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Per la prima volta due donne hanno guidato la preghiera del venerdì in una moschea danese

Immagine di copertina

Le imam Sherin Khankan e Saliah Fetteh hanno voluto sfidare le moschee tradizionali proponendo un'immagine dell'islam liberale e progressista

Per Sherin Khankan e Saliha Marie Fetteh è stata una sfida significativa: sono state le prime donne a guidare la preghiera del venerdì in una moschea.

Il 27 agosto, nella moschea Mariam di Copenaghen – uno dei luoghi di culto musulmani nella capitale danese – le due donne imam si sono rivolte ai fedeli celebrando la cerimonia sacra.

Rivolgendosi ai fedeli, Sherin e Saliha hanno affrontato problemi piuttosto attuali, come il divieto sul burkini sospeso dal Consiglio di stato francese e condividendo con loro l’idea che l’islam debba garantire alle donne piena parità di diritti e di libertà. 

Sherin ha intonato l’adhan, l’appello alla preghiera e ha pronunciato un discorso d’apertura, mentre Saliha ha rivolto ai fedeli radunati per pregare, in maggioranza donne, la khutbah o sermone, spaziando principalmente su tematiche riguardanti “donne e l’Islam nel mondo moderno”. 

Alla preghiera nel giorno sacro per i musulmani hanno partecipato almeno un centinaio di donne appartenenti anche ad altre religioni o perfino laiche. “Siamo ai primi passi di un viaggio spirituale. Questo movimento nato ora in Danimarca è parte di un vasto movimento mondiale. Infatti speriamo di poter essere d’ispirazione per altre donne in altri paesi”, ha spiegato Sherin Khankan al Guardian

La moschea Mariam di Copenaghen sorge sopra un fast-food in una strada del centro della città. Inaugurata in maniera informale nel mese di febbraio del 2016, si è distinta fin da subito per il suo approccio più liberale e progressista rispetto alle altre moschee tradizionali. 

Si è dotata di una Carta che sancisce i diritti di chi contrae un matrimonio, fondata sui seguenti principi-chiave: il divieto di poligamia, il diritto al divorzio per le donne, l’annullamento del vincolo matrimoniale in casi di violenze o coercizione. In caso di divorzio, inoltre, le donne avranno pari diritti sui figli. 

Fino a oggi, all’interno della moschea sono stati celebrati cinque matrimoni, alcuni dei quali anche interreligiosi malvisti dalle moschee tradizionali, e si è proceduto a sancire perfino dei divorzi.

“Uno dei nostri principali obiettivi è sfidare le strutture patriarcali che reggono le istituzioni religiose. L’Islam è stato dominato dai maschi, le donne non possono godere ancora della piena uguaglianza nemmeno nel cattolicesimo e nel giudaismo, e nel protestantesimo l’ordinazione di donne-sacerdote è recente”. 

Le due imam puntano a promuovere i valori progressisti islamici. “Puntiamo sul dialogo, abbiamo ricevuto molti feedback positivi da fedeli in Pakistan e in Iran, dai paesi arabi, dalla Turchia e dall’Europa. Ci muoviamo su basi teologiche solide, non esistono critiche religiose valide contro di noi”, ha spiegato Sherin Khankan. 

Non tutti hanno condiviso la sua iniziativa. Molti familiari di Sherin, compresi tanti amici, si sono opposti duramente alla sua scelta di diventare imam e guidare una moschea. E anche la maggior parte delle moschee danesi – il 90 per cento sono schierate su posizioni tradizionaliste – boicottano la moschea Mariam. 

Ma le due imam non si sono fermate davanti a nessun ostacolo. Gli unici ad averla sostenuta nel suo progetto sono stati i suoi genitori. “Sono stati favorevoli affinché io intraprendessi questa strada. Mio padre è un’icona femminista”, ha raccontato ancora Sherin che indossa il velo solo per pregare. 

Il padre è un rifugiato siriano arrivato in Danimarca dopo essere fuggito dal suo paese, dove venne imprigionato e torturato con l’accusa di essere un oppositore del regime di Damasco. La madre, invece, di religione cristiana si trasferì a Copenaghen dalla Finlandia per lavorare come infermiera. Dopo aver trascorso un anno di studio a Damasco, Sherin fece rientro a Copenaghen nel 2000.

Negli ultimi quindici anni, la donna si è battuta per cercare di diffondere un’immagine diversa dell’islam. “Noi vogliamo rappresentare un approccio spirituale all’islam più moderno. Stiamo cercando di creare una voce alternativa, senza delegittimare gli altri. Vogliamo che la nostra moschea sia un luogo dove tutti siano liberi di accedervi”. 

(Alcune donne musulmane all’interno di una moschea)

In alcune moschee esistono degli spazi femminili, solitamente di piccole dimensioni e poco invitanti dove le donne possono pregare. Ma nella maggior parte dei casi, queste ultime vengono invitate a farlo fra le quattro mura di casa e in privato. Le moschee, difatti, sono viste generalmente come luoghi dove gli uomini si riuniscono sia per la preghiera collettiva o per intrattenere discussioni. 

Sherin e la sua collega imam Saliah non sono le prime donne-imam. Queste figure esistono anche altrove, anche se si tratta di casi rari. In Cina esistono dal 19esimo secolo, mentre in Sudafrica sono state istituite nel 1995. Nel 2015, a Los Angeles ha aperto la “moschea delle donne d’America”, mentre a Oxford le preghiere vengono guidate dalla imam Amina Wadud. 

Inoltre, le donne promosse al ruolo di imam hanno seguito regolari studi islamici, anche se spesso vengono boicottate dagli imam maschi e dalle strutture gerarchiche ancorate alle trazioni proprie della fede musulmana. 

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