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Home » Economia

La guerra non basta a spiegare i rialzi record di gas e benzina: ecco cosa sta succedendo sui mercati

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Una «colossale truffa» su benzina e gas: prezzi fuori controllo, accaparramenti, speculazioni. Questo articolo inizia la settimana scorsa con la telefonata a TPI di un grossista del Nord che ci avvisa chiedendo di restare anonimo: «Vigilate, benzina e diesel arriveranno presto alle stelle». In quelle stesse ore però si era appena sfiorata quota 2 euro al litro, un record, e sembrava improbabile un’ulteriore impennata. E invece la fonte aveva ragione: solo 48 ore dopo la corsa al rialzo più pazza della nostra storia ha accelerato ancora il passo. Il costo della benzina verde è salito a 2,20 euro al litro (un lettore ci ha inviato la foto di una pompa che segnava addirittura 2,48 euro) con il diesel pericolosamente a ruota. Secondo i dati ufficiali del Ministero dello Sviluppo economico, in Italia i carburanti non erano mai stati tanto cari: prima di questa vampata di aumenti, il record assoluto erano stati gli 1,89 euro al litro del settembre 2012.

S&D

Ma la guerra in Ucraina è solo una parte del problema. E infatti il 12 marzo il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, pronuncia parole senza precedenti: «Siamo in presenza di una colossale truffa che viene dal nervosismo del mercato e che è fatta a spese delle imprese e dei cittadini», dice a SkyTg24. Una bomba. Cos’è accaduto? Per capirlo bisogna andare a vedere come si forma il prezzo dei carburanti.

Esercenti vs Petrolieri

La prima voce da considerare è il costo della materia prima: il petrolio. E quindi le quotazioni del greggio sul mercato Brent, che si misura in dollari al barile. Il petrolio viene poi raffinato. E il prezzo del petrolio raffinato viene stabilito incrociando domanda e offerta su una piattaforma finanziaria che si chiama Platts, che varia da un’area geografica di acquisto all’altra. Alla cifra che viene fissata sul Platts va aggiunto il carico fiscale, composto in Italia da due voci: le famose accise (alcune, solo nominalmente ormai, riferite alla guerra di Libia) e l’Iva al 22%. Poi, come per i mutui, c’è uno “spread”, ovvero l’aggio dei produttori. Ecco, a far esplodere il mercato italiano dei carburanti nelle ultime settimane è stato proprio questo spread, che, dal valore consueto di circa 80 centesimi al litro, nei giorni caldi è arrivato anche a 3 euro. Rialzo inaudito, protestano i benzinai, con in testa i “bianchi” low cost, ossia i distributori senza loghi mainstream che comprano dalle grandi compagnie a un prezzo solitamente più basso.

La nostra fonte ricorda: «Neanche ai tempi della guerra in Iraq ci furono queste impennate». Vero: nel 2008, con il barile Brent a 147 dollari, la benzina costava 1,3 euro al litro, mentre oggi, anche con il barile che oscilla fra 100 e 135, un boom di queste proporzioni non si spiega. Rispetto al 21 febbraio scorso – vigilia dell’invasione dell’Ucraina – il Brent è aumentato del 4% mentre il prezzo della benzina alla pompa, al netto delle tasse, è schizzato del 34%. Gli esercenti accusano le compagnie petrolifere di aver tagliato i rifornimenti (anche del 70%) e di obbligarli al pagamento anticipato: «Hanno accaparrato, vendendo poi le vecchie scorte a prezzo maggiorato», dice il nostro anonimo. Tradotto: hanno fatto incetta di merci speculando sui probabili rincari.

Il presidente di AssoPetroli, Andrea Rossetti, è più diplomatico: «È vero, le compagnie hanno ridotto le forniture e aumentato lo spread sul Platts. Ma quando i prezzi corrono tutti si tutelano. Deve intervenire il Governo». E i comunicatori delle grandi aziende? A microfoni spenti spiegano che i produttori “bianchi” hanno potuto fare prezzi bassi perché riuscivano ad eludere alcuni prelievi fiscali. E – sempre in via confidenziale – ammettono che è possibile che la benzina si stata venduta agli esercenti a un prezzo più alto di quello d’acquisto, ma «perché poi a quel prezzo devi ricomprare, per riassorbire le scorte, obbligatorie per legge».

Fornitura regolare

Nel comunicato ufficiale della Unem, l’associazione delle aziende petrolifere, si spiega che in Italia il costo produttivo al netto delle tasse è il più basso in Europa. E si aggiunge: «La filiera raffinazione e distribuzione, vive una forte crisi finanziaria a causa degli alti costi di approvvigionamento ed energia». E qui subentra l’altro grande tema del momento: i rincari dei costi energetici, in particolare quelli del gas naturale, che va ad incidere anche sulla produzione del gasolio e dell’energia elettrica (in Italia il 43% dell’energia elettrica viene prodotta con gas). Osserviamo l’andamento dei prezzi sul mercato Ttf, la principale piattaforma di scambio di gas naturale in Europa, da cui deriva anche il prezzo pagato dagli operatori italiani. Un anno fa di questi tempi la quotazione oscillava intorno ai 18 euro al metro cubo. Poi, a partire dallo scorso autunno, è schizzata in alto, con due picchi clamorosi: 116 euro il 5 ottobre e 180 euro il 21 dicembre. Motivo? Il calo delle forniture dalla Russia a dal Nord Europa, a fronte di un aumento della domanda per le temperature rigide. Con il nuovo anno i gasdotti russi hanno però ripreso a pompare e il prezzo è sceso fino a 70 euro. Ma dal 24 febbraio – esattamente in coincidenza con l’inizio della guerra in Ucraina – la quotazione sul Ttf si è impennata come mai prima: il 7 marzo si è raggiunto il picco assurdo di 227 euro al metro cubo (+1.161% rispetto a un anno prima). Dopo quel giorno c’è stato un calo repentino (mentre scriviamo il prezzo è 115 euro).

Ma la domanda è:  se – a differenza di quanto era avvenuto tra ottobre e dicembre – non c’è uno squilibrio fra domanda e offerta, perché il prezzo vola così in alto? «È la grande speculazione sul mercato», ha ribadito il ministro Cingolani mercoledì durante l’informativa in Senato. Speculazione che peraltro, a ben vedere, forse c’era stata anche in autunno, visto che fra il record minimo di novembre e il picco massimo di dicembre il prezzo alla dogana del gas era aumentato del 40% mentre quello sul mercato finanziario Ttf era esploso del 180%. Tutti questi rialzi, ovviamente, finiranno per abbattersi su famiglie e imprese, che già adesso stanno scontando i pesanti rincari dei mesi scorsi. Oggi il costo di un metro cubo di gas sulla bolletta di una famiglia è di 137 centesimi, quasi il doppio rispetto ai 70 centesimi di un anno fa. Intanto, la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta contro ignoti e senza ipotesi di reato per questi improvvisi rincari. E il Governo prepara un decreto per abbattere le accise e rateizzare le bollette. Sperando che i rialzi si fermino.

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