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In Congo è in atto una pulizia etnica in nome della transizione ecologica, nell’indifferenza dell’Occidente

Immagine di copertina
Credit: EPA/NIC BOTHMA

Dalle verità scomode di un missionario in Congo sull’omicidio dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio fino alla tanto famigerata transizione ecologica: ecco perché questi argomenti, apparentemente così diversi tra loro, hanno non solo qualcosa in comune tra loro, ma hanno a che fare con uno sterminio che l’Occidente fa finta di non vedere.

S&D

L’illusione della rivoluzione green

Biciclette elettriche, auto elettriche e monopattini sono al centro della tanto sventolata nuova Rivoluzione Green, comunemente chiamata transizione ecologica. Questo è quello che ci propina l’informazione di massa senza nessun commento critico in merito. Invece bisognerebbe anche chiedersi se questa tanto famigerata “rivoluzione”, sia realmente sostenibile oppure se sia un ennesimo stratagemma di mercato. Se ad esempio le automobili elettriche sostituiscono modelli equivalenti a petrolio (quindi più inquinanti), invece le bici elettriche sostituiscono modelli equivalenti meno inquinanti, cioè le biciclette tradizionali azionate dalla sola forza dell’uomo. E lo stesso dicasi per i monopattini. Che poi, a ben vedere, il punto non è nemmeno questo. La vera questione piuttosto è un’altra e ci conduce ad un’unica fondamentale domanda: transizione ecologica a quale prezzo? A quale prezzo per gli uomini e per il Pianeta? Va da sé che se il prezzo sarà troppo alto, allora non sarà più transizione ecologica ma qualcosa di diverso e dannoso.

Il ruolo del Cobalto

E qui entrano in gioco il Cobalto, il Coltan e la Repubblica Democratica del Congo. Ma anche i missionari comboniani, testimoni diretti di quanto sta accadendo.

Il Cobalto è un minerale di tipo metallico, la cui caratteristica principale è l’elevata resistenza alle alte temperature. Una qualità che nell’elettronica moderna può fare la differenza. È un componente che garantisce stabilità nell’erogazione della corrente elettrica, aumentando le prestazioni delle batterie che lo utilizzano. Si trova concentrato in strati di roccia i cui giacimenti sono presenti per il 70% solo in Congo e si ottiene come sottoprodotto dell’estrazione di Nickel o Rame. Trattasi di un materiale che necessita d’essere sottoposto ad un processo di raffinazione: dalla roccia grezza al Cobalto puro ci sono una serie di passaggi successivi che vedono la presenza d’intermediari molto spesso senza scrupoli.

I primi attori di questa filiera fuori controllo, spesso sono gruppi armati che si spartiscono illegalmente i vasti territori di confine tra Congo, Rwanda ed Uganda: gruppi armati “tribali” che rivaleggiano per il controllo del territorio con altri gruppi armati che si definiscono “patriottici”. Una galassia di “signori della guerra” difficile da contrastare. Ci dovrebbe pensare, ad esempio, il contingente militare Onu denominato prima MONUC e poi MONUSCO attivo fin dal 1999 come forza di pace per stabilizzare le province orientali del paese: un esercito di oltre 17mila uomini che nel migliore dei casi si è rivelato inefficace.

Di fronte a questo scenario, il cosiddetto mondo civilizzato occidentale che fa? Fondamentalmente continua a badare ai propri interessi. Qualcosa si era mosso nel 2010 quando gli Stati Uniti per primi approvarono delle Normative che regolamentano la tracciabilità dei “minerali di conflitto”. Solo nel 2021 l’Unione Europea ha espresso un regolamento simile. In poche parole, le aziende sono incentivate a certificare la provenienza di quei minerali che possono generare guerre per il loro accaparramento. Però guarda caso, ad oggi il Cobalto è escluso da questa lista.

Ufficialmente il Cobalto congolese proviene dalla regione del Katanga che non è considerata instabile. Ufficialmente appunto. Mentre in realtà tutti i territori dell’Est sono ricchi di minerali: Coltan, Cobalto, Rame, Nickel, Oro. Senza dimenticare la moltitudine di terre rare i cui giacimenti sono certamente inferiori a quelli dei sopracitati minerali ma che, in quanto rare, hanno un valore altissimo di mercato ed un’importanza strategica nell’industria high-tech. In conclusione, in Congo i confini sono davvero labili, i minerali pregiati sono ovunque e così anche gruppi armati e trafficanti.

In questo panorama così complesso, va detto che esistono anche miniere legalmente riconosciute. Ma il fiume di Cobalto che alimenta i produttori di batterie e super leghe metalliche, si disperde in mille rivoli. Va da sé che il Cobalto estratto in miniere abusive avrà un prezzo inferiore rispetto a quello ufficiale e con la domanda alle stelle, questa filiera illegale non farà altro che ingrandirsi: minatori improvvisati che scavano a mano con attrezzi rudimentali senza nessun tipo di equipaggiamento o protezione, pagati solo qualche dollaro per decine di kilogrammi di materiale scavato esclusivamente a mano e trasportato a piedi per lunghi tratti dove li attende qualche losco intermediario. Interi villaggi minacciati da bande armate, costretti ad avere come unica fonte di sostentamento queste miniere abusive, un girone infernale dove non si salva nessuno, nemmeno i bambini.

Il Coltan (Columbite-Tantalite) invece è considerato a tutti gli effetti un “minerale di conflitto” ed è altrettanto indispensabile nell’elettronica moderna. Se qualcuno non l’avesse ancora capito, la famigerata transizione ecologica per quanto riguarda i mezzi di trasporto, è tutta fondata sull’elettronica. Ce n’è sempre di più e sempre più sofisticata. E l’elettronica è affamata di materie prime di origine minerale. Il Tantalio è fra questi. Si ottiene dalla raffinazione di frammenti rocciosi, scavando nel fango, oppure in pericolosi cunicoli sotterranei. Una volta faticosamente trovate le pietre preziose, bisogna separare la Columbite dalla Tantalite, due elementi che in natura si trovano scissi nelle medesime formazioni rocciose, fino a ridurle in frammenti ed ottenere la pregiata polvere di Tantalio.

È una materia prima indispensabile per l’elettronica perché è considerato un superconduttore quindi permette d’immagazzinare grandi quantità d’energia. Infatti il suo utilizzo più comune è quello nei condensatori ad alta capacità che prodotti anche in dimensioni miniaturizzate offrono prestazioni altissime. In un passato recente ha destato un certo scandalo perché tutti i chip dei nostri smartphone contengono Tantalio e nei primi anni duemila la maggioranza del Tantalio che proveniva dal Congo era estratto in condizioni disumane. Oggi però la situazione è solo leggermente migliorata a seguito delle normative sui “minerali di conflitto”.

E poi ci sono loro, i nuovi veicoli elettrici, prime fra tutte le auto ibride. Ma guai a sottovalutare l’impatto di monopattini elettrici ed e-bike. Senza dimenticare che in un futuro prossimo potremo avere altri veicoli ibridi anche di grandi dimensioni. Più potenza, più elettronica, più materie prime. Oggi il boom della domanda di Tantalio si sta concentrando nell’automotive per realizzare circuiti di potenza che a loro volta controllano l’emissione d’energia elettrica delle batterie. Cobalto e Tantalio, i nuovi mezzi di locomozione non ne possono fare a meno, nessuno escluso.

La vicenda Attanasio

La Repubblica Democratica del Congo, come la conosciamo oggi, ha una superficie estesa quasi otto volte quella dell’Italia. Situata nel cuore dell’Africa è ricca di tutte le risorse minerarie più ricercate. È un paese ricco di biodiversità, dove abbondano corsi d’acqua, laghi e foreste. Eppure la gente vive di stenti e nelle regioni dell’Est, se non muore trucidata, muore di fame. Padre Elio oggi ha 82 anni ed è missionario in Congo dal lontano 1971. Ha passato la maggior parte della sua vita in questo paese così martoriato e lontano dall’Europa, non solo geograficamente. Eppure si dichiara un uomo fortunato per aver sperimentato grandi gioie e grandi manifestazioni d’amore.

Dalle sue lettere emerge prepotente proprio questa missione nella missione: consolare le persone afflitte, oppresse da povertà ed ingiustizie. Molto umilmente descrive il suo impegno missionario con queste parole: “la mia attività qui è soprattutto di dare una parola di conforto alle persone che vengono da me”. È certamente un gigante d’umiltà ed altruismo. Ad 82 anni Elio si aggira ancora per le strade sabbiose tra le baracche della sconfinata periferia di Kinshasa per raggiungere i poveri ed i malati che non hanno la possibilità di recarsi alla sua parrocchia per la messa. E ci va a piedi con le scarpe rotte. Un uomo così, disposto a donare la sua vita per gli ultimi, non ha certo paura di dire la verità. A maggior ragione, Elio è testimone impavido della verità. Ed allora sulla situazione che si vive nelle regioni dell’Est, parla senza mezzi termini di “sostituzione etnica”. Parla di “sterminio del popolo congolese per essere rimpiazzato con centinaia di migliaia di rwandesi”

Questo è quanto denuncia stia avvenendo ad esempio nel Nord Kivu proprio ai confini col Rwanda. In un paese sommerso da foreste, montagne e piste impraticabili, il Nord Kivu, ricco di Coltan ed altri svariati minerali, è la porta d’accesso più comoda e transitabile. È da lì che passano tutti i traffici leciti ed illeciti verso il Rwanda. Ed è lì che si concentrano i delitti più efferati. Il giovane ambasciatore italiano Luca Attanasio si stava dirigendo proprio nella zona di Goma (capoluogo del Nord Kivu) ufficialmente per visitare alcuni villaggi dove il Programma Alimentare Mondiale (World Food Program) aveva finanziato i progetti di alcune Ong.

Attanasio in qualità d’ambasciatore, voleva appurare che quei soldi dessero dei frutti per le popolazioni locali. Ma molto probabilmente l’intento del suo viaggio non si limitava solo a quello. Probabilmente voleva vedere con i propri occhi le tracce delle fosse comuni che più fonti gli avevano rivelato, a partire dal Dottor Mukwege Premio Nobel per la Pace 2018. Così come i Missionari Comboniani dei quali Attanasio era amico fraterno. D’altronde Padre Elio nelle sue lettere lo dice chiaramente: “il nostro ambasciatore è stato tradito perché stava indagando una verità troppo scomoda”.

Attanasio, secondo quanto scriveva Padre Elio in una lettera, “stava indagando su una tragedia nascosta dall’informazione mondiale ma che continua da oltre vent’anni dove gente, che viene soprattutto dal Rwanda e paesi vicini, continua impunemente a sgozzare, mutilare e seminare il terrore nelle contrade all’Est del Congo, perché il disordine e la fuga della gente lascia spazio all’infiltrazione ruandese e allo sfruttamento anarchico di Coltan e Cobalto, elementi ormai essenziali per l’informatica”.

“Per esempio – scriveva ancora il missionario – se il computer si spegne per mancanza di energia, quando si riaccende si ritrovano tutti i dati. In questa zona martoriata del Congo che confina col Ruanda ci sono più del 60% di riserve mondiali di Coltan ma il primo esportatore mondiale di Coltan è proprio il Rwanda dove la strada più trafficata è appunto quella che lo porta in Congo dove carica il minerale, frutto di angherie e di morte ma che dona la ricchezza al paese presentato come modello africano di amministrazione”.

Le vittime dimenticate

Nel nome della transizione ecologica, Cina, Stati Uniti e parzialmente anche l’Europa, hanno sottoscritto importanti contratti col Rwanda, primo esportatore di minerali congolesi. Si, avete capito bene. Di tutte le ricchezze presenti in Congo, la Repubblica Democartica del Congo non esporta nulla perché la stragrande maggioranza del commercio di materie prime è gestito dal confinante Rwanda. E fino ad oggi le grandi potenze mondiali e le multinazionali hanno chiuso volentieri un occhio. Quell’occhio chiuso, nella pratica ha significato fregarsene dei migliaia di morti ammazzati. Nigrizia, mensile missionario che da 140 anni racconta l’Africa, accusa direttamente il presidente ruandese Paul Kagame dell’invio di vari gruppi armati nell’Est Congo.

Le vittime civili dichiarate dal solo 2017, sono 17158. I rapimenti ammontano a 7826. Questi sono i numeri accertati dal Kivu Security Tracker (KST) un progetto congiunto del Congo Research Group, con sede presso il Center on International Cooperation della New York University, in collaborazione con Human Rights Watch. Senza contare le persone sparite nel nulla delle quali non si ha notizia.

È in corso una vera e propria pulizia etnica, allo scopo di accaparrarsi i tesori del Congo, oltre che il controllo del territorio tramite spietate bande armate. Oggi nonostante alcuni provvedimenti, legalità e giustizia sono ancora lontane dal pieno compimento.

Al termine di questo racconto viene da chiedersi una cosa: com’è possibile che noi occidentali, italiani, si viva nella più totale incoscienza? Se dell’automobile nella società moderna non possiamo più fare a meno, forse però non capiamo che monopattini e biciclette a pedalata assistita hanno un costo umano (ed ambientale) nascosto non indifferente. Soprattutto siamo totalmente succubi delle novità che la moderna tecnologia ci propina. Eppure, per restituire almeno un po’ di giustizia a questo mondo in costante declino, sarebbe sufficiente anche solo rivedere i nostri moderni miti. Allora capiremmo che i modelli ai quali ispirarci non sono certo gli attuali status symbol e non si trovano nemmeno in mezzo alla moltitudine d’imbonitori social.

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