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Home » Esteri

La Cina apre il dialogo con gli Usa sui dazi: i primi colloqui in Svizzera dal 9 al 12 maggio

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Il vicepremier He Lifeng e il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent si incontreranno nei prossimi giorni. Ma la strada appare subito in salita: "Se gli Usa dicono una cosa ma ne fanno un'altra o tentano di usare i negoziati per tattiche coercitive e ricattatorie, la Cina non accetterà mai"

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina non è finita ma dopo un mese di escalation delle tariffe doganali a seguito della decisione del presidente Donald Trump di imporre dazi alle importazioni cinesi negli Usa, le due superpotenze cominceranno a dialogare.

L’annuncio è arrivato oggi dall’ambasciata cinese a Washington e dal ministero degli Esteri di Pechino, secondo cui i primi colloqui tra il vicepremier He Lifeng e il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent andranno in scena in Svizzera dal 9 al 12 maggio. “​Considerando attentamente le aspettative globali, gli interessi della Cina e le richieste della comunità imprenditoriale e dei consumatori statunitensi, la Cina ha deciso di accettare un dialogo con la controparte Usa”, si legge in una nota diramata sui social dall’ambasciata cinese a Washington, che cita una dichiarazione del ministero del Commercio di Pechino. “In qualità di responsabile cinese per gli affari economici e commerciali tra Cina e Stati Uniti, il vicepremier He Lifeng incontrerà il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent durante la sua visita a Svizzera dal 9 al 12 maggio”.

Durante il cosiddetto “Liberation Day” dello scorso 2 aprile, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva aumentato fino al 34 per cento i dazi imposti sulle importazioni negli Sa dalla Cina. Per tutta risposta Pechino aveva annunciato una serie di equivalenti contro-tariffe doganali su alcuni beni importati dagli Stati Uniti. Allora Trump aveva aumentato l’aliquota fino al 104 per cento, provocando la reazione della Repubblica popolare cinese che a sua volta aveva innalzato i dazi contro le merci Usa fino all’84 per cento. Quindi, dopo aver annunciato una moratoria di 90 giorni sulle tariffe doganali imposte al resto del mondo, il presidente Usa aveva ulteriormente aumentato i dazi contro la Cina fino al 125 per cento, da aggiungersi al 20% precedentemente in vigore per alcuni prodotti, su cui grava quindi un’aliquota del 145 per cento. Così, a metà aprile, anche Pechino aveva portato al 125% le tariffe doganali alle importazioni dagli Usa, il che ha di fatto escluso ogni possibilità di profitto dagli scambi commerciali tra le due superpotenze.

Oggi però, per la prima volta, dopo settimane di annunci da parte del presidente degli Stati Uniti, secondo cui la Cina era pronta a trattare, la Repubblica popolare annuncia l’avvio del dialogo con Washington. “Recentemente, alti funzionari statunitensi hanno ripetutamente accennato alla possibilità di modificare le misure tariffarie e hanno attivamente trasmesso messaggi alla Cina attraverso vari canali, esprimendo la speranza di avviare discussioni con la Cina su questioni come i dazi”, ha fatto sapere questa mattina il ministero del Commercio cinese. “​Considerando attentamente le aspettative globali, gli interessi della Cina e le richieste della comunità imprenditoriale e dei consumatori statunitensi, la Cina ha deciso di accettare un dialogo con la controparte Usa”. 

Ma la strada appare tutta in salita. “Se gli Stati Uniti vogliono risolvere i problemi attraverso il negoziato, devono affrontare i gravi impatti negativi delle loro misure tariffarie unilaterali su se stessi e sul mondo, riconoscere le regole economiche e commerciali internazionali, l’equità e la giustizia e le voci razionali di tutti i settori, dimostrare sincerità nei negoziati, correggere i propri errori e collaborare con la Cina per risolvere le preoccupazioni comuni attraverso una consultazione paritaria”, ha aggiunto il portavoce cinese. “Se gli Stati Uniti dicono una cosa ma ne fanno un’altra, o addirittura tentano di usare i negoziati come pretesto per continuare con tattiche coercitive e ricattatorie, la Cina non accetterà mai, né sacrificherà i suoi principi o l’equità e la giustizia internazionale per cercare un accordo”.

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