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“Aiuteremo gli afghani, ma a casa loro”. Nell’Ue cresce la paura per una crisi migratoria

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Rifugiate afghane giocano in un campo profughi a Peshawar, in Pakistan, il 28 agosto. Secondo l'Unhcr, il Pakistan attualmente accoglie più di 1,4 milioni di rifugiati afghani registrati. Credit: Saeed Ahmad/Xinhua

“Aiuteremo gli afghani, ma a casa loro”. Nell’Ue cresce la paura per una crisi migratoria

L’Unione europea intende impedire migrazioni su larga scala dall’Afghanistan dopo il ritorno al potere dei talebani ed evitare così “un nuovo 2015”, quando ai confini europei arrivò più di un milione di migranti, principalmente da Siria e Afghanistan. Lo ha ribadito la commissaria europea per gli Affari interni Ylva Johansson a margine dell’incontro tra i ministri dell’Interno dell’Unione, che oggi hanno tenuto a Bruxelles una riunione d’emergenza sull’Afghanistan e la gestione dei profughi in fuga dal nuovo regime talebano, dopo il ritiro delle forze di Stati Uniti e paesi alleati.

“Sulla base delle lezioni del passato, l’Ue e i suoi Stati membri sono determinati ad agire congiuntamente per prevenire il ripetersi di movimenti migratori illegali su larga scala incontrollati affrontati in passato, preparando una risposta coordinata e ordinata”, afferma la dichiarazione finale dei ministri dell’Interno, che chiedono di “evitare incentivi all’immigrazione clandestina”.

I ministri affermano che i profughi dovrebbero principalmente ricevere dagli altri paesi della regione, a cui l’Ue dovrebbe “rafforzare il sostegno”, e chiedono di lanciare campagne informative mirate “per combattere le narrazioni utilizzate dai trafficanti” che incoraggiano le persone a viaggiare verso l’Europa.

“Dobbiamo agire tutti insieme ora e non aspettare di avere grandi flussi migratori alle nostre frontiere, o terroristi più forti”, ha detto la commissaria Johansson. “Tutti vorrebbero evitare una situazione come quella del 2015 e possiamo evitarla”, ha aggiunto, facendo riferimento all’arrivo massiccio di migranti a causa principalmente dell’escalation della guerra civile siriana, considerato la causa dell’ascesa di partiti di estrema destra in diversi paesi dell’Unione, tra cui l’Italia. Secondo Johansson, i paesi Ue ora sono “molto più preparati” e in grado di agire già da adesso. “Non dovremmo aspettare di avere persone alle nostre frontiere esterne”, ha detto.

“La questione va risolta nella regione afghana”, hanno ricordato a margine del Consiglio i ministri  dell’Interno di Austria, Repubblica Ceca e Danimarca, che hanno ribadito la promessa di aiuti alla regione, chiedendo però ai profughi non venire in Europa. Il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, ha invece chiesto “umanità nell’accoglienza ma fermezza nei controlli”, chiedendo un’intesa a livello europeo sui temi della sicurezza, del controllo dell’immigrazione irregolare e dell’accoglienza dei rifugiati per evitare il ripetersi del 2015.

La posizione dei paesi europei è in netto contrasto con le richieste dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi, che ha chiesto di continuare a mantenere aperte le frontiere anche dopo la fine delle operazioni di evacuazione del personale diplomatico e militare dei paesi occidentali presenti in Afghanistan e dei civili afghani in fuga dai talebani. “I ponti aerei da Kabul finiranno nel giro di pochi giorni e la tragedia che si è verificata non sarà più così visibile. Ma sarà ancora una realtà quotidiana per milioni di afghani. Non dobbiamo voltare loro le spalle”, ha detto Grandi in una nota, chiedendo che altri paesi si facciano avanti per accogliere i profughi afghani, principalmente emigrati in Iran e Pakistan, che attualmente ne ospitano 2,2 milioni.

Anche la Croce rossa internazionale ha chiesto ai paesi europei di “difendere il diritto delle persone in fuga dall’Afghanistan di chiedere asilo nell’Ue” e di istituire un nuovo programma europeo per accogliere almeno 30.000 afghani dai paesi della regione nei prossimi 12 mesi.

Nel 2016 l’Ue ha siglato un accordo con la Turchia, il paese che ospita il maggior numero di rifugiati al mondo, per far tornare nel paese tutti i migranti irregolari che si stavano dirigendo in Europa, in cambio di fondi per 6 miliardi di euro, terminati di sborsare lo scorso dicembre. Dopo la crisi economica dovuta anche alla pandemia, la Turchia è però meno propensa ad accogliere altri profughi, il cui arrivo ha innescato forte opposizione in parte della società turca.

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