In Colombia è iniziato il cessate il fuoco tra Farc e governo
L’accordo di pace dovrà essere approvato dai cittadini in un referendum, ma l’esito finale non è scontato tra sospetti reciproci e vecchi rancori
Allo scattare della mezzanotte di domenica 28 agosto in Colombia è diventato effettivo il cessate il fuoco tra le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, le Farc, e il governo.
L’intesa tra il governo e le Farc è stata firmata lo scorso 25 agosto dopo mezzo secolo di guerra civile e circa 4 anni di negoziati. In cinquant’anni gli scontri hanno causato 220mila morti, 45mila persone sono scomparse e quasi sette milioni di colombiani hanno perso le loro abitazioni.
L’accordo, limato dalle delegazioni fino all’ultimo, è composto da sei capitoli sulla giustizia per le vittime, l’accesso alla terra ai contadini poveri , la partecipazione politica degli ex-ribelli, la lotta al traffico di droga, il disarmo e l’attuazione e monitoraggio dell’accordo stesso.
In base a quanto deciso all’Avana, le Farc cominceranno a trasferire i circa 7mila combattenti dalla giungla in campi di disarmo creati dall’Onu, per poi trasformarsi in partito politico. Le armi deposte verranno fuse per realizzare tre monumenti alla pace, mentre tribunali speciali saranno istituiti per giudicare i crimini commessi durante il conflitto: per quelli meno gravi sarà concessa l’amnistia, che invece non coprirà atrocità come massacri, torture e stupri.
Il presidente colombiano Juan Manuel Santos, dopo aver raggiunto l’accordo di pace, ha indetto per il prossimo 2 ottobre un referendum popolare per decidere se accettare o respingere tale accordo.
Il risultato della consultazione sarà vincolante ed entrambe le parti si sono impegnate a rispettarlo. La Corte costituzionale ha chiarito che il plebiscito sarà valido solo se verrà superata la soglia minima del 13 per cento, circa 4,3 milioni di voti, a favore del sì.
Ma molti dei 33 milioni di colombiani ammessi al voto arrivano a questo appuntamento fondamentale per la storia della nazione incerti su come valutare il risultato raggiunto dal presidente Juan Manuel Santos.
Una scelta semplice tra il sì e il no deciderà una questione complicata, vista favorevolmente dall’intera comunità internazionale, ma che deve scontrarsi con rancori profondi radicati nei colombiani nei confronti dei guerriglieri.
Molti degli elettori hanno dichiarato di votare favorevolmente per approvare gli accordi, ma alcuni analisti mettono in guardia sulla diffusa ostilità della popolazione verso le Farc, che potrebbe condurre a un risultato inatteso.
Nel sondaggio condotto da Gallup, il 40 per cento degli aventi diritto di voto ha risposto che sicuramente si recheranno alle urne e il 70 per cento si è detto intenzionato a sostenere l’accordo tra governo e Farc.
Ma in un’altra indagine condotta da Ipsos, l’84 per cento dei colombiani ha dichiarato di ritenere giusto che i guerriglieri paghino per i loro crimini con la prigione, sebbene l’accordo di pace preveda una sorta di amnistia, con pene alternative al carcere per i guerriglieri che confessano. E oltre il 70 per cento sono contrari alla possibilità che i leader delle Farc possano partecipare alla vita politica colombiana, come invece gli accordi consentono.
La campagna elettorale per il plebiscito è già iniziata con i sostenitori del presidente colombiano che hanno sventolato in parlamento cartelli a favore del sì, mentre i deputati dell’opposizione di centro destra hanno distribuito volantini con la bandiera colombiana listata a lutto e hanno dichiarato di volere la pace, ma di non essere disposti a pagare qualsiasi prezzo.
Manuel Santos non era obbligato a chiedere la ratifica dell’accordo con un plebiscito, ma fin dall’inizio dei negoziati aveva precisato che in tutti i casi sarebbero stati i cittadini colombiani ad avere l’ultima parola e ha fatto dell’accordo con le Farc il pilastro della sua presidenza.
Tuttavia non è riuscito a generare l’entusiasmo che si attendeva tra i cittadini e l’approvazione nei suoi confronti a giugno ha toccato minimi storici del 21 per cento, anche se poi nell’ultimo mese è leggermente risalito nei sondaggi.
“Sarà un momento storico, veramente storico, dove abbiamo l’opportunità e la responsabilità di far sentire la nostra voce, perché ciò che è in gioco è di enorme importanza e probabilmente sarà la decisione più importante che ognuno di voi dovrà fare nella sua vita”, ha detto in un discorso alla radio e alla televisione.
Ma gli oppositori sostengono che un cattivo negoziato porterà a nuove e maggiori violenze e per questo nelle prossime settimane decideranno se fare campagna per il no o invitare i cittadini ad astenersi e sperano in un risultato inatteso.
Reintegrare gli oltre 7mila combattenti delle Farc, molti dei quali hanno trascorso la loro vita in clandestinità nella giungla colombiana, inoltre, è un aspetto cruciale per il successo dell’accordo di pace, ma non sarà facile.
I più anziani appartengono ad un’altra epoca, conoscono a malapena internet o cosa sia uno smartphone. Ma anche per i più giovani tornare alla vita da civile potrebbe essere duro: hanno poca istruzione e sono praticamente nullatenenti.
La paura di essere uccisi, infine, è reale. Durante un precedente tentativo di accordo di pace, migliaia di guerriglieri e simpatizzanti delle Farc, vennero uccisi da gruppi paramilitari.
Se le cose non andranno come previsto, minacciano, i guerriglieri, torneranno immediatamente alla lotta armata.
In attesa della decisione popolare sul referendum, le due parti sono sospettose l’una dell’altra e non è assicurato che la tolleranza avrà la meglio.
Chi sono le Farc?
Sono le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, ossia il più grande gruppo ribelle della nazione. Il loro nemico principale sono state finora le le forze di sicurezza colombiane nel mirino dei guerriglieri che hanno attaccato stazioni di polizia, postazioni militari o teso imboscate. Come risposta a questo clima di tensione, le forze di sicurezza hanno sempre risposto duramente innescando una guerra civile durata 50 anni.