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Home » Esteri

In Turchia continuano i processi contro giornalisti e oppositori del presidente Erdogan

Immagine di copertina
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan accusa il suo ex alleato l’imam Fetullah Gülen, che vive negli Stati Uniti, di aver organizzato il colpo di stato del luglio 2016 e da allora ha dato il via a una serie di purghe a tutti i livelli dello stato e della società. Credit: Reuters

Negli ultimi giorni sono andati in scena i procedimenti giudiziari contro decine di scrittori e intellettuali che hanno lavorato per diversi quotidiani di opposizione

In Turchia stanno andando in scena i processi contro i giornalisti e gli amministratori di quotidiani di opposizione al governo del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Continua oggi il procedimento giudiziario contro la scrittrice turca Nazli Ilicak e i fratelli Ahmet e Mehmet Altan, mentre nei giorni scorsi hanno preso il via le udienze dei processi contro i giornalisti delle testate di opposizione ZamanCumhuriyet.

Il processo ad alcuni intellettuali

Il 19 settembre prosegue in Turchia il processo a carico della scrittrice turca Nazli Ilicak, dello scrittore Ahmet Altan, dell’economista Mehmet Altan e di altri 17 fra giornalisti, scrittori e intellettuali turchi, per i fatti legati al tentato colpo di stato del luglio 2016.

Accusati di aver tentato di rovesciare il governo, di sovvertire l’ordine costituzionale e di aver fornito supporto a un’organizzazione terroristica pur senza esserne membri, rischiano ciascuno una condanna all’ergastolo, oltre a ulteriori pene detentive fino a 15 anni.

I fratelli Ahmet e Mehmet Altan sono in carcere da settembre 2016, la scrittrice e giornalista Nazli Ilicak è stata invece arrestata nel luglio dello stesso anno.

La prima udienza del processo era andata in scena il 18 giugno 2017 a Istanbul, nella 26esima corte penale del tribunale di Caglayan. Allora gli imputati negarono tutte le accuse a proprio carico, rivendicando la propria innocenza e il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e le proprie critiche.

“Esprimere le proprie opinioni, informare i cittadini, essere in dissenso con il governo non significa fare attività sovversiva”, aveva detto Ilicak alla corte. La scrittrice è stata arrestata il 26 luglio 2016 insieme ad altri 42 giornalisti, accusati di sostenere l’“organizzazione terroristica armata” legata all’imam Fetullah Gülen, il principale responsabile e organizzatore del tentato colpo di stato del luglio 2016 secondo il governo turco.

Lo scrittore e giornalista Ahmet Altan è stato invece arrestato il 23 settembre 2016 con l’accusa di aver trasmesso messaggi in codice durante alcune trasmissioni televisive ai golpisti impegnati nel tentativo di colpo di stato del 2016.

Allo scrittore viene imputato di essere un seguace di Gülen per aver partecipato ad alcuni programmi di un’emittente televisiva appartenente all’impero mediatico riconducibile al movimento guidato dall’imam turco.

L’accusa sottolinea anche la sua direzione del quotidiano di opposizione Taraf, ormai chiuso, fra il 2007 e il 2012. Ahmet Altan, autore di dieci romanzi tradotti in tutto il mondo, ha descritto la sua esperienza in carcere in un saggio chiamato Il paradosso dello scrittore, dove rivela di essere “tenuto in una prigione di massima sicurezza nel mezzo del nulla”.

Secondo questa testimonianza, Altan passa la sua ora d’aria “in un piccolo cortile lastricato in pietra coperto da una gabbia d’acciaio”. Nel carcere dove è detenuto, lo scrittore non è autorizzato a incontrare nessuno, tranne i propri avvocati e i propri figli.

“Non posso nemmeno inviare una lettera di due righe ai miei cari”, scrive Ahmet Altan nella sua testimonianza.

Mehmet Altan invece, professore di economia e fratello dello scrittore Ahmet, è stato arrestato la prima volta il 10 settembre 2016 ed è anche lui accusato di aver appoggiato il movimento di Gülen. Secondo i magistrati infatti, Altan ha tentato di esaltare l’ideologia dei gulenisti attraverso alcuni articoli scritti sul web e pubblicati da diversi giornali di opposizione.

Più di 200 scrittori in tutto il mondo, tra cui Margaret Atwood, Russell Banks, Joanne Harris e JM Coetzee, insieme ad altre figure pubbliche hanno firmato una petizione di protesta contro l’arresto dei fratelli Altan.

Il processo ai giornalisti di Zaman

Intanto, il 18 settembre 2017 si è aperto anche il processo contro 31 giornalisti e amministratori del quotidiano di opposizione Zaman. Anche in questo caso, gli imputati sono accusati di essere legati all’imam Fetullah Gülen.

I giornalisti dovranno quindi difendersi dall’accusa di far parte di “un’associazione terroristica armata” e di aver attentato all’ordine costituzionale in Turchia, tentando di rovesciare il governo e il parlamento.

Gli accusati rischiano così di essere condannati a lunghe pene detentive o addirittura all’ergastolo.

Considerata l’azienda editoriale più importante dell’impero mediatico che fa riferimento all’imam Gülen, Zaman aveva sostenuto l’ascesa politica del presidente Erdogan, passando all’opposizione non appena quest’ultimo aveva rotto la sua alleanza politica con il movimento gulenista.

Le rotative del quotidiano Zaman erano già state fermate dal governo turco nel marzo del 2016, quando Ankara aveva commissariato il giornale.

Successivamente le autorità turche avevano scelto di chiudere definitivamente il quotidiano, il più letto nel paese fino a quel momento.

La testata non veniva infatti più stampata da alcuni mesi quando è andato in scena il tentato golpe.

Ma questa circostanza non ha fermato la repressione del governo di Ankara. 22 accusati su 31 sono in custodia preventiva in carcere da oltre un anno e tra questi c’è anche il 73enne Sahin Alpay.

Alpay, giornalista e professore di Scienze politiche all’Università di Bahçeşehir a Istanbul, nonché editorialista per la BBC, scriveva su Zaman dal 2002 ed è stato arrestato il 31 luglio 2016.

“Se avessi mai pensato che il movimento gulenista avrebbe avuto un ruolo in un tentativo di colpo di stato, non avrei mai scritto una colonna su Zaman”, ha detto Alpay all’agenzia di stampa turca Dogan.

Secondo l’accusa, il giornale ha superato i limiti della libertà di stampa e della libertà di espressione.

Il processo ai giornalisti di Cumhuriyet

L’11 settembre è ripreso anche il processo contro 17 giornalisti e amministratori del quotidiano di opposizione Cumhuriyet.

Prima di essere commissariata dal governo, la testata rappresentava uno dei giornali che davano voce all’opposizione laica al presidente turco Erdogan.

Nel maggio 2015, il quotidiano aveva infatti pubblicato le prove che i servizi segreti turchi rifornivano di armi i ribelli siriani che combattevano contro il dittatore Bashar al-Assad.

Il presidente turco, parlando dell’allora direttore di Cumhuriyet, Can Dündar, aveva detto: “Credo che chi ha pubblicato queste notizie pagherà un prezzo molto alto”.

Proprio Dündar, attualmente fuggito in Germania e oggetto di un mandato di cattura emesso dalla magistratura turca, è uno dei principali imputati del processo insieme al suo successore alla guida del giornale, Murat Sabuncu, al giornalista Kadri Gursel, al vignettista Musa Kart e al reporter investigativo Ahmet Sik.

Gli imputati sono accusati, come i loro colleghi del quotidiano Zaman, di far parte della “rete terroristica” dell’imam Fetullah Gülen e rischiano condanne fino a 43 anni di carcere.

I giornalisti hanno sempre negato queste accuse e un’avvocato appartenente al collegio di difesa che assiste gli imputati ha detto che la corte sta volontariamente ignorando le prove a discarico degli accusati.

“Questo è un processo politico, le prove non sono prese in considerazione”, ha detto Tora Pekin, legale turco che ha presenziato all’udienza dell’11 settembre.

Dopo le prime cinque udienze tenutesi a luglio 2017, al termine delle quali erano stati rilasciati sette dei 12 dipendenti del giornale, detenuti per nove mesi di carcerazione preventiva, il dibattimento tenutosi nell’aula del carcere di Silivri ha visto l’estensione della detenzione per cinque imputati, tra cui il direttore Murat Sabuncu.

Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero utilizzato l’applicazione ByLock, un sistema di messaggistica digitale crittografata che secondo il governo di Ankara fu usata anche dai cospiratori del 15 luglio.

Questa è una delle prove che lega gli accusati al tentato colpo di stato del 2016.

La repressione del governo turco

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan accusa il suo ex alleato l’imam Fetullah Gülen, che vive negli Stati Uniti, di aver organizzato il colpo di stato del luglio 2016 e da allora ha dato il via a una serie di purghe a tutti i livelli dello stato e della società.

Durante la repressione ordinata da Erdogan, sono stati arrestati almeno 50mila tra giornalisti, membri dell’opposizione e funzionari pubblici.

In più, secondo i dati forniti dallo stesso ministero della Giustizia di Ankara, oltre 169mila persone hanno subito un procedimento giudiziario per accuse legate al tentativo di colpo di stato. La maggior parte di queste sono state sospese o hanno perso il proprio lavoro.

Da allora diversi gruppi di attivisti per i diritti umani e gli alleati occidentali della Turchia accusano il governo di Ankara di aver utilizzato il tentato golpe come pretesto per mettere a tacere il dissenso e imprigionare gli oppositori politici del partito di governo, l’Akp.

Infatti, almeno 160 giornalisti sono ancora detenuti in Turchia, rendendo il governo turco il più accaniti persecutore della libertà di stampa in Europa.

Ankara afferma comunque che la repressione e la sospensione delle normali garanzie democratiche si è resa necessaria a causa della gravità della minaccia che si è trovata ad affrontare.

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