancora preso alcun capoluogo di provincia, secondo quanto dichiarato a giugno al Consiglio di sicurezza da Deborah Lyons, inviato speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan, i loro movimenti sembrano indicare che stiano attendendo il ritiro delle forze internazionali per entrare in queste città, molte delle quali sono già state circondate. Ad aprile il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato che tutti i soldati statunitensi lasceranno il paese entro l’11 settembre, a 20 anni esatti dall’attentato contro le Torri gemelle che ha portato gli Stati Uniti a intervenire in Afghanistan per rovesciare il regime dei talebani, accusato di sostenere il gruppo terroristico al-Qaeda guidato da Osama bin Laden.

Venti anni dopo, i miliziani islamisti sono pronti a riprendere il controllo del paese, potendo contare su circa 85.000 combattenti secondo stime della Nato, il massimo dal 2001, quando l’intervento della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti li aveva costretti a lasciare Kabul.

Per contrastarli nelle ultime settimane il presidente Ashraf Ghani ha richiamato alle armi le milizie che avevano combattuto i talebani negli scorsi decenni, invocando un “fronte unito” per “salvare il sistema repubblicano”. Una scelta criticata da alcuni osservatori per il rischio di delegittimare ulteriormente il debole governo di Kabul e acuire tensioni etniche, e che finora non ha pagato.

Secondo quanto dichiarato ad Associated Press da un membro del consiglio provinciale del Badakhshan, molti membri delle milizie hanno combattuto con poca convinzione, mentre in diversi casi le forze dell’esercito regolare hanno abbandonato i distretti della provincia ai talebani senza neanche combattere. I miliziani islamisti hanno in passato diffuso video che li mostrano salutare i soldati afghani che si arrendono, offrendogli denaro per poter tornare alle proprie case. Il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha confermato la presa dei distretti nel Badakhshan, affermando che nella maggior parte di essi non sono avvenuti combattimenti.

Il movimento dei talebani, originato a inizio anni ’90 nelle aree a maggioranza pashtun dell’Afghanistan sudoccidentale, è arrivato a occupare per la prima volta Kabul nel 1996 dopo aver rovesciato il regime di Burhanuddin Rabbani, uno dei comandanti mujahidin che hanno resistito all’invasione dell’Urss negli anni ’80, originario dello stesso Badakhshan. Durante i suoi cinque anni di esistenza, il cosiddetto “Emirato islamico dell’Afghanistan”, guidato dal mullah Mohammed Omar, è stato riconosciuto formalmente solo da Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Una volta al governo i talebani hanno imposto leggi estremamente restrittive in particolare per i diritti di donne e minoranze, sulla base di un’interpretazione intransigente dell’Islam sunnita, vietando alle bambine di età superiore ai 10 anni di andare a scuola e obbligando le donne a indossare il velo integrale, o burka. Oltre a vietare la televisione, la musica e il cinema, il regime ha anche introdotto le esecuzioni pubbliche per i condannati per adulterio e imposto l’amputazione dei condannati per furto. Sei mesi prima dell’intervento della coalizione internazionale in Afghanistan, aveva suscitato indignazione a livello internazionale la decisione del governo afghano di distruggere le statue Buddha di Bamiyan, risalenti a 1500 anni fa, perché usate in passato come “idoli dagli infedeli”.

Il ritiro degli Stati Uniti, che lo scorso venerdì 2 luglio hanno lasciato la base militare di Bagram, considerata il cuore dell’intervento statunitense in Afghanistan, ha rimosso gli ultimi ostacoli all’avanzata dei talebani, che, secondo un’analisi dell’intelligence statunitense a giugno, potrebbero prendere Kabul entro sei mesi dalla partenza dell’esercito americano.

L’Italia ha tenuto una cerimonia di ammaina bandiera a Herat per celebrare la fine della presenza ventennale dei militari italiani nel Paese lo scorso martedì 8 giugno, consegnando alle forze di sicurezza locali la base di Camp Arena, che a inizio anno contava 800 uomini.

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