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Home » Esteri

In due anni ucciso un bambino ogni ora: tutti i numeri della strage degli innocenti a Gaza

Immagine di copertina
Credit: AGF

Almeno 20mila minori sono morti nella Striscia dall’ottobre del 2023. 119 di fame. E più di 42mila sono rimasti feriti. Ma altri 132mila rischiano la vita per la carestia. Come Muna, Bilal, Ahmad e Wesam

Muna ha 13 anni ed è ricoverata in un ospedale di Gaza City a causa di un intervento chirurgico addominale per una ferita causata da un’esplosione, che ha obbligato i medici ad amputarle la gamba sinistra. La bambina, sostenuta da un programma dell’Unicef, è sopravvissuta a un raid condotto il 1° settembre dalle forze aeree di Israele in cui ha perso la madre, il fratello di due anni e la sorella di otto. La sua storia però somiglia a quelle di migliaia di giovanissimi uccisi e mutilati nella Striscia.

Giovani vittime
Almeno 67mila persone sono morte e altre 169mila sono rimaste ferite a Gaza dal 7 ottobre 2023. Tra le vittime, secondo l’ong Save The Children, più di 20mila erano minori. In media, ha denunciato l’organizzazione citando i dati pubblicati dall’ufficio stampa del governo della Striscia, almeno un bambino palestinese è stato ucciso ogni ora a Gaza dalle forze israeliane nel corso degli ultimi due anni. «Almeno 1.009 dei bambini uccisi avevano meno di un anno e quasi la metà (450) di questi erano neonati», ha fatto sapere in una nota Save The Children. Almeno 42.011 bambini, sempre secondo il ministero della Salute della Striscia, sono rimasti feriti, mentre il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità conta almeno 21mila minori rimasti permanentemente disabili a causa delle ostilità. Senza contare migliaia di altri ancora dispersi e presumibilmente sepolti sotto le macerie che hanno ricoperto le strade della Striscia.
«È una statistica vergognosa, un nuovo, orribile minimo in una guerra caratterizzata da un flusso costante di morti. E, cosa ancora peggiore, lo avevamo previsto. Attacchi sistematici a case per bambini, parchi giochi, scuole e ospedali, fame intenzionale», ha denunciato in una nota il direttore regionale di Save the Children per il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Europa orientale, Ahmad Alhendawi. «È una guerra crudele, depravata e deliberata contro i bambini di Gaza e il loro futuro, una generazione rubata».
La lotta per la sopravvivenza infatti non finisce con la sospensione delle ostilità. Il 78 per cento degli edifici, secondo l’ultima analisi pubblicata ad agosto dal Programma satellitare delle Nazioni Unite (Unosat), sono stati distrutti o danneggiati dai raid di Israele, comprese almeno 282.904 unità abitative. Non solo: secondo l’Onu, i bombardamenti hanno danneggiato il 97 per cento delle scuole e il 94 per cento degli ospedali della Striscia. Ma anche altre infrastrutture pubbliche essenziali come gli impianti per la depurazione idrica e per i servizi igienico-sanitari sono andati sistematicamente distrutti, così come i terreni agricoli che garantivano il sostentamento alimentare minimo della popolazione. Nove persone su dieci poi, su 2,1 milioni di abitanti, sono state sfollate con la forza, la maggior parte più volte, in aree sempre meno estese, peggiorando le condizioni di vita della popolazione, che ora rischia sempre più di morire di fame e i bambini ovviamente sono i più vulnerabili.

Senza cibo né rifugio
Come Muna anche Bilal viveva con i genitori e i fratelli a Gaza City prima dell’offensiva israeliana e anche lui è finito in ospedale, sostenuto da un programma dell’Unicef. Dopo che il rifugio della sua famiglia è stato bombardato da Israele e il padre ha perso la capacità di camminare, insieme al cugino, il 17enne si è incamminato verso il sud della Striscia alla disperata ricerca di cibo. Ma mentre aspettava tra la folla di entrare in un centro di distribuzione alimentare è stato colpito da un proiettile che gli ha distrutto il ginocchio. Peggio è andata ad Ahmad, anch’egli residente a Gaza City insieme ai genitori e ai fratelli. Affetto da celiachia, secondo la testimonianza raccolta dall’ong israeliana B’Tselem, per quasi due anni ha lottato contro la mancanza di alimenti adeguati alla sua condizione, nutrendosi per lo più di verdure e cibi in scatola e finendo più volte ricoverato. Ma dopo il blocco all’ingresso degli aiuti e la ripresa delle ostilità da parte di Israele nel marzo scorso, lui e la sua famiglia hanno potuto sfamarsi soltanto con legumi, in particolare quasi solo con lenticchie, senza sapere se questi fossero entrati in contatto con farine e altri cereali, peggiorando le sue condizioni e indebolendone il già fragile sistema immunitario. Così il 27 agosto scorso Ahmad è morto nell’ospedale al-Shifaa. Di fame e non è il solo.
Almeno 317 persone, tra cui 119 minori, secondo le statistiche del ministero della Salute della Striscia citate dall’Unicef, hanno subito la stessa sorte del 17enne a Gaza dall’ottobre 2023. D’altronde l’ultima analisi pubblicata ad agosto dall’Integrated Food Security Phase Classification (IPC), organismo riconosciuto dall’Onu, ha certificato che oltre mezzo milione di persone nella Striscia sono vittime della carestia, caratterizzata da fame diffusa, indigenza e decessi evitabili. 

Futuro incerto
Sebbene il volume totale di beni (sia aiuti umanitari che merci) entrati nel territorio costiero palestinese ad agosto sia stato quasi pari a quello raggiunto nei cinque mesi precedenti messi insieme, il tasso di malnutrizione infantile nella Striscia ha superato ogni record. Nello stesso mese infatti la percentuale di bambini identificati dalle Nazioni Unite come gravemente malnutriti è salita dall’8,3 al 13,5 per cento rispetto a luglio. Soltanto a Gaza City la percentuale di minori ricoverati in queste condizioni è arrivata ad agosto al 19 per cento. Parliamo di quasi 13mila minori che necessitano di cure per malnutrizione acuta, praticamente uno su cinque di quelli rimasti in città. I numeri però sono molto più alti nel resto del territorio costiero. Almeno 132mila bambini di età inferiore ai cinque anni, secondo il ministero della Salute della Striscia, rischiano di morire di malnutrizione acuta. E non finisce qui.
«L’escalation dell’offensiva militare a Gaza City sta avendo conseguenze devastanti per oltre 450mila bambini, già traumatizzati ed esausti da quasi due anni di guerra incessante. Sono sull’orlo della sopravvivenza a causa della carestia e della violenza mortale che si diffondono», ha denunciato il direttore regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa, Edouard Beigbeder. «L’urgenza di agire e salvare vite umane non è mai stata così forte. C’è un rischio elevato che alcuni dei 2.400 bambini attualmente in cura per malnutrizione acuta grave possano morire di fame a Gaza City».
Tra loro c’è anche Wesam, la cui storia somiglia in modo impressionante a quella di Muna. A soli tre anni è l’unica sopravvissuta a un attacco aereo notturno condotto da Israele contro il rifugio che ospitava lei e la sua famiglia nel quartiere di Zeitoun, a Gaza City. Il raid ha ucciso suo fratello, la madre incinta, il padre ed entrambi i nonni, mentre Wesam è rimasta gravemente ferita e giace ricoverata in un ospedale della città, dove le è stata parzialmente amputata una gamba. Malgrado tutto questo, ora deve anche combattere contro la fame, che non finirà nemmeno quando taceranno le bombe.

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