Guerra in Libia, l’ambasciatore italiano a Tripoli: “Fase di stallo”
Giuseppe Buccino: "L'intesa tra Haftar e Al Sarraj è ancora lontana, ma insistiamo per la pacificazione"
Guerra in Libia: le parole dell’ambasciatore italiano Giuseppe Buccino
L’ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Buccino, ritiene che la guerra in corso in Libia non sia vicina a una soluzione. “La guerra continua e anche il recente colloquio a Bengasi tra il maresciallo Khalifa Haftar e l’inviato dell’Onu Ghassan Salamé lascia poche prospettive di accordo per il momento con il campo di Fayez Sarraj a Tripoli. Da quello che si è capito, Haftar valuta tuttora di poter vincere con le armi”, osserva Buccino in una intervista al Corriere della Sera, pubblicata oggi, martedì 30 luglio.
Lo scorso 20 luglio Haftar, signore della Cirenaica e capo dell’Esercito nazionale libico (Enl), ha annunciato l’offensiva finale contro la capitale Tripoli, dove al potere c’è Fayez Al Sarraj, premier del Governo di accordo nazionale, l’unico riconosciuto dalle Nazioni Unite. Una settimana dopo, il 27 luglio le milizie del generale hanno bombardato l’ospedale da campo di Al Zaouia, lungo la strada per l’aeroporto di Tripoli a 45 chilometri dalla Capitale.
Poche ore prima anche l’ospedale da campo italiano di Misurata, adibito alla cura dei civili, era stato preso di mira, fortunatamente senza vittime. Un razzo era invece caduto nei pressi dell’hotel dov’è alloggiato parte del personale italiano che lavora all’ambasciata di Tripoli.
Guerra in Libia: situazione di stallo
“Siamo allo stallo, per ora. Se ci pensiamo bene, dal 2011 la Libia ha subito quattro o cinque conflitti, tutti dominati da una questione di fondo quasi filosofica: il futuro sarà in continuità o rottura col passato. Sino al 4 aprile scorso si stava lavorando per il dialogo interno, ma Haftar ha lanciato l’offensiva militare. È sembrato potesse vincere velocemente. Però poi il caleidoscopio di forze tra Tripoli, Misurata, Zintan eccetera ha sospeso le rivalità interne per coalizzarsi in un fronte comune. E oggi l’acuirsi dei combattimenti non cambia lo stallo sul terreno”, osserva l’ambasciatore.
Secondo Buccino, in altre parole, Haftar è diventato più forte del previsto e una soluzione rapida del conflitto non sembra realistica, perché il generale non ha alcuna intenzione di interrompere l’offensiva.
L’ambasciatore non è fiducioso nella possibilità di un’interruzione immediata del conflitto: “Una soluzione militare non credo sarebbe possibile, a meno di stravolgimenti indicibili”, dice. Una soluzione politica? “Haftar sembra non crederci. Ma anche per il governo Sarraj appare arduo convincere le forze che lo difendono a parlare col nemico”.
Il diplomatico sembra però continuare a sperare in un ruolo di mediazione dell’Italia per trovare un accordo tra le due parti in guerra: “Noi comunque insistiamo per favorire la pacificazione del Paese con la convinzione che la via della forza non possa che causare danni gravissimi a tutti. Siamo in una fase delicatissima. Il nostro ruolo è centrale. Siamo l’unica ambasciata occidentale aperta nel Paese, rappresentiamo un messaggio di stabilità per tutti”, spiega.
Il possibile attacco di Haftar contro l’Italia
L’ambasciatore italiano in Libia parla poi del recente bombardamento sull’ospedale italiano di Misurata: “Non eravamo noi l’obiettivo”, assicura. Mentre in riferimento al razzo caduto vicino all’ambasciata italiana afferma che si è trattato di un puro incidente.
Buccino nega quindi un’azione offensiva da parte di Haftar nei confronti dell’Italia. La dimostrazione di questo sarebbe il fatto che le infrastrutture dell’Eni non sono state colpiti perché i libici stessi le considererebbero “un patrimonio nazionale”, dal momento che “metà del gas Eni è destinato ai libici”.
“L’Eni continua a controllare oltre il 45 per cento della produzione di gas e petrolio. Resta la compagnia straniera di gran lunga più importante. Ha stretto accordi con la Bp britannica. La Total francese è attorno al 5 per cento”, aggiunge.
Guerra in Libia: la situazione migranti
Sul tema dei migranti l’ambasciatore sembra sereno e ritiene che la cooperazione con la Libia in merito stia portando dei frutti: “Presto manderemo 10 navi guardacoste ai libici, oltre alle 3 già attive. Dal primo gennaio hanno riportato in Libia 3.371 migranti. Hanno lavorato anche durante il Ramadan, per la Libia è un’eccezione”.
Sui numeri dei migranti che potrebbero arrivare in Italia nel caso di una sconfitta di Sarraj l’ambasciatore è ottimista: “Al tempo di Gheddafi questo Paese dava lavoro a oltre due milioni di stranieri. Ne arrivano molti meno dall’Africa. Oggi si stimano 650.000 stranieri in Libia. Le agenzie Onu ci ricordano che siamo scesi da 181.000 migranti verso l’Europa nei primi 7 mesi del 2016 a 4.629 nello stesso periodo del 2019. Non credo che quelli oggi in Libia possano partire in massa. Non ci sarebbero neppure gli scafisti a garantire le barche”.
I dati dicono anche altro. Secondo l’ufficio in Libia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), a 100 giorni dall’inizio degli scontri nei pressi di Tripoli almeno 1.093 persone, tra cui 106 civili, sono stati uccisi e 5.752, tra cui 294 civili, sono rimasti feriti nella capitale libica.
Stando invece ai numeri dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, almeno 641.398 migranti risultano presenti attualmente in Libia, di cui il 20% ospitati a Tripoli. Nell’area sono presenti inoltre anche 104mila sfollati.
Il 25 luglio un terribile naufragio ha provocato la morte di circa 150 persone. Due barconi sono affondati davanti a Khoms, di fronte la costa libica. A bordo c’erano circa 300 persone. Di queste 137 sono state tratte in salvo, e portate in Libia. Gli altri sono annegati: è la peggior strage nel Mediterraneo degli ultimi due anni.