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Home » Esteri

La protesta degli scrittori indiani per la libertà di parola

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Oltre 40 autori hanno scritto una lettera di protesta o restituito premi letterari loro conferiti per denunciare i numerosi attacchi alla libertà di parola nel Paese

La principale fonte d’ispirazione per uno scrittore è la vita: il luogo in cui abita, la società di cui fa parte. È normale che un autore vi attinga, che si permetta di criticare, denunciare o anche semplicemente raccontare ciò che vede e sente per contestualizzare i suoi racconti.

Aveva fatto così anche Perumal Murugan, prima di diventare vittima di minacce e aggressioni da parte dei suoi oppositori.

“Perumal Murugan, lo scrittore, è morto. Siccome non è una divinità, non si farà risorgere. Non crede nella rinascita. Come un insegnante qualunque, vivrà la sua vita come P Murugan. Lasciatelo in pace”.

Con queste parole si è conclusa la carriera letteraria di uno dei più grandi scrittori in lingua Tamil dell’India. Nel suo ultimo romanzo Madhorubhagan, Murugan aveva toccato alcuni argomenti sensibili come il sistema delle caste indiano e un festival religioso in cui, sostiene, è permesso avere rapporti sessuali con persone al di fuori dal vincolo matrimoniale.

Lo scrittore Malleshappa Kalburgi, invece, non è sceso a compromessi con nessuno ed è stato ucciso con un colpo di pistola mentre si trovava alla porta della sua casa nello stato meridionale del Karnataka.


Sono anni che in India gli scrittori non si sentono liberi di esprimersi, chi per colpa della società, chi per la censura. Molti libri vengono censurati con l’accusa di aver offeso una comunità, i sentimenti religiosi di qualcuno, la nazione, o per “contenuti osceni”.

Adesso è arrivato il momento in cui non ce la fanno più. Oltre 40 scrittori indiani hanno scritto una lettera di protesta o restituito il premio letterario consegnato loro dalla prestigiosa Sahitya Akademi, un’organizzazione che promuove la letteratura nelle diverse lingue del Paese.

Sono stanchi della crescente intolleranza e dei numerosi attacchi alla libertà di parola compiuti principalmente da gruppi di estrema destra dai quali il governo si dissocia, senza però far molto per combatterli o contenerli. Tra questi vi è il gruppo Shri Ram Sene che aveva annunciato che avrebbe tagliato la lingua di chiunque avesse offeso l’induismo.

Il motivo per cui questa protesta è diversa da quelle del passato è il fatto che vi hanno aderito scrittori da diversi stati e partiti politici, scrittori che parlano lingue diverse tra loro e hanno tradizioni contrastanti.

L’autrice indiana Nayantara Sahgal ha aderito al movimento di protesta e rinunciato al premio conferitole dalla Sahitya Akademi all’inizio di ottobre.

“La cultura indiana della diversità e del dibattito è ora sotto feroce attacco. Razionalisti che mettono in dubbio la superstizione e chiunque metta in discussione qualsiasi aspetto della distorsione brutta e pericolosa dell’induismo conosciuta come hindutva, vengono emarginati, perseguitati o uccisi. Il primo ministro rimane in silenzio di fronte a questo regno del terrore. Dobbiamo presumere che non osa allontanare i malfattori che condividono la sua stessa ideologia”, ha scritto in una lettera di protesta.

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