Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 22:51
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Di Battista
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Cultura

Giovani scansafatiche, lavoro e onestà artificiale: se ChatGPT è più obiettivo di media e imprese

Immagine di copertina
Credit: Mohamed Hassan/Pixabay

Abbiamo chiesto a ChatGPT di spiegare perché in Italia i giovani non hanno voglia di lavorare. A differenza di tanti giornali ha saputo confutare questa tesi falsa con dati sulle scarse retribuzioni. Altro che rischio per l’informazione: basta farsi le domande giuste

Da anni, ormai, i giornali, a cadenza quasi quotidiana, ci raccontano che le aziende fanno fatica a trovare personale. Imbattersi in questi articoli è piuttosto facile: basta aprire un quotidiano a caso, cartaceo o online, nazionale o locale, in un giorno qualsiasi della settimana. Nessuna azienda riesce a trovare il personale di cui necessita. Si lamentano i ristoratori, gli albergatori, i proprietari di stabilimenti balneari, i negozianti, le industrie, praticamente chiunque. Immancabile è l’analisi dell’imprenditore di turno, mai contraddetta dal giornalista che si presta a raccontarne le sorti: i giovani non hanno più voglia di lavorare.

La stessa identica analisi ripetuta negli anni per centinaia di giorni all’anno. A volte fa capolino anche una variante, non meno assurda: i giovani non hanno voglia di lavorare e preferiscono stare sul divano con il reddito di cittadinanza. Il ritratto di un Paese dove decine di migliaia di giovani gozzovigliano per strada a spese dei contribuenti sessantenni, in pratica. Mai una volta che le condizioni proposte dagli imprenditori di turno vengano verificate, mai una volta che le condizioni retributive e contrattuali vengano esplicitate senza dimenticare piccolissimi dettagli come orari ben oltre i limiti imposti dal contratto collettivo nazionale di lavoro di settore, straordinari non retribuiti, stipendi troppo bassi rispetto a quanto richiesto, contratti precari di poche settimane o mesi. No, semplicemente è colpa dei giovani che non hanno voglia di lavorare.

Capacità di analisi

Sebbene questo filone sia ormai totalmente esausto e ampiamente criticato dagli stessi lettori dei giornali che quotidianamente lo propinano, continua a essere proposto senza colpo ferire da praticamente tutti i quotidiani italiani e riproposto dai talk show di ogni rete televisiva esistente. A un certo punto mi è sorto un dubbio: magari sono io che mi sbaglio e hanno ragione gli imprenditori, i conduttori e i giornalisti. Magari esistono dei dati a sostegno di questa tesi, ma io non li conosco. Magari sono troppo ideologica.

Allora per togliermi ogni dubbio ho chiesto a ChatGPT, l’intelligenza artificiale che da qualche mese sta spopolando sul web e che sembra avere una risposta per ogni domanda e che soprattutto sa scrivere testi di ogni tipo e stampo, dal saggio all’articolo giornalistico, come fosse un vero professionista. «ChatGPT, scrivimi un articolo sostenendo la tesi che in Italia mancano lavoratori perché i giovani non vogliono lavorare», ho chiesto. E ho atteso che l’intelligenza artificiale componesse un pezzo simile a quelli che leggo tutti i giorni sui quotidiani.

giovani lavoro chagpt matteini
Ecco come ragiona un robot: ho provato a fargli cambiare idea sul pagare meno i dipendenti ma il programma mi ha messo in guardia sul rispetto delle leggi sul lavoro. Foto di Charlotte Matteini

Diciamo che l’esperimento non è andato propriamente a buon fine. Perché sì, ChatGPT mi ha proposto un testo, ma non era esattamente quello che mi aspettavo. «Negli ultimi anni si è sempre fatta più strada l’idea che in Italia non ci sia personale disponibile per il lavoro. Secondo molti imprenditori e rappresentanti del settore produttivo, i giovani italiani non sarebbero interessati a lavorare e preferirebbero vivere di sussidi ed emigrare all’estero. Ma è davvero così? È vero che i giovani italiani non vogliono lavorare?», inizia così l’articolo vergato dall’intelligenza artificiale, che si pone una domanda che molti colleghi invece non si pongono. «In realtà la situazione è molto più complessa di quanto si possa pensare», prosegue ChatGPT. Incredibile ma vero, ci arriva perfino l’intelligenza artificiale a questa banale conclusione, centrando il fulcro del problema: non trovano personale coloro che propongono retribuzioni e condizioni poco allettanti, molti giovani si trovano a lavorare in condizioni precarie preferendo emigrare all’estero per trovare occupazioni stabili.  

La precarietà, un elemento che ormai quasi nessuno prende in considerazione in questo Paese, eppure è esattamente il problema che sta portando i giovani a sopravvivere con redditi indecenti e discontinui da almeno un paio di generazioni. Così indecenti e discontinui che centinaia di migliaia di cittadini italiani negli anni hanno preferito emigrare all’estero nella speranza di riuscire a costruirsi un futuro migliore. E sorpresa, sorpresa: molti lavorano come camerieri, baristi e cuochi altrove. Fanno proprio quei lavori che qui in Italia non vogliono più fare perché troppo pesanti, come sostengono gli imprenditori. Ecco, la differenza è che all’estero quei lavori li pagano e le condizioni professionali, retributive e contrattuali sono decisamente migliori e rispettose dell’individuo e del lavoratore.

Disciplina automatica

Ho provato e riprovato a far cambiare idea all’intelligenza artificiale, ma non ci sono riuscita. Ho provato anche a chiederle per quale motivo non riuscissi a trovare lavoratori disposti a collaborare con me per 1.200 euro mensili per un monte orario di 60 ore a settimana, come spesso accade nella ristorazione e nel settore turistico. Ebbene, anche su questo punto l’intelligenza artificiale è stata molto chiara sottolineando che le condizioni non sono per nulla allettanti e ricordandomi che potrei avere dei concorrenti disposti a retribuire in maniera migliore i propri collaboratori, quindi i potenziali candidati potrebbero preferire loro. Non solo, a dire il vero. Mi ha anche messo in guardia su un aspetto: in Italia esistono delle norme lavoristiche che impongono dei minimi salariali e fissano un orario di lavoro massimo. Mi ha detto che sono norme che vanno rispettate, pena sanzioni o addirittura la chiusura dell’attività. Mi ha anche ricordato che in alcuni casi lo sfruttamento del lavoro può configurarsi come reato. Incredibile.  

Insomma, ChatGPT è molto più sul pezzo di moltissimi colleghi. Non scrive articoli basati su informazioni false, pretestuose, senza prendere in considerazione tutti gli aspetti complessi che ruotano attorno a questo tema. L’intelligenza artificiale è decisamente più accurata dei molti colleghi che propinano questa narrazione e si pone addirittura delle domande, una cosa che una volta stava alla base di questa professione, ma che da qualche anno a questa parte pare non essere più un elemento così centrale.  

Ovviamente ChatGPT ha ragione, il tema è estremamente complesso ed è riduttivo sostenere che la mancanza di lavoratori abbia a che fare con la presunta mancanza di voglia di lavorare dei giovani italiani. Questa narrazione infatti, negli anni, è stata ampiamente confutata da inchieste, economisti, esperti, dati ufficiali di Istat, Inps, Inail, Ispettorato Nazionale del Lavoro, solo i quotidiani e i talk show non hanno ancora compreso il messaggio.

Ti potrebbe interessare
Cultura / Architettura e religioni: la nuova era delle città per il dialogo nella mostra Rituals/Materials a Torino
Cultura / Morto Roberto Cavalli: le cause della morte dello stilista
Cultura / È morto lo stilista Roberto Cavalli
Ti potrebbe interessare
Cultura / Architettura e religioni: la nuova era delle città per il dialogo nella mostra Rituals/Materials a Torino
Cultura / Morto Roberto Cavalli: le cause della morte dello stilista
Cultura / È morto lo stilista Roberto Cavalli
Cultura / A Milano un giovane direttore creativo, Matteo Cibic, si diletta a far dialogare Arte e Design, nei 10 giorni più affollati di eventi e presentazioni
Cultura / Esclusivo TPI – Le guerriere invisibili contro il patriarcato: ecco chi sono e cosa vogliono le attiviste del collettivo “Amar3”
Cultura / Un libro di corsa: Metodi per sopravvivere
Cultura / Premio Strega 2024, ecco 12 libri finalisti: ci sono 7 autrici donne
Cultura / Un libro di corsa: Mio padre avrà la vita eterna
Cultura / Le Vie Crucis romane, quei luoghi nascosti che raccontano il rito del Venerdì Santo
Cultura / La mostra di Escher a Palazzo Bonaparte prorogata a grande richiesta fino al 5 maggio 2024