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Così il governo tunisino mantiene l’illegittimità

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Il partito islamista Ennahdha mantiene il potere emarginando le componenti laiche della coalizione. Il suo obiettivo è stabilire uno Stato islamico

Così il governo tunisino mantiene l’illegittimità

Fino alle elezioni del 23 ottobre 2011, la Tunisia aveva beneficiato di un supporto internazionale mai rilevato fino ad allora. Essendo stato il primo Paese in quella regione ad aver deposto una dittatura, in maniera pacifica e civile, la Tunisia si era guadagnata il rispetto e la stima del mondo intero. Aveva persino ricevuto una lunga ovazione dal Congresso degli Stati Uniti d’America. Poco dopo la fine della dittatura, il 14 gennaio 2011, il Paese aveva accolto centinaia di migliaia di rifugiati in fuga dalla guerra che affliggeva la vicina Libia. Il modo umano e consono con cui la Tunisia gestì quell’afflusso di rifugiati venne visto come sintomo di grande solidarietà e rafforzò l’immagine della società tunisina quale una comunità pacifica, pluralista, aperta e tollerante. Il mondo intero vide in questo Paese liberato un modello per la democratizzazione di tutta la regione e qualunque sogno sembrava possibile da realizzare.

S&D

Purtroppo il sogno durò solo pochi mesi e il consenso suscitato fu presto dissipato. Eletti con il mandato di redigere una nuova Costituzione entro il 22 ottobre 2012, i membri dell’Assemblea Costituente, ingenuamente o volutamente, hanno sostenuto l’insediamento di un nuovo governo dominato dal partito islamista Ennahdha, in coalizione con i due partiti della sinistra laica. Tutto ciò si è risolto in una confisca del potere a tempo indeterminato e nell’inizio di un incubo per l’intero Paese.

Una gestione caotica da parte di politici incompetenti, guidati esclusivamente da risoluzioni ideologiche e privi sia di una visione politica ed economica, unita all’assenza di progetti attuabili, hanno peggiorato la situazione del Paese e aggravato le tensioni sociali. Inoltre, si è rilevato un afflusso di predicatori islamici, sotto l’occhio vigile di Ennahdha, che elogiano il partito islamista e invocano la radicalizzazione della scena politica, glorificando l’odio verso la parte laica della popolazione, le donne e i partiti dell’opposizione.

I funzionari di Ennahdha emarginano sempre di più gli altri componenti della loro coalizione, più volte dichiarando che il loro obiettivo è quello di stabilire l’islamismo politico in Tunisia, a dispetto delle emergenze e del disagio della fascia più povera della popolazione che attende ancora un miglioramento della propria vita quotidiana.

L’abuso ripetuto della religione da parte di gruppi estremisti ha portato a un diffuso senso di insicurezza e caos negli affari pubblici, sporcando l’immagine della Tunisia. Malgrado ciò, questa strategia del caos si è rivelata di gran beneficio per il partito islamista che ha così rafforzato la sua presa sulle istituzioni statali e ha mantenuto il potere senza apparire responsabile. Ennahdha domina quindi il governo e l’assemblea, pur avendo ricevuto solo il 37 per cento dei voti.

Nonostante la totale incapacità di assolvere ai propri obblighi e la mancanza di integrità, in aggiunta alla perdita di credibilità sia all’interno che all’esterno del Paese, la coalizione dominata dal partito islamista Ennahdha preferisce continuare a emarginare la Tunisia a livello internazionale, ignorando che il suo mandato è scaduto il 22 ottobre 2012. L’opposizione d’altra parte non si è avvalsa di tale scadenza per svolgere un ruolo più produttivo e ha perso l’occasione di presentare una mozione di sfiducia, dal momento che il governo non ha ancora raggiunto alcun risultato positivo.

A due anni dalla rivoluzione, la Tunisia non ha ancora un programma reale o una tabella di marcia dettagliata volta alla costruzione di istituzioni democratiche e allo sviluppo di un’economia vitale, nonostante le enormi potenzialità e il grado di preparazione della sua élite professionale.

Al fine di perpetuare la propria presa sul potere, il partito islamista Ennahdha è ora appeso davanti ai membri dell’opposizione, promettendo loro una prossima integrazione in un futuro governo. Dovessero collaborare, sarà solo a vantaggio di Ennahdha e sarà un’enorme onta per coloro che accetteranno di far parte di questo governo illegittimo dominato da islamisti.

Tutto ciò rappresenterebbe un affronto verso la rivoluzione che si è svolta a sostegno del cambiamento democratico, della libertà e della dignità. Porterebbe solo a un’infinita serie di illegittimità da parte delle autorità, relegando le future elezioni a una data indefinita. Soprattutto, estenderebbe la responsabilità del fallimento a un maggior numero di rappresentanti politici e partiti. Ennahdha ne uscirebbe rafforzato e ripulito, mentre i suoi potenziali alleati di comodo, accettando questa proposta e sostenendo questo governo illegittimo, saranno emarginati o addirittura eliminati dalla scena politica una volta che il reale processo democratico riprenderà il suo corso.

Dal blog Nawaat per The Post Internazionale
Traduzione di Clementina Piazza

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