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Home » Esteri

La frase shock di Smotrich rivela i timori degli estremisti israeliani

Immagine di copertina
Il premier di Israele Benjamin Netanyahu e il suo ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. Credit: RONEN ZVULUN/POOL/SIPA / AGF

“Gaza può diventare una miniera d’oro immobiliare”. Con questa frase, che non dà l’idea di voler affrontare la catastrofe umanitaria in corso, né mostra particolare empatia verso i civili morti e costretti a spostarsi di volta in volta mentre le operazioni militari imperversano, con quel tradizionale stile cinico che ha più volte scatenato indignazione nell’opinione pubblica ma ha accarezzato l’elettorato estremista del suo partito, il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ha parlato della sua idea del futuro nella Striscia. Tuttavia, per quanto abbia menzionato un piano a riguardo già sulla scrivania di Trump che andrebbe in questo senso, l’impressione è che il futuro di Gaza non seguirà in nessun caso la strada auspicata da Smotrich e questa frase, oltre a scatenare una certa indignazione, provi a mascherare molti timori dei partiti più estremisti che fanno parte della coalizione che sostiene il governo di Benjamin Netanyahu.

Mentre le truppe israeliane penetrano sempre più in profondità nella città di Gaza in quella che, a quasi due anni dal 7 ottobre 2023, sembra essere forse la fase finale di una guerra che ha causato innumerevoli vittime civili e la devastazione di un intero territorio, mentre il mondo si chiede su quante persone siano morte, come si possa fermare un simile dramma umanitario, mentre si cerca di comprendere quanti ostaggi nelle mani di Hamas siano ancora in vita, in che condizioni, e se sia ancora possibile salvarli, mentre dall’Occidente arrivano sempre più pressioni verso Israele per far tacere le armi, sembra che davvero si sia vicini alla fine del conflitto. Questo non solo perché dopo l’ingresso dei militari israeliani nella città di Gaza è difficile immaginare altri obiettivi militari per lo stato ebraico, ma anche perché è in programma una nuova visita ufficiale di Netanyahu a Washington, le cui tempistiche coincideranno proprio con la fine di tale operazione, e perché proprio in questi giorni sono trapelate le prime indiscrezioni del piano messo a punto dall’ex Primo ministro britannico Tony Blair per tracciare il futuro della Striscia.

Tale piano oggi è riservato, ma diversi media che hanno avuto modo di venirne a conoscenza ne hanno in parte rivelato il contenuto, e questo va in una direzione diversa dalle dichiarazioni di Smotrich. Non vi sono infatti previsioni di alcuna “Gaza Riviera”, tanto meno di colonie israeliane, non si parla di opportunità immobiliari né di trasferimento della popolazione: si concentra anzi su chi governerà la Striscia e come, escludendo Hamas, garantendo il disarmo e dando centralità all’Autorità Nazionale Palestinese attraverso la costituzione di un organismo transitorio ad hoc. E anzi: punta a garantire il diritto a fare ritorno a Gaza per chi eventualmente volesse trasferirsi altrove.

Sono contenuti che andranno discussi, approvati dalle parti in causa, e che in una situazione complessa potrebbero avere da più parti i rispettivi ostacoli, ma che vanno in una direzione molto diversa da quanto hanno più volte dichiarato gli esponenti dei partiti più estremisti del governo Netanyahu, Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, che in questi due anni hanno accarezzato argomenti come colonie e opportunità immobiliari. Gli stessi ministri contro cui l’Unione europea sta ragionando sulla possibilità di imporre sanzioni. In questo modo, mentre Israele è alle prese con una comunità internazionale sempre più fredda, mentre c’è sempre più indignazione per le migliaia di morti e una situazione umanitaria drammatica, se la guerra stavolta arriverà finalmente alla fine, se sarà il piano di Blair la base del giorno dopo a Gaza, Netanyahu si potrà intestare agli occhi dell’opinione pubblica interna (su quella internazionale il discorso è totalmente differente, come ben sappiamo) il risultato, quale esso sia, mentre i due partner estremisti della coalizione, che hanno avuto un ruolo importante nel mantenere l’attuale premier al governo, che rischiano invece di restare molto delusi, dal momento che le loro posizioni prevedevano altro. Con tutte le possibili conseguenze sull’elettorato. Ed è per questo che, proprio oggi, si sentono ancora frasi shock da ministri come Smotrich: è l’ultimo modo per provare a muovere qualcosa prima che Trump, Netanyahu e Blair imbocchino una strada diversa.

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