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Storico accordo tra 130 Paesi per tassare le multinazionali come Facebook e Amazon

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Storico accordo tra 130 Paesi per tassare le multinazionali come Facebook e Amazon

Le principali economie del mondo hanno raggiunto un accordo “storico” per introdurre un’imposta minima globale sulle società e un nuovo modo per dividere tra i Paesi i proventi dalla tassazione di multinazionali come Facebook e Amazon.

S&D

“Un giorno storico per la diplomazia economica”, lo ha definito la segretaria al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen, dopo che ieri 130 Paesi hanno annunciato un’intesa per un’imposta del 15 percento sugli utili, proposta dagli Stati Uniti, al termine di negoziati condotti a Parigi presso l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). “L’accordo di oggi tra 130 Paesi che rappresentano oltre il 90 percento del Pil globale è un chiaro segnale: la corsa al ribasso è più vicina alla fine”.

All’accordo, che segue quello raggiunto durante l’incontro dei Paesi del G7 a giugno, hanno aderito anche Paesi come Cina e India, che in precedenza avevano manifestato riserve sulle proposte, oltre a paradisi fiscali come Bermuda, Isole Cayman e Isole Vergini Britanniche. Solo nove paesi non hanno firmato: i membri dell’Ocse Irlanda, Estonia e Ungheria oltre a Barbados, Kenya, Nigeria, Saint Vincent e Grenadine e Sri Lanka.

Oltre all’imposta minima del 15 percento, l’accordo prevede una misura che dovrebbe consentire a diversi Paesi di ottenere maggiori proventi da multinazionali con sede all’estero, tra cui le grandi aziende tecnologiche come Google e Facebook.

Con il cosiddetto “Pilastro Uno”dell’intesa, che inizialmente si applicherà solo alle aziende che hanno ricavi superiori a 20 miliardi di euro, i Paesi potranno in parte tassare le imprese in base a dove si trovano i propri clienti e non a dove hanno sede, facendo pagare una quota compresa tra il 20 e il 30 percento degli utili che superano una soglia del 10 percento dei ricavi. Anche Amazon rientrerà nella misura grazie ad alcune norme aggiuntive, nonostante i margini di profitto del colosso di Seattle siano inferiori alla soglia del 10 percento.

I firmatari dell’accordo dovranno rinunciare alle imposte sui servizi digitali, introdotte in diversi Paesi europei. Queste imposte, dirette contro i colossi tecnologici statunitensi, avevano spinto il governo degli Stati Uniti a minacciare di imporre dazi su merci europee. Dalle misure del Pilastro uno saranno escluse le aziende che offrono servizi finanziari regolamentati oltre a quelle minerarie e petrolifere. Invece dal Pilastro Due dell’accordo, quello sull’imposta minima, sarà escluso il settore delle spedizioni.

Secondo Mathias Cormann, segretario generale dell’Ocse, l’accordo assicurerà che “le grandi multinazionali paghino quanto dovuto ovunque”, aggiungendo che l’accordo non eliminerà la concorrenza fiscale tra i paesi “ma pone limiti concordati” ad essa.

“Con una tassa minima globale in vigore, le multinazionali non saranno più in grado di mettere i Paesi l’uno contro l’altro nel tentativo di abbassare le aliquote e proteggere i loro profitti a scapito delle entrate pubbliche”, ha detto il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.

L’accordo sarà discusso la prossima settimana a Venezia, al vertice dei ministri dell’economia e delle finanze del G20, i cui membri hanno tutti sottoscritto l’intesa raggiunta ieri, e dovrà essere poi approvato Roma alla riunione dei capi di Stato e di governo del G20. L’Ocse ha dichiarato che le nuove regole dovrebbero essere introdotte l’anno prossimo e implementate dai Paesi entro il 2023.

Il ministro dell’Economia italiano Daniele Franco ha dichiarato che le nuove regole “cambierebbero radicalmente l’attuale architettura della fiscalità internazionale, rendendola adeguata rispetto alle caratteristiche dell’economia globale del XXI secolo”, affermando che “l’intesa politica” sarà raggiunta al vertice di Venezia.

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