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Home » Esteri

Spagna, scambiata alla nascita nell’incubatrice: oggi chiede 3 milioni per danni morali

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Immagine di archivio. Credit: Xinhua

È una storia incredibile quella avvenuta in Spagna, nell’ospedale San Millan di Logroño, dove circa 19 anni fa due neonate venivano scambiate e consegnate ai genitori opposti. Una di loro ha scoperto il fatto grazie a un test del Dna e ora chiede un risarcimento danni di 3 milioni di euro al Ministero della Sanità. La vicenda, rivelata dal quotidiano locale La Rioja, ha colpito l’opinione pubblica spagnola anche per le traversie subite dalla giovane, finita in una famiglia problematica.

Ana e Maria (nomi di fantasia scelti dal giornale, ndr) sono nate a cinque ore di distanza l’una dall’altra. Entrambe sottopeso, le due neonate sono state poste nell’incubatrice ed è proprio lì che le piccole sono state scambiate, probabilmente per un errore umano. La famiglia dove è finita Maria si è rivelata problematica, nel 2003 la piccola è stata affidata alla nonna materna che ne è diventata la tutrice. A 15 anni la nonna di Maria ha fatto causa al “padre” della nipote chiedendo il pagamento degli alimenti. Ma l’uomo si è rifiutato spiegando che Maria non era figlia sua. A quel punto la giovane ha fatto il test del Dna e ha scoperto così di non avere alcun legame biologico con quelli che per quasi vent’anni ha creduto fossero i suoi genitori.

Da questo momento, con l’aiuto di uno studio di avvocati, Maria si è dedicata alla ricerca dei suoi veri genitori. Il Tribunale dei minori l’ha abilitata a procedere come se fosse già maggiorenne. Su sua istanza, le autorità sanitarie della provincia hanno avviato una indagine, attraverso la quale si è scoperto lo scambio. Ma Maria non ha fatto in tempo a conoscere la sua vera madre, morta nel 2018.

Ora sono in corso due procedure. Una per il riconoscimento di filiazione dal suo vero padre, che si è sottoposto volontariamente alla prova del Dna a gennaio. Il risultato non è stato ancora comunicato ufficialmente, ma sembra non vi siano dubbi. La seconda, che dipende dall’esito della prima, è la richiesta di risarcimento alle autorità sanitarie. Queste però non si ritengono responsabili della vicissitudini della ragazza e avrebbero offerto un indennizzo di 215mila euro.

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