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L’attacco in Israele è l’ultimo capitolo di un mondo sempre meno sicuro

Immagine di copertina
Credit: AP Photo/Hassan Eslaiah

L’attacco compiuto da Hamas nel sud di Israele in cui sono stati uccisi, feriti e presi in ostaggio un numero di persone in continuo aumento in un macabro calcolo che dà l’idea della gravità della situazione non rappresenta solo un gesto barbaro di una gravità inaudita, né si limita a essere l’azione su maggiore scala mai compiuta dal gruppo terrorista palestinese, ma è l’ennesimo campanello d’allarme di come la sicurezza globale sia ad oggi in totale deterioramento.

Correva l’anno 2014 quando Papa Francesco disse che era in corso la terza guerra mondiale a pezzi. All’epoca si stava assistendo gli strascichi violenti della primavera araba a partire dalla guerra civile siriana, l’ISIS iniziava a imperversare nel Medio Oriente, in Donbass iniziava il conflitto armato. Lo stesso anno a maggio un terrorista islamico radicale aveva aperto il fuoco presso il Museo Ebraico di Bruxelles, uccidendo quattro persone: non avevamo idea che non sarebbe stato un caso isolato, ma forse il primo capitolo degli attentati che dall’anno successivo l’ISIS e alcuni suoi epigoni avrebbero compiuto, gettando una scia di sangue e insicurezza in Europa come nel resto del mondo.

E mentre il terrorismo internazionale prendeva piede e la sicurezza si deteriorava ovunque, i migranti si affollavano a fuggire da terre martoriate in un flusso sempre più difficile da gestire in cui troppo spesso sebrava ci si dimenticasse che si trattava di esseri umani. Un flusso la cui gestione ricadeva su governi deboli di Paesi deteriorati da conflitti, favoriva traffici e aveva come terminale un’Europa sempre più divisa su miriadi di argomenti. Nel frattempo, in Paesi ai nostri occhi remoti, dal Sud Sudan allo Yemen, dal Myanmar al Mali la violenza imperversava e le soluzioni diplomatiche sembravano sempre più difficili, con istituzioni internazionali indebolite e la legge del più forte che prendeva piede.

L’arrivo della pandemia ha rallentato molti conflitti, ma ha contribuito a destabilizzare il mondo sotto molti aspetti, da quello sanitario a quello economico. Ne saremmo usciti migliori, dicevamo, ma molti buoni auspici ce li siamo lasciati alle spalle. E mentre speravamo che finite le fasi acute di diffusione del virus arrivasse un mondo a misura d’uomo e tornasse la solidarietà tra i Paesi per un futuro di pace e prosperità all’insegna di PNRR e di altre forme di sostegno, tornavano tanti spettri che speravamo relegati al passato.

Sembrava inverosimile che la Russia potesse invadere l’Ucraina nel 2022, eppure così è stato. E in un mondo indebolito, una tale spallata a un ordine globale così fragile ha sconvolto ulteriormente gli equilibri. Argomenti che fino a poco fa erano quasi un tabù, come la bomba atomica, sono entrati nel dibattito di tutti i giorni e vengono quasi considerati un’opzione. Altre guerre sono iniziate, solo negli ultimi mesi abbiamo visto un nuovo scontro in Nagorno-Kharabakh, e nei Balcani non mancano le tensioni tra Serbia e Kosovo. L’attacco di Hamas è stato cronologicamente l’ultimo, gravissimo, episodio in un mondo sempre più instabile e in cui i rischi sembrano farsi, giorno dopo giorno, sempre più grandi.

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