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Home » Esteri

I fallimenti della Banca Mondiale

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Quasi tre milioni e mezzo di persone avrebbero dovuto abbandonare la propria casa a causa dei programmi dell'istituzione internazionale per la lotta alla povertà

“Gladys Chepkemoi stava raccogliendo patate nel suo giardino, quando un uomo è arrivato a bruciare la sua casa. Dopo che la sua matrigna l’ha avvisata dell’arrivo dei ranger del servizio forestale del Kenya, Gladys si è legata suo figlio di un anno sulla schiena e ha abbandonato la sua capanna dal tetto di paglia”.

Secondo un’inchiesta condotta dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), il Consorzio investigativo dei giornalisti monitorato da The Huffington Post e altri quotidiani internazionali, la Word Bank – l’istituzione internazionale nata con l’obiettivo di lottare contro la povertà in tutto il mondo – avrebbe in più occasioni fallito le proprie missioni.

I programmi della Word Bank non solo non avrebbero protetto le popolazioni più esposte alle crisi in atto nei vari Paesi del mondo, ma avrebbero anzi permesso il diffondersi di casi di disuguaglianza, tramite piani non accurati.

Attuali dipendenti ed ex collaboratori dell’istituzione affermano che spesso la Word Bank si preoccupa di difendere le comunità interessate soltanto per la durata stabilita dai programmi, ma una volta che gli operatori internazionali lasciano la zona, la situazione sembrerebbe tornare quella precedente al loro intervento.

Inoltre 3,4 milioni di persone tra il 2004 e il 2013 avrebbero dovuto lasciare le proprie abitazioni a causa dei programmi attuati dall’organizzazione per migliorare la situazione economica dei Paesi in cui la povertà è più diffusa.

Bimbo Omowole Osobe insieme agli altri abitanti del quartiere Badia est di Lagos, in Nigeria, ha dovuto traslocare improvvisamente, raccogliendo tutti gli averi che poteva trasportare, quando cento militari hanno fatto irruzione nella zona, intimando ai residenti di evacuare l’area. Quando è ritornata tempo dopo nel luogo dove sorgeva la sua casa, ha trovato soltanto rovine.

(Qui sopra nella foto: Bimbo Omowole Osobe, nella reception della clinica dove dorme la notte dopo aver perso la propria abitazione. Credit: George Osodi)

La stessa cosa è capitata a centinaia di persone intervistate dall’International Consortium of Investigative Journalists in Albania, Brasile, Etiopia, Honduras, Ghana, Guatemala, India, Kenya, Kosovo, Perù, Serbia, Sud Sudan e Uganda. In questi Paesi, gli abitanti in alcuni casi hanno subìto intimidazioni e violenze quando i responsabili dell’attuazioni dei piani della Banca Mondiale sono arrivati nei territori.

La Banca Mondiale è stata creata dagli Stati Uniti e da altre potenze globali alla fine della Seconda guerra mondiale, per promuovere lo sviluppo dei territori colpiti dal conflitto e negli anni, con i 65 miliardi annuali donati dalle nazioni promotrici, si è occupata anche dei Paesi del terzo mondo e di quelli colpiti da catastrofi naturali.

Prima del 2008, la Banca Mondiale negava di aver provocato l’esodo di milioni di persone a causa dell’attuazione dei propri programmi, ma l’ufficio d’ispezione interno all’istituzione ha investigato a riguardo ed essa ha ammesso le proprie responsabilità. Il presidente in carica quell’anno, Robert Zoellick, ha definito “terribili” le azioni compiute e ha promesso che nulla del genere sarebbe capitato più in futuro. 

Ad anni di distanza, il report del ICIJ ha dimostrato che le cose non sembrerebbero essere cambiate. Nel 2014 un resoconto interno alla Banca Mondiale ha mostrato come nel 60 per cento dei casi presi in esame, lo staff dell’istituzione non è riuscito a determinare cos’è successo alla persone costrette ad abbandonare le proprie case.

Il servizio di lamentela teoricamente aperto a chiunque volesse appellarsi ai programmi della Word Bank o ai risultati determinati da essi, è risultato essere inesistente.

Dal 2004, almeno 12 programmi della Banca Mondiale hanno causato la perdita della casa per 50mila persone ciascuno, con un totale di 600mila esiliati dalle proprie terre in nome dello sviluppo economico.

Leggi anche: La Banca Mondiale sotto accusa in Etiopia 

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